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Cor-rispondenze

lunedì 26 aprile 2010

Credere: I preti e la pedofilia


Caro professore,
Sin da quando ero bambino ho ricevuto una educazione cattolica e negli anni dell’infanzia e in quelli dell’adolescenza, nonostante molti cambiamenti che sono avvenuti in me, sono stato molto credente.
L’altro giorno però sono venuto a conoscenza di un fatto che mi ha veramente sconvolto: prima nei paesi anglosassoni e nell’America latina e poi anche qui da noi è stata rilevata la presenza di preti che hanno abusato di minorenni, specialmente bambini. Ci sono rimasto veramente male: primo perché per me nessuno dovrebbe anche solo alzare un dito sui bambini. Il mio quesito è questo: ha ancora senso credere in qualcosa in cui non si ha più la giusta fiducia?
Lorenzo


Caro Lorenzo,
Per capire di che cosa parliamo quando parliamo di pedofilia dobbiamo far riferimento al manuale di psichiatria DSM-IV. Intanto la pedofilia è un disturbo della sessualità, quindi è una malattia. Vediamo quali sono sostanzialmente i tre criteri che permettono di formulare una diagnosi per Pedofilia. 1. La persona con Pedofilia deve avere almeno 16 o più anni e deve essere almeno di 5 anni maggiore del bambino. 2. Deve aver avuto per un periodo di almeno 6 mesi fantasie, impulsi sessuali o comportamenti ricorrenti e intensamente eccitanti sessualmente che comportano attività sessuale con uno o più bambini prepuberi (generalmente di 13 anni o più piccoli). 3. La persona agisce in base a questi impulsi sessuali o gli impulsi o le fantasie sessuali le causano considerevole disagio o difficoltà interpersonali.
Siamo venuti a conoscenza, come dici tu, di molti casi in America (Canada, Stati Uniti e America Latina), in Europa e ultimamente anche in Italia. (L’ultimo numero della rivista MicroMega - 26 aprile 2010- riporta un elenco dei preti italiani che dal 1988 al 2010 sono stati condannati per abusi su minori). È vero, spesso è accaduto che la Chiesa invece di risolvere il problema, abbia evitato di affrontarlo, ne abbia negato l’esistenza o ne abbia ridimensionato considerevolmente la portata. Come molte persone hanno osservato recentemente sui quotidiani, lo scandalo peggiore è però consistito nella sistematica difesa ad oltranza da parte delle gerarchie ecclesiastiche delle persone coinvolte negli abusi e nella negazione pubblica dei reati. Nonostante le segnalazioni e le denunce i vescovi hanno cercato di risolvere i problemi cercando di non rivelare le notizie all’esterno o hanno omesso di denunciare chi ha compiuto questi orribili reati e spesso si sono limitati a risolvere il problema attraverso il semplice trasferimento da una parrocchia ad un’altra dei sacerdoti coinvolti. Ma hanno pensato troppo poco alle vittime, ai traumi che queste violenze hanno generato, ai turbamenti patiti, agli sconvolgimenti psicofisici dolorosi e forse indelebili che hanno segnato il vissuto dei più piccoli.
La Chiesa parla di verità e anche da essa ci aspettiamo verità. Altrimenti giustamente, come dici tu, perdiamo la fiducia negli uomini di Chiesa. In questi giorni (18 aprile 2010), sappiamo che il papa, incontrando le otto vittime maltesi di preti pedofili, ha detto: "Provo vergogna e dolore" e ha pianto con loro. Pare che la linea adottata dalla Chiesa, dopo qualche tentennamento, ora sia quella del rigore e della riflessione seria sul problema. Federico Lombardi, il direttore della sala stampa vaticana, ha detto che "Questo è tempo di verità, di trasparenza e di credibilità. […] Bisogna essere in grado di non avere nulla da nascondere", ed ha ancora aggiunto che "il prezzo che stiamo pagando ci dice che la nostra testimonianza deve essere nella linea del rigore e di rifiuto di ogni ipocrisia". Mi sembra che sia la strada giusta che la Chiesa deve percorrere.
Se, però, parliamo di fede in Dio, allora dobbiamo guardare oltre questi casi. Si crede in Dio e per chi è cattolico i sacerdoti hanno un ruolo particolare, quello di avvicinare gli uomini a Cristo, a Dio. Non sono supereroi, ma uomini; io da loro mi aspetto certamente coerenza, ma mi attendo soprattutto che la bussola della loro vita sia orientata dalla fede. Non mi aspetto neppure che la loro fede sia incrollabile, stabile o granitica, ma mi aspetto che sia onesta. I reati devono giustamente scandalizzare, essere accertati e condannati, ma non mi spaventano gli errori di altri uomini di chiesa e credo che non sia corretto basare la credenza o la non-credenza sulle azioni di qualche persona. Gli errori vanno compresi, circoscritti, arginati, ma non sono alcuni casi di persone con problemi per il credente a far perdere la fede. Chi ha fede non fonda la propria fede sulle debolezze dell’uomo, ma sulla fiducia in Dio. Lo scrittore latino Terenzio (165 a.C.) in una commedia dal titolo Heautontimorùmenos (Il punitore di se stesso, v. 77) scrive: Homo sum, humani nihil a me alienum puto (Sono un essere umano, nulla di umano mi è estraneo). Proprio così: le malattie vanno conosciute e curate, gli effetti negativi vanno contrastati, ma proprio perché conosciamo gli uomini, come direbbe Pascal, sia nella loro grandezza sia nella loro miseria, nulla di umano ci deve essere estraneo. Ma credere in Dio è ancora altra cosa.
Certo, gli episodi di cui veniamo a conoscenza possono mitigare la fiducia nella figura del sacerdote. Credo però che, arginati questi casi e avviato un percorso di riflessione sulla sessualità interno alla Chiesa, la sfiducia nei sacerdoti che tu segnali debba essere controbilanciata da uno sguardo più ampio verso la figura del sacerdote. Per questo ti consiglio un libro.
Verso la fine del 2009, Vittorino Andreoli, un grande psichiatra italiano, ha pubblicato un bellissimo studio sui preti (Preti. Un viaggio tra gli uomini del sacro, Piemme 2009). Poiché stimo lo psichiatra e il tema mi incuriosiva, l’ho comprato. E l’ho trovato bellissimo. È scritto con rispetto e con ammirazione verso la figura del sacerdote. Mostra tanti volti: le storie di vita, le fatiche, la solitudine, il coraggio, e la grande umanità di queste persone che hanno affidato la loro vita al sacro e che oggi sembrano talvolta un po’ fuori del mondo. Eppure credo che sia ancora anche grazie a questi uomini che molte persone trovano o ri-trovano un senso alla loro vita e valori preziosi per i quali vale la pena spenderla. Andreoli parla del sacro, della vocazione, dei bisogni e delle speranze, dei dubbi e della capacità di dono dei preti. Parla anche delle diverse tipologie di prete: dai sacerdoti di strada, ai preti di campagna a quelli del carcere. Parla della santità e degli scandali e alla fine sembra non voler terminare il lungo viaggio intrapreso. Dice persino che lo psichiatra ha affinità con il prete: “Entrambi si occupano di anime: le ascoltano, le curano e, in qualche modo, ne condividono il dolore…La Chiesa vuole che i sacerdoti siano santi, io da psichiatra vorrei che fossero sereni e, almeno alcune volte, felici”. È un bel viaggio nei molteplici aspetti della vita sacerdotale. Se qualche prete ha dato scandalo e ha aumentato la lontananza di qualche fedele, in questo libro troverai altri volti di sacerdoti e le ragioni per cui (non solo) chi crede ha buoni motivi per avere fiducia in questi uomini del sacro.
Un caro saluto,
Alberto

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