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Cor-rispondenze

lunedì 19 aprile 2010

Il destino


Caro professore,
Vedendo il film “Final destination” mi sono sorti diversi dubbi. Questo film parla del destino di ognuno di noi in maniera abbastanza particolare: spiega e mette in azione come tutti abbiamo già prefissata la nostra morte attraverso un ciclo universale. Nessuno riesce ad evitare la morte anche chiudendosi in casa senza oggetti pericolosi, quando è il nostro momento la vita finisce. È possibile l’esistenza di questo ciclo " particolare "? E se esiste è possibile conoscere il nostro destino come succede nel film? E conoscere il nostro destino è preferibile oppure no?
Elisa


Cara Elisa,
“Le Moire prendono questo nome dalla divisione che esse attuano: sono Cloto, Lachesi e Atropo. Lachesi ha questo nome perché distribuisce con equità la sorte che ciascuno ha ottenuto. Atropo si chiama così perché la definizione - delle sorti - è dall’eternità definitivamente fissata. Infine Cloto prende il suo nome dal fatto che la distribuzione degli eventi secondo il destino si compie non diversamente dal movimento dei fusi.” (Stoici antichi. Tutti i frammenti, Rusconi 1999). Nella versione più popolare Cloto prepara il filamento della vita, Lachesi lo svolge sul fuso e Atropo ne fissa la lunghezza. Per gli Stoici ogni cosa avviene secondo il destino (il fato, la necessità) che è la ragione stessa della trasformazione del cosmo, del rinnovamento della natura, del mutamento di ogni cosa che avviene nel mondo (Non bisogna dimenticare che le Moire sono figlie di Ananke, Ἀνάγκη, ossia della Necessità). Il fato indica che ogni cosa accade secondo una causa, cioè secondo un ordine, una successione. Le cose si sviluppano non secondo ciò che è utile, appropriato, favorevole, per una persona o per un’altra, ma secondo un ordine preciso e necessario. Il fato allora non è tanto una certa disposizione degli astri al momento della nascita (come è anche inteso dai cinesi), ma è la concatenazione delle cause universali. Neppure gli dei, infatti, possono infrangere le leggi naturali. L’idea che sia possibile conoscere il nostro destino come succede nel film che hai citato è un’idea molto antica. Gli antichi avevano creato la mantica, ossia l’arte di predire il futuro. Se tutto infatti è conforme al destino, e segue delle cause, allora conoscendo alcuni processi si possono prevedere effetti a lunga distanza, si possono cioè anticipare le cose future. Per gli Stoici le due cose vanno insieme: se non esistesse il fato le previsioni sarebbero impossibili, e affinché le previsioni siano valide occorre ammettere che tutto avvenga secondo necessità.
Consideriamo alcune visioni del destino: la prima, in cui il rapporto di causa-effetto è vincolato necessariamente; la seconda, in cui si intende la causa solo come principio di qualcosa. Vediamo.
1. Se ogni cosa ha una causa, allora tutto è determinato.
Questa idea fa riferimento all’effetto domino. Come nel domino, infatti, ogni tassello ne spinge un altro. La causa è precisa e senza di essa non esiste spostamento. Se osserviamo dall’alto un grande modello di domino, possiamo anche intravedere nel mutamento continuo e veloce dei tasselli che cadono una particolare figura, un disegno. Sappiamo però che quel disegno è stato preordinato, che è ben visibile dall’alto, ma che è ignoto alle singole pedine. Se immaginiamo il destino in questo modo, facciamo riferimento ad un nesso di causa che implica un disegno finale. Secondo questa visione, se potessimo conoscere tutte le cause che agiscono su di noi in un determinato momento potremmo prevedere le nostre azioni. Questa idea, applicata alla storia, ha fatto pensare che il futuro fosse (pre)determinato dal passato in modo meccanicistico (E così anche che la morte di ciascun uomo fosse già fissata alla nascita).
Un’altra versione, diciamo meno rigida, di questa ipotesi ritiene invece che il destino di una persona consista nel seguire un sentiero probabile, magari connaturato con la natura stessa del soggetto. Dire che una vita è orientata dal destino significa, in questo caso, ritenere che una vita segue un solco che è determinato dalla natura della persona o dal proprio carattere. In questo senso usiamo ad esempio alcune espressioni sia riferite agli oggetti sia all’uomo. Ad esempio: questi prodotti sono destinati al mercato estero, questi uomini in guerra sono destinati a morire, queste merci sono destinate a durare poco, una nave sovraccarica di petrolio in mare è destinata a una sorte incerta. Questo perché ogni cosa viene progettata secondo un invio, un progetto. Ogni cosa dunque contiene in sé una destinazione. Potremmo chiederci qual è il destino di una persona che non fa nulla per curare l’obesità, di un ragazzo che non studia, di uno che non fa sport, ma anche il destino di una società consumistica, ecc. In questo caso reiterare determinate scelte può orientare il destino, ossia il sentiero che va verso il futuro, sia di una persona sia di una società. Infiniti comportamenti replicati possono condurre ad un avvenire relativamente scontato.
In questa prima versione il destino implica - nel primo caso - la negazione della libertà, oppure un tracciato fortemente condizionato dalla natura stessa delle persone. Ma nella vita, ognuno sa che nell’ambito delle possibilità che gli sono offerte, può decidere di orientare almeno un po’ il proprio futuro. In questo caso (2) la causa è intesa solo come “principio”.
Infatti non tutto ciò che ha una causa è anche ineluttabilmente assoggettato ad essa. È possibile intendere la “causa” non solo con effetto che vincola necessariamente due elementi tra di loro, ma anche semplicemente come principio di qualcosa. La causa allora può essere considerata il punto da cui si origina un percorso. Dire che i genitori sono la causa necessaria della vita di ciascuno di noi, non significa che a partire da questa condizione la vita sia determinata. Il destino può essere ovviamente anche fortemente condizionato (è probabile che una persona nata in una famiglia povera abbia meno possibilità di proseguire gli studi per molto tempo), ma è disegnato, di volta in volta, dall’intenzionalità del soggetto e dalle sue scelte, in mezzo a mille condizioni interne ed esterne (stati d’animo, desideri, posizione sociale, occasioni presenti nell’ambiente e nel lavoro, e molto altro). In questo caso, però, il destino è anche determinato dal pro-getto di ciascuno. Pro-gettare significa “gettare in avanti”. Ogni persona in vari momenti della propria vita “getta in avanti” il proprio possibile percorso e tenta di perseguire certi risultati. Ad ogni tappa importante, o semplicemente quando lo ritiene opportuno, però, può riconsiderare l’intero progetto, e in base ad una nuova valutazione orientarsi in un modo o in un altro, tenendo conto delle nuove abilità conseguite, delle opportunità che in un certo momento si aprono, della propria ri-considerazione della vita.
Il destino è dunque una relazione con il futuro e non solo con il passato: siamo destinati al futuro, ma il futuro non è definito inevitabilmente, perché con esso siamo sempre in relazione. Se fossimo degli oggetti, allora sarebbe sufficiente una causa fisica per produrre il nostro movimento. Ma il modo di stare al mondo dell’uomo è diverso. Heidegger avrebbe detto che non è come lo stare dell’acqua nel bicchiere, ma è “relazione” con il mondo. In questa relazione formiamo noi stessi, il senso che attribuiamo alle cose, alla vita e il nostro progetto. Progettare però non significa che tutto sia possibile, ma che nonostante gli ostacoli desideriamo avviare la nave della nostra vita in una certa direzione, tra mareggiate che disorientano, difficoltà che sviano e venti favorevoli.
Ci sono destinazioni temporanee e destinazioni finali. Ad esempio il destino di un oggetto può essere vario, può passare di mano in mano ed essere utilizzato per scopi diversi, ma a distanza di tempo il suo destino finale, molto probabilmente, è la discarica. E l’uomo? Anche se la destinazione finale dell’uomo è la morte, sono però le continue scelte a generare il suo destino. La necessità allora non è tanto all’origine della vita, ma nelle scelte ripetute. La ripetizione può tracciare un percorso che diventa inevitabile o che è destinato a verificarsi. Anche se non conosciamo in che modo né in quale momento lasceremo la vita, abbiamo la possibilità di scegliere se i nostri vari approdi sono delle mete transitorie o definitive, passaggi o destini.
Un caro saluto,
alberto

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