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Cor-rispondenze

lunedì 21 settembre 2009

La morale e gli altri


Caro professore,

come dividere i problemi scolastici da quelli personali? Vedo i professori più dei miei genitori, i miei compagni sono come fratelli e faccio parte di questa micro-comunità come cittadina a tutti gli effetti. Sono qui: e rispetto le regole che la buona convivenza impone, cerco di non fare torti ma, quando mi riesce, tendo il braccio per afferrare quello di qualcuno in difficoltà. Credo nel rispetto reciproco, nell'importanza del rispetto di un impegno preso; vedo nel professore la guida dantesca che ci accompagna per un percorso che spesso appare infernale; credo nella correttezza nei confronti degli altri, per quanto mi possa costare, ed accetto le conseguenze delle mie scelte. Ma questa barca affonda, c'è chi le regole non le rispetta e di interessi conosce solo i suoi, e io, povera sognatrice, ci rimetto e perdo, perché per rispettare ciò che credo e pensare al bene comune a volte faccio delle rinunce. Sono comunque orgogliosa di quel che sono, ma molto disillusa ed amareggiata; con un po' di fiducia spero di non essere io ad aver sbagliato tutto, solo perché ogni tanto penso un po' più in là.

Carlotta

Cara Carlotta,
Già, come isolare i problemi scolastici da quelli personali? La scuola è una seconda casa, ma poiché spesso è il luogo in cui incontriamo contemporaneamente coetanei e adulti, la scuola diventa il nostro primo vero mondo, il grande teatro dove siamo maggiormente chiamati alla condivisione e all’interazione con gli altri. La classe è una micro-comunità e tu ne fai parte come “una cittadina a tutti gli effetti”. Proprio così. Nella scuola facciamo esperienza della piacevolezza delle relazioni, ma sperimentiamo anche la fatica e le delusioni dell’agire collettivo. Nella classe prendiamo decisioni, ci animiamo, diamo spazio a noi stessi e sentiamo gli altri che agiscono con noi e accanto a noi; impariamo a sentire le loro emozioni, ma anche a riconoscere le nostre; avvertiamo gli umori, le gioie e le frustrazioni di compagni e insegnanti; maturiamo la capacità di identificarci con le emozioni o con i problemi degli altri; impariamo a prenderci cura non solo di noi stessi ma anche dei compagni; osserviamo lentamente le nostre metamorfosi, e vediamo dischiudersi senza fretta le personalità dei coetanei che da semplici com-presenze si trasformano in amici o confidenti. Incominciamo a conoscere la complessità delle persone, sentiamo che ogni tentativo di definirli è provvisorio e riduttivo, che le personalità sono complesse, talvolta enigmatiche; conosciamo il riserbo, la sfacciataggine, le debolezze e l’audacia, ma impariamo anche a capire che la riservatezza e la misura sono punti di forza e che l’audacia talvolta nasconde insicurezza; il protagonismo, incertezza. Per questo a volte il percorso ti appare “infernale”. Però in tutto questo stai facendo anche una importante esperienza di democrazia. E nelle relazioni che hai instaurato hai imparato anche a distinguere che cosa è personalmente conveniente da ciò che è giusto, ciò che è individualmente vantaggioso da ciò che è retto, ciò che è comodo da ciò che è vero; in questo lungo periodo che è il percorso scolastico stai dunque modellando e consolidando il tuo senso morale. Hai imparato che il contesto in cui viviamo richiede delle soluzioni a volte di compromesso tra le esigenze dei nostri istinti e la realtà del vivere insieme.
Se guardiamo al mondo della nostra infanzia a volte ci assale la nostalgia di un mondo meno problematico, più bello. Uno psichiatra contemporaneo, Aldo Carotenuto, in un bel libro dal titolo Attraversare la vita, [Bompiani, 2001], scrive: “Ma cos'è che rende l'infanzia così appetibile? A meno che non ci si sia dovuti confrontare con esperienze di grave deprivazione affettiva, i primi anni della nostra vita sono segnati dalla risoluzione 'magica' dei conflitti e delle tensioni. Bastava un grido o una lacrima, per richiamare su noi le attenzioni di un adulto, pronto a dissipare qualunque malessere. Si tratta di un'esperienza che, agli occhi di un bambino, ha del magico, giacché egli non sa definire con precisione da cosa nasca il suo bisogno e come venga esaudito, ma sa che il suo grido d'aiuto è come una bacchetta magica. L’esaudimento dei suoi desideri alimenta la sua onnipotenza primaria, ossia la fiducia nel fatto che non è in balìa degli eventi, ma che può in un certo modo influenzarli con la sua voce. Questo è il primo nucleo psicologico stabile nella personalità del bambino, da cui poi dipenderanno i suoi futuri intenti esplorativi del mondo circostante e la fiducia che sente di poter avere negli altri”. I malesseri nell’infanzia spariscono presto, qualcuno si prende cura di noi, ci viene subito incontro e i nostri bisogni vengono quasi immediatamente esauditi. Nella classe incontriamo gli altri e, negli altri, il mondo; ci rendiamo conto che c’è chi non rispetta le regole, non ha riguardo per le convenzioni e non si uniforma alle disposizioni della convivenza civile. Ha ancora bisogno di regole esterne. Vedo che stai interiorizzando i principi e ti preoccupi per la vita in comune, anzi hai sviluppato, attraverso la capacità di sentire empaticamente, il desiderio di aiutare chi momentaneamente si perde o rimane un po’ più indietro. Stai uscendo dalla fase dell’infanzia e la tua attenzione non è concentrata solo su di te, sui tuoi bisogni: a differenza di altri rispetti “le regole che la buona convivenza impone” e ti sforzi di “non fare torti”. Ti sai assumere le responsabilità delle conseguenze delle tue azioni, e stai maturando la fiducia nella figura dell’insegnante che consideri come la guida dantesca che ci accompagna per un percorso che spesso appare infernale. Per fare tutto questo e per pensare anche al bene dei tuoi compagni sei costretta a fare delle rinunce, magari a frenare la tua energia e la tua vitalità. Però non stai più subendo le regole passivamente, in modo apatico e stanco, ma sei attiva, vitale. Questi comportamenti sono i comportamenti di una persona matura. La disillusione vuol dire che ti stai rendendo conto della realtà, ma i tuoi tempi di sviluppo non sono anche i tempi degli altri; ciò che per noi è diventato indispensabile talvolta non riesce ancora a raggiungere il cuore di alcuni compagni. Saper guardare un po’ più in là rispetto al proprio ego, significa però aver imparato a guardare nella direzione giusta. Che cosa si ottiene? Seneca nei Benefici dice: “«Che cosa otterrò», chiedi, «se farò ciò coraggiosamente e con riconoscenza?». Di averlo fatto: non ti si promette nulla oltre a ciò. Se per caso ne conseguirai qualche vantaggio, dovrai considerarlo un sovrappiù. La ricompensa delle buone azioni consiste nelle azioni stesse”.

Un caro saluto,
Alberto

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