lunedì 8 novembre 2010
Contro il fanatismo - II parte
Caro Professore,
Lo scrittore israeliano Amos Oz ha scritto tre saggi contro il
fanatismo. Ma concretamente, chi è in grado di stabilire i confini
esatti dello Stato di Israele e del futuro Stato di Palestina?
Alessandro
Caro Professore,
Dopo più di sessant’anni di guerre tra ebrei e musulmani, come è
possibile che nessuno sia ancora riuscito a trovare un accordo
soddisfacente per entrambe le parti? E cosa può far sperare che in
futuro un accordo sarà trovato? Se i progetti presentati in tutti
questi anni sono falliti, chi sarà in grado di creare un progetto che
accontenti entrambe le parti? Cioè: dopo sessant’anni come si fa a
creare ancora un altro progetto “nuovo”?
Matteo
Alcuni punti del libro:
1. La vita deve essere considerata più importante dell’ideologia.
Spesso i conflitti, nella storia, nascono tra povertà e ricchezza, tra chi non ha e chi ha troppo. Ma i conflitti prodotti dal fanatismo non sono di questo tipo. L’ideologia che li sostiene considera che certe forme di “giustizia” o di “diritto” siano più importanti della vita stessa. Scrive Oz: “Questa è una battaglia tra fanatici convinti che il fine, qualunque sia questo fine, giustifichi i mezzi, e noi altri, convinti invece che la vita sia un fine, non un mezzo. È una battaglia fra coloro per i quali la giustizia, in qualunque modo essi intendano questa parola, è più importante della vita, e noi che pensiamo che la vita venga prima di tantissimi altri valori, convinzioni o fedi” .
2. La vera battaglia è tra fanatismo e pluralismo.
Amos OZ ritiene che l'attuale lotta che si svolge in Medio Oriente sia una lotta “tra fanatismo e pragmatismo”, “tra fanatismo e pluralismo”, “tra fanatismo e tolleranza” .
Si tratta, dunque, di una battaglia complessa, lunga e dolorosa, in quanto i fanatici sono sempre intransigenti, non accettano cambiamenti di alcun tipo; ed è per questo che, giustamente, l’autore definisce il fanatico come “un punto esclamativo ambulante” . Contro i punti esclamativi ambulanti occorre individuare comportamenti adeguati, per non soccombere. Certo, il fanatismo è spesso legato alla disperazione (i profughi palestinesi in parte continuano a vivere in campi profughi), e sappiamo inoltre che quando le persone avvertono umiliazione e rovina possono ricorrere alla violenza. Allora, un possibile rimedio contro la disperazione consiste nel sostenere i moderati, ossia nel fare in modo che il mondo moderato, l'Islam moderato, aumentando la propria fiducia e la propria forza possa arginare il fanatismo islamico. E dall'altra parte, anche Israele dovrà riconsiderare le proprie pretese, affinché il nazionalismo moderato possa anch’esso arginare quello più accanito.
È vero, come dici tu (Tania), anche l'autore è stato da bambino un “lanciapietre”, (anzi, Oz ha poi combattuto anche sul fronte egiziano, nel Sinai, nel 1967, quando Israele ha occupato alcuni territori arabi; e sul fronte siriano, nel 1973, nella quarta guerra arabo-israeliana), questo perché respirava unicamente un clima culturale ed emotivo parziale e unilaterale, ma poi, come testimoniano le sue opere, gradualmente ha imparato a riconoscere come imprescindibili molte ragioni del popolo palestinese.
3. Abbandonare i giudizi schematici.
Per abbandonare una mentalità fanatica, occorre abbandonare anche il modo di ragionare che prevede la divisione di ogni problema in “o bianco o nero”; ossia quel tipo pensiero che gli psicologi chiamano dicotomico: o bianco o nero; o tutto o nulla; quel giudizio che semplifica tutte le questioni, ritenendo che il bene stia tutto da una parte e il male dall’altra. Incoraggiando la mentalità moderata si possono produrre cambiamenti.
4. Avere il coraggio di cambiare.
Chi esce da un gruppo, chi intraprende un proprio percorso personale, viene spesso apostrofato dal gruppo di appartenenza come “traditore”. La connotazione di traditore è una connotazione pesante, che scoraggia i cambiamenti; il traditore infatti è immediatamente percepito come persona spregevole, perché invece di lottare per il proprio popolo, in qualche modo, aiuta il nemico. Il traditore è un opportunista o un infedele o un doppiogiochista sleale che ha ripudiato la propria gente, i propri amici, per interesse personale.
Oz ha un’idea differente del tradimento; egli ritiene che: “solo colui che ama può diventare un traditore. Il tradimento non è il contrario dell'amore, è una delle sue tante opzioni. Traditore è colui che cambia agli occhi di coloro che non possono cambiare e non cambierebbero mai e odiano cambiare e non lo concepiscono, a parte il fatto che vogliono continuamente cambiare te: così la penso io. In altre parole agli occhi del fanatico il traditore è chiunque cambi. Triste alternativa quella fra il diventare un fanatico o un traditore. In un certo senso, non essere fanatici significa essere un traditore agli occhi dei fanatici.”
5. Essere consapevoli che cambiare non è tradire.
Per il fanatico ogni variazione è tradimento, e da questa logica sembra che non si possa uscire: o fanatici o traditori. Ma i fanatici, coloro che non ammettono il cambiamento, sono proprio quelli che vogliono continuamente cambiare gli altri.
6. Evitare di trasformarsi in fanatici, ma di segno opposto.
Occorre però fare attenzione alle forme meno vistose, ma ugualmente pericolose, di fanatismo. Perché il fanatismo è presente in mille conformazioni diverse, assume anche modalità “silenziose” e “civili” (non fumatori, vegetariani, pacifisti a loro volta si possono trasformare in uomini e donne intolleranti). Tutti coloro che non sopportano le diversità altrui, in qualche modo, portano dentro di sé il seme dal fanatismo.
7. Evitare di voler assolutamente cambiare gli altri.
Il fanatismo deriva spesso da una eccessiva nostalgia del passato che viene idealizzato; ma anche dall'idealizzazione di una religione o di un popolo. Secondo Oz, l'essenza del fanatismo consiste nel " desiderio di costringere gli altri a cambiare ". Invece di lasciar vivere uomini e donne secondo criteri individuali, i fanatici sono persone che ritengono di migliorare il prossimo, a patto che cambi. Per questo Oz dice che il fanatico si presenta come la creatura più disinteressata che ci sia: “Il fanatico è un grande altruista. Il fanatico è più interessato a te che a se stesso, di solito. Vuole salvarti l'anima, vuole redimerti, vuole affrancarti dal peccato, dall'errore, dal fumo, dalla tua fede o dalla tua incredulità, vuole migliorare le tue abitudini alimentari, vuole impedirti di bere o di votare nel modo sbagliato” . Il bene che viene imposto dall'esterno, l’interesse per la vita degli altri, per la libertà, per la salvezza dell'anima, sono modalità (manipolazioni) necessarie per controllare gli altri; alcuni uomini si ritengono superiori agli altri, più puri, più illuminati, e pertanto si ergono a giudici, ritenendo di essere gli unici interpreti della volontà di Dio.
8. Combattere il conformismo con l’immaginazione.
" Iniettare immaginazione” . In passato molti totalitarismi hanno usato narrazioni e storie per far nascere odio e per ispirare nazionalismi intransigenti e violenti; così, anche attraverso l'immaginazione creativa ci si può liberare da certi miti violenti e intransigenti.
9. Non smettere di immaginare l’altro.
Occorre considerare che ognuno di noi poteva essere nato in un luogo diverso: “E se fossi lei, e se fossi lui. Nel mio ambiente, nella mia storia personale e famigliare. Non posso fare a meno di pensare, e molto spesso, al fatto che sarebbe bastata una minima variante nei miei geni, e nelle circostanze di vita dei miei genitori, per far sì che io fossi lui o lei. Sarei potuto essere un ebreo della Cisgiordania, un estremista ultraortodosso, un ebreo orientale venuto dal Terzo mondo, chiunque altro. Sarei potuto essere uno dei miei nemici.”
10. Ricordare che si tratta di un problema di diritti e non di lotta tra bene e male.
“Non è così semplice, amici miei, non è così semplice perché il conflitto ísraelo-palestinese non è un film western. Non è una lotta fra bene e male, la considero piuttosto come una tragedia antica, nell'accezione più precisa che la parola assume: lo scontro fra un diritto e un altro, fra una rivendicazione profonda, pregnante, convincente, e un'altra assai diversa ma non meno convincente, pregnante, non meno umana” .
Per questo non si può pensare che il conflitto sia semplicemente un malinteso. Scrive Oz: “I palestinesi vogliono la terra che chiamano Palestina. La vogliono per delle ragioni stringenti. Gli ebrei israeliani vogliono esattamente la stessa terra esattamente per le stesse ragioni, il che garantisce una perfetta comprensione fra le parti, e dà la misura di una terribile tragedia.”
11. la separazione deve essere equa.
Combattere per la vita e per la libertà e per niente altro (non per del territorio o delle risorse in più) . Non abbiamo solo bisogno di amore (la nostra capacità di amare autenticamente è limitata), ma di giustizia e di buon senso; pertanto, egli si aspetta un “divorzio equo” (I divorzi non sono mai felici, anche quando sono più o meno equi. Fanno ancora e sempre male. Specialmente in un caso bizzarro come questo in cui le due parti, divorziando, finirebbero per stare nello stesso alloggio. Perché nessuno farà i bagagli.)
Che cosa propone allora Oz? Una separazione equa tra Israele e Palestina (divorzio equo, scrive Oz). Ossia la creazione di due Stati, le cui linee di demarcazione potrebbero essere simili a quelle anteriori al 1967 (in quell’anno Israele ha sottratto la penisola del Sinai e la striscia di Gaza all'Egitto, la Cisgiordania e Gerusalemme Est alla Giordania e le alture del Golan alla Siria. Gaza e Cisgiordania, ad una popolazione prevalentemente araba), con alcune rettifiche ovviamente concordate da entrambi gli Stati e con convenzioni speciali riguardanti i luoghi santi di Gerusalemme . Dopo tale accordo, egli ritiene che – gradualmente - i popoli non dovrebbero più avere difficoltà ad instaurare relazioni positive e pacifiche. Anzi, un passo successivo, secondo l’autore, potrebbe essere quello della creazione di un mercato comune mediorientale; magari di una moneta mediorientale (una sorta di nuova Unione Europea in Medio Oriente). Chissà se questo è solo un miraggio. In ogni caso, in questo momento, la questione più importante, rispetto anche a quella dei confini e dei luoghi santi, è la tragedia dei profughi palestinesi dal 1948. Molti palestinesi vivono ancora in campi profughi, in condizioni disumane. Non c’è soluzione tra Israele e Palestina che possa essere considerata duratura senza la risoluzione di questo problema.
Un caro saluto,
alberto
Roberto Manassero, Gazzetta d'Alba, 9 novembre 2010, p. 41.
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