Caro professore,
ho 17 anni ed è da quasi 8 anni che non vedo mio padre.
Come la mia, sono sempre più numerose le famiglie con un solo genitore, il più
delle volte senza padre. Personalmente non sento e non ho mai sentito la
mancanza di una figura paterna lungo il mio percorso di crescita e formazione
di ciò che sono. Tuttavia mi chiedo se crescendo con un solo genitore sarà
possibile avere davvero uno sviluppo psicologico adeguato e se questo non
causerà una crescita e in particolare un’adolescenza problematica. In questi
casi il ragazzo/a diventando poi a sua volta genitore forse non sarà in grado
di educare i suoi figli in maniera adeguata dato che egli stesso non ha mai
ricevuto un’educazione adatta? Magari sarà inevitabile che si sentano incompleti
ed inadeguati per tutta la vita, magari non si sentiranno, ma saranno tali. Una
famiglia con una madre single causa tutto ciò ed ha davvero meno da
offrire?
Reicela, 3F
Cara Reicela,
Lo psicoanalista italiano Massimo Recalcati ha dedicato
alcuni studi alla figura del padre (“Cosa resta del padre”, 2011; “Il
complesso di Telemaco”, 2013). Nell’ultimo libro scrive: «La clinica
psicoanalitica mostra come l'assenza empirica, di fatto, del padre non sia mai
in se stessa un trauma. La sua carenza diviene traumatica solo se implica una
carenza simbolica». Facendo riferimento allo psicoanalista francese Jacques
Lacan (1901-1981), egli sottolinea che «Non è l'assenza del padre a essere
traumatica in se stessa; dipende da come essa viene trasmessa simbolicamente
dalla parola della madre». Egli prende come esempio Penelope, la
moglie di Ulisse, che a causa dell’assenza del marito è costretta a crescere da
sola il figlio Telemaco, attendendo per vent’anni il ritorno dell’amato.
Recalcati scrive: «Come Penelope trasmette il Nome del Padre? Ella trasmette
a Telemaco che l'assenza di suo padre non è un capriccio, non è il frutto di un
rifiuto della sua funzione paterna, non è il risultato di un egoismo cinico.
Con la sua attesa di Ulisse, Penelope trasmette a Telemaco che l'assenza del
padre è gravida di senso umano. La sua veglia tiene vivo il Nome del Padre.
Significando l'assenza di Ulisse come l’“assenza di una presenza” ella
trasmette a Telemaco tutto il senso della sua eredità di figlio». Penelope
non definisce l’assenza come «abbandono irresponsabile», ma dice che
Ulisse forse si è «perso nel mare». Non parla pertanto di disinteresse,
di rifiuto della paternità, non evidenzia un distacco incosciente e immaturo da
una responsabilità, non evoca l’abbandono per indifferenza né per mancanza di
amore, non segnala un interesse narcisistico anteposto alla vita affettiva e
relazionale. Certo, non sempre l’assenza è «gravida di senso umano» come
nel mito, a volte l’assenza è semplice vuoto, incomprensibile lontananza. Poiché
siamo consapevoli di essere frutto del nostro passato, allora deduciamo
facilmente che se nel passato ci sono state delle ferite quelle ferite
condizioneranno il nostro futuro. In parte è vero, ma non dobbiamo confondere
la parte con il tutto. Il tutto è rappresentato dal passato e dall’educazione,
ma soprattutto dall’immagine del futuro, dalla cultura, dalle persone
significative che incontriamo, dal desiderio di realizzare ciò in cui crediamo,
dall’eventuale immagine di coppia e di famiglia che vogliamo costruire. I
genitori hanno certo molte responsabilità, ma non possiamo imputare loro tutte
le nostre inadeguatezze, perché ad un certo punto siamo noi a compiere le
scelte che ci determinano e anche la mancanza non è mai così potente come il
desiderio di realizzare una vita buona. Molti vivono con grandi carenze: orfani
a causa della guerra, della povertà, della malattia, del naufragio delle
relazioni. Beethoven era sordo, ma ha creato la nona sinfonia e non ha scritto
“Historia Calamitatum Mearum (Storia delle mie disgrazie)”; la
sua privazione non aveva dunque «meno da offrire». Ci sono culture in
cui per mancanza di esempi e per analfabetismo emotivo i padri non seguono le
mogli o le compagne quando emigrano in cerca di lavoro, non sono sufficientemente
maturi per comprendere che i figli riscrivono il senso della biografia
individuale e le forniscono un’insospettata energia vitale. In questo momento
dici di non sentire la mancanza, ma è possibile che questa assenza prima o poi
si faccia sentire. Allora potrai decidere tu di incontrare o meno tuo padre e
offrirgli l’occasione di farsi ri-conoscere, anche nella lontananza. Perché
devi sapere una cosa sui genitori: anche loro sono incompleti e inadeguati,
hanno le loro ferite, le loro paure e possono arenarsi nelle difficoltà. La
settimana scorsa Eduardo De Falco (43 anni) un panettiere di Castelnuovo (NA)
si è tolto la vita disperato per un debito. Aveva tre figli. Pensi che non
amasse sopra ogni cosa i suoi figli? Ma un terrore insinuatosi nella mente gli
ha sbriciolato la fiducia nella vita; non voleva certo danneggiare la propria
famiglia, ma un incubo più grande gli ha oscurato il futuro. Ci sono certo
padri immaturi, ma tutti sono padri inesperti e imperfetti, perché nessuno vive
«prima» degli altri, ma solo «con» gli altri. Otto anni di lontananza sono
ancora meno dei venti di Penelope: c’è sempre tempo per riavviare la relazione.
L’unica cosa che si può sempre rinviare o modificare è il giudizio definitivo.
Un caro saluto,
Alberto
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