Caro professore,
C’è un film bellissimo che si chiama
“Secretariat”; parla di un cavallo da corsa che è considerato il più grande di
tutti i tempi. La sua padrona, anche con debiti della scuderia dovuti alla
morte del padre, non vendeva questo cavallo perché secondo lei avrebbe vinto le
tre più grandi gare podistiche. Anche dopo l’ultima gara il cavallo vinse e
quella signora insegnò alla famiglia di non mollare mai. La mia domanda è: se
avessimo tutti la sua tenacia, saremmo tutti vincitori?
Matteo, ID
Caro
Matteo,
Mi
è capitato di vedere con mio figlio di tre anni un cartone animato di Heidi. In
un paesino svizzero nei pressi di Maienfeld si è diffusa la voce che sia
necessario vendere o sopprimere la capretta “Fiocco di neve”, amica della protagonista, perché non si sviluppa e
non produce latte. Heidi è preoccupatissima, non dorme di notte in preda agli
incubi. Poi parla con il nonno, il quale le racconta che solo un’erba esclusiva
che prospera in luoghi impervi potrebbe far crescere il piccolo animale. Heidi
allora si prodiga per raccogliere quel cibo e rischia la vita per salvare la
capra; si oppone ai pregiudizi e alla fine riesce ad avere la meglio. Sia Heidi
sia la signora Penny Chenery – nel film “Un
anno da ricordare” (“Secretariat”)
– mostrano comportamenti virtuosi, ostinati e controcorrente ed entrambe le storie
giungono ad un lieto fine. Ovviamente, anche nella realtà incontriamo persone
che mettono in atto comportamenti eccezionali per salvare ciò che amano. Il
filosofo tedesco contemporaneo Peter Sloterdijk in “Devi cambiare la tua vita” (Raffaello Cortina Editore, 2010)
racconta di Carl Hermann Unthan, uno scrittore e musicista prussiano vissuto
tra il 1848 e il 1929. Nato senza braccia, all’età di sei-sette anni egli scopre
la possibilità di suonare il violino con i piedi, fissandolo ad una cassa
poggiata per terra. Con le dita del piede destro pigia le corde e con il piede
sinistro muove l’archetto. Frequenta il liceo di Königsberg e poi viene ammesso
al conservatorio di Lipsia. Dopo aver fatto una quantità impressionante di
esercizi riesce a diventare un virtuoso e viene invitato a tenere concerti in
varie città. Impressiona i grandi musicisti del tempo, Johann Strauß, Michael
Ziehrer, Josef Gungl e Franz Liszt. La gente rimane esterrefatta dalla sua
capacità di suonare con le dita del piede le note accoppiate. Forse oggi ti
sono più note le storie di Simona Atzori, ballerina e pittrice, e di Alex
Zanardi. Ma conosci anche la tenacia di chi ha lottato o lotta contro una
dittatura o per chiedere il riconoscimento dei diritti; la risolutezza di chi
fugge da luoghi tormentati dalla guerra e si avventura in nuove terre; la
caparbietà di chi vuole perseguire un obiettivo nello studio o nel lavoro;
l’ostinazione di chi si prende cura della propria famiglia o degli emarginati.
C’è poi chi manifesta tenacia nei rapporti affettivi e c’è la costanza di
coloro che desiderano distinguersi o affermarsi in una attività, di coloro che
non sono sostenuti da privilegi ma da obiettivi, di chi non aspetta che le cose
accadano, ma si impegna a fondo per realizzarle. La perseveranza è la
persistenza dell’azione contro l’ovvietà, l’abitudine e la pigrizia. È
l’attitudine a saper portare avanti i propri propositi anche quando ci sono
difficoltà. È la capacità di immaginare scenari diversi da quelli presagiti dalla
maggioranza ed è la forza di chi non ha paura di applicarsi e di lavorare per
il proprio progetto. Senza tenacia non c’è scoperta né creazione, anche se,
ovviamente, non tutte le ricerche intraprese portano a successi per l’umanità.
Nietzsche apre la terza “Considerazione
inattuale” con queste parole: «Quel
viaggiatore che aveva visto molti paesi e popoli e più d'un continente, e a cui
fu chiesto quale qualità degli uomini avesse ritrovato dappertutto, disse:
hanno una tendenza alla pigrizia». E alla domanda su cosa induca le persone
a pensare e ad agire come il gregge, Nietzsche risponde così: «Per la grande maggioranza è la comodità,
l'indolenza, insomma quella tendenza alla pigrizia». C’è pertanto un modo
di “essere vincitori” che consiste
nell’aggredire l’apatia e nel rimuovere la fiacchezza. Si è “vincitori”
innanzitutto perché si sono sconfitte la mediocrità, la passività e la
rassegnazione. Perché ci si rifiuta di accettare standard imposti, progetti
anonimi, idee banali. Perché in primo luogo si trionfa su se stessi per dare
forma a se stessi. Scrive Seneca nelle “Lettere
a Lucilio”: «Inevitabilmente chi è
ancora imperfetto vacilla, ora avanza, ora scivola indietro o si lascia
abbattere. Ma scivolerà indietro se non persevererà nell'andare avanti con
tutte le sue forze; se si allenteranno l'impegno e la tenacia dei propositi,
dovrà retrocedere. Nessuno si è ritrovato lungo la via del progresso al punto
in cui si era lasciato. Pertanto, impegniamoci assiduamente e perseveriamo; ci
restano ancora più vittorie da conseguire rispetto a quelle già conseguite, ma
gran parte del progresso consiste nel voler progredire». Senza tenacia gli
obiettivi si dissolvono in illusioni, i progetti in miraggi e le parole
abbagliano senza rischiarare una direzione.
Un
caro saluto,
Alberto
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