Caro professore,
Solitamente io scelgo
un libro dal titolo o dall'immagine in copertina, ma dopo che il libro ha
attirato la mia attenzione e la mia curiosità leggo sempre il riassuntino
dietro. Mi è capitato molte volte di essere ingannata dalla copertina. Infatti,
il libro che mi aveva attirato si è rivelato una delusione (comunque non era ciò che mi aspettavo). Allo stesso modo libri con una copertina che
non destava curiosità in me si sono rivelati molto interessanti. Cose simili accadono
con le persone, anch’esse sono libri da scegliere e giudicare. Quante volte noi
uomini ci fermiamo solo alla copertina e al titolo della persona, invece di “girare
il libro” e leggere il riassunto. A me è successo un po’ di tempo fa, di conoscere
nuove persone tra cui due ragazze che all'inizio trovavo antipatiche, un po’
troppo vanitose e con anche quell'aria di superiorità. In questi mesi ho girato
quei libri e ho iniziato a leggere il riassunto: mi piaceva quel libro, la
parte più profonda! Ora non le trovo più antipatiche e anche se non sono
proprio le mie migliori amiche, sono brave e gentili con me. Giudicare un libro
dalla copertina non è mai una buona idea, anche se a volte è difficile
resistere alla tentazione di comprarlo e sceglierlo senza leggerlo. Come si può
resistere a questa tentazione? Come si giudica un libro?
Sofia, IA
Cara Sofia,
Il filosofo italiano del linguaggio Massimo Baldini, in un
bel libro intitolato “Elogio del silenzio
e della parola” (ed. Rubbettino) ha descritto con efficacia il lettore
contemporaneo. Egli afferma che nel Novecento «fece la sua comparsa il lettore nomade, il lettore bracconiere, il
lettore che procede per assaggi, che non legge più i testi per intero, ma per
sondaggi, a salti, comparvero lettori che cannibalizzavano i testi, che
procedevano tra le pagine delle opere con l'andatura zigzagante di coloro che
passeggiano erborizzando». Devo dire che «passeggiare erborizzando» è la locuzione che prediligo, perché
rappresenta bene il modo di muoversi tra i libri e gli autori. L’immagine del
bovino è in fondo molto famigliare (spero non solo a me) e la sua andatura zigzagante è molto simile al nostro
incedere in cerca di bellezza, di tracce per orientarci nel mondo e di ipotesi
di lettura. Viaggiamo allora su questo doppio binario significativo:
libro-essere umano, copertina-apparenza e realtà. I libri purtroppo mentono,
omettono e promettono. Esattamente come le persone. Mentono quando assicurano quello
che non possono mantenere: opere mediocri dal titolo pretenzioso che non
producono avanzamenti della cultura o della comprensione. Omettono talvolta per
necessità. Sul “Trattato
teologico-politico” di Spinoza pubblicato in Olanda nel 1670 non era
scritto il nome dell’autore, ma quell’omissione serviva a proteggere il
filosofo e gli garantiva la possibilità di esprimere liberamente il suo
pensiero. Altri ancora si impegnano senza mantenere. Tra il 1886 e il 1887 Nietzsche
pensa di scrivere un’opera grandiosa dal titolo: “La volontà di potenza”. La cita esplicitamente in grassetto nello
scritto “Genealogia della morale” e la
annuncia persino sulla copertina del libro. Ma non la scriverà mai né la
pubblicherà in vita. Nella letteratura succede spesso che il titolo o la
copertina non abbiano rapporto con il contenuto. Ti sembrerà strano, ma i libri
di letteratura non sono saggi, quindi non necessariamente il titolo è legato
alla trama, può essere una semplice suggestione ricercata. Inoltre, il senso
dato dall’autore è spesso diverso da quello che gli attribuisce il lettore e
molti titoli dipendono da scelte commerciali per ottimizzare le vendite e non
per chiarire il contenuto. Ma è giusto anche fare scelte casuali, che poi tanto
casuali non sono, perché un libro che arriva in libreria e rimane lì per molto
tempo è già un libro ampiamente selezionato. Per dire, se uno trova per caso
Stefano Benni su uno scaffale e viene affascinato dalla sua scrittura, è vero
che può aver scoperto l’autore per una congiuntura favorevole, ma il libro non
era certo lì per caso. È probabile che per qualche fatalità si possano fare così
grandi conoscenze, ed è anche bello essere stupiti dalla lettura e riconoscere
da soli la bellezza, lo stile e la trama di un capolavoro. Sì, perché poi si
desidera condividere quella bellezza anche con gli altri. Con l’esperienza si
diventa più scaltri nella scelta delle opere, perché ognuno costruisce i propri
criteri di lettura, i filtri a cui affidarsi per l’interpretazione degli eventi
o per lo stile della narrazione. Ma il fascino della scoperta casuale,
l’incanto del momento, la piacevolezza dell’incontro, l’apertura alla novità
che deve manifestarsi rimangono piaceri assolutamente unici. Scegliere un
libro, senza le circospette lenti colorate degli adulti, è un atto di fiducia,
come quando ci accingiamo ad assaggiare un cibo nuovo. In ogni caso per essere
certi di essere liberi occorre fare propri i consigli di Pennac, ossia i suoi suggerimenti
formalizzati nei «dieci diritti del
lettore» (Come un romanzo,
Feltrinelli). Il diritto di non leggere, di saltare le pagine, di non finire il
libro. Qualche volta – per i libri come per le persone – per non cadere in
errori fatali può essere molto utile affidarsi ad un altro imprescindibile
diritto: quello di rileggere.
Un caro saluto,
Alberto
Nessun commento:
Posta un commento