Come mai l'amore e l'odio sono due sentimenti opposti, ma allo stesso tempo così vicini? Per esempio un ragazzo si innamora e si fidanza con una bellissima ragazza. Dopo sei mesi lei lo tradisce, e il ragazzo si trova in un momento in cui, amore odio viaggiano insieme; perché? Il ragazzo, ancora innamorato di lei, allo stesso tempo la odia per il suo mancato amore. Dunque mi chiedo, come fanno due sentimenti così opposti a vivere in alcuni momenti insieme?
Stefano
Caro Stefano,
Nel libro “Anatomia della distruttività umana”[1973] 1975, il grande psicanalista e sociologo tedesco Erich Fromm (1900-1980) diceva che è un “luogo comune” che l’amore si possa trasformare in odio. Sarebbe più esatto dire - secondo Fromm - che “non è l'amore a subire questa trasformazione, ma il narcisismo ferito della persona che ama, e cioè che è il non-amore a causare l'odio”.
Però è vero, a volte, è difficile ammettere che amiamo e, sotto certi aspetti, odiamo una persona; la amiamo, perché più in generale vorremmo unirci a lei, e nello stesso tempo detestiamo alcuni suoi aspetti o biasimiamo il fatto che si distacchi da noi e sia insensibile nei nostri confronti.
Difficilmente si odia qualcosa per cui non si prova un particolare sentimento. Se si guarda da lontano è difficile odiare: quindi odiamo perché siamo affascinati e sedotti dall’altra persona e la nostra interiorità è fortemente attivata e coinvolta; ma odiamo perché è stata tradita la nostra fiducia e perché intuiamo che i suoi sentimenti non sono analoghi ai nostri. Prendere coscienza della differenza e del distacco genera sofferenza e scatena in noi una sorta di rabbia, mentre in fondo in fondo non si è ancora spento il desiderio dell’altra persona e siamo certi che la amiamo ancora.
Questo complesso meccanismo di amore-odio evidenzia il momento in cui fatichiamo a giungere alla comprensione di ciò che sta accadendo dentro di noi e alla valutazione di ciò che accade nella realtà. Siamo consapevoli che l’altro si è allontanato, ma la nostra insicurezza e il nostro amor proprio vorrebbero che fosse ancora accanto a noi. Fino a quando non abbiamo razionalizzato tutto quanto, non riusciamo a superare questa situazione.
Non odiamo tanto la persona per l'atto compiuto, ma detestiamo il fatto che si sia allontanata da noi, che provi gioia ed entusiasmo indipendentemente da noi. Poiché vorremmo ancora condividere con lei interessi, tempo e passioni soffriamo e ci esauriamo nel tentativo di comprendere quanto è accaduto.
L’ambivalenza amore-odio rivela aspetti inconsci della mente umana: odiamo per il tradimento, ma nello stesso tempo, in qualche modo, cerchiamo di reprimere la consapevolezza del tradimento. Sentiamo la contraddizione, ma non siamo consapevoli dei processi inconsci che si muovono dentro di noi, a nostra insaputa. Ogni tanto affiorano alcuni sentimenti, ogni tanto affiorano i sentimenti di segno opposto. A volte, come dici tu, ci inquieta scoprire che siamo in grado di amare e di odiare più o meno nello stesso tempo. Vorremmo nascondere l'odio sotto l'amore, ma a volte l'odio emerge nei confronti di chi ci ha tradito, mentre altre volte riaffiora l'amore. Spesso non riusciamo neanche ad accettare di poter odiare una persona che abbiamo amato, e quindi i sentimenti inaccettabili vengono subito cancellati, cacciati nell'inconscio per lasciar spazio all'amore. Un po' perché speriamo narcisisticamente che la persona possa recedere dalle sue decisioni, e scoprire in noi dei tratti piacevoli; ci attendiamo che si ricreda delle proprie scelte e che ritorni verso di noi. A volte è una speranza legittima, a volte è un gioco illusorio. Quando siamo attraversati dai pensieri che le cose potrebbero essere diverse siamo nuovamente colti da questa illusione e scopriamo di essere ancora ben disposti verso l'altro, in grado di perdonare pur di ottenere amore.
Amore e odio rappresentano anche la modalità con cui diventiamo consapevoli di noi stessi: dentro di noi nasce una sorta di conflitto esistenziale che ci chiede di prendere atto della nostra incapacità o della nostra impotenza nei confronti della realtà esterna, dei desideri e degli obiettivi indipendenti dell'altra persona.
Ci rendiamo anche conto che l'odio, che poteva anche avere ragione di essere, nel momento in cui s'impadronisce di noi, si dilata in cerchi concentrici e deforma l'immagine che avevamo della persona. Spesso la deformazione messa in atto ci spaventa. Avevamo un'immagine estremamente positiva e idealizzata della persona amata e ora la nostra valutazione è cambiata, si è spalancata una nuova strada verso criteri di giudizio diversi.
Siamo lenti ad odiare perché facciamo fatica a distruggere l'immagine che avevamo creato, e che nel passato aveva avuto delle conferme; per questo talvolta dubitiamo della legittimità di odiare.
Nella vita impariamo a conoscere le nostre passioni, ma amore e odio non sono due oggetti fisici da descrivere, ma sono due modalità di rapportarsi al mondo e con le quali ci formiamo un'idea del mondo. L’odio è una condizione che ci permette di prendere congedo gradualmente da eccessive identificazioni con l'altra persona e da una eccessiva idealizzazione. Ci ricorda il fallimento della nostra relazione, mentre l'amore lascia filtrare la speranza di poter nuovamente conquistare la persona amata. L'amore ci ricorda la dolcezza che provavamo in compagnia di quella persona, l’odio ci ammonisce che è intollerabile sopportare il tradimento. La distruzione del rapporto di coppia fa nascere l'odio, la speranza del cambiamento richiama di nuovo l'amore; l'amarezza del tradimento richiama l'odio, la speranza di una felicità rinnovata rievoca l'amore. Il tradimento ha generato umiliazione, ha ferito la nostra fiducia, ma anche il nostro narcisismo; e quando prevalgono certi pensieri si rinnova l'odio per le parole e per i gesti che ci hanno fatto soffrire.
Secondo gli Stoici antichi sono i pensieri e generare le emozioni; se i nostri pensieri si concentrano su certi aspetti fanno vibrare le corde dalle quali scaturiscono i colori delle emozioni positive, se fanno vibrare altre corde, nascono sentimenti opposti. Non sappiamo a quali di questi sentimenti dobbiamo obbedire. Gradualmente, sarà il prevalere di uno o dell'altro a farci capire che possiamo perdonare e continuare ad amare anche chi si è allontanato da noi. E attraverso questa consapevolezza riusciamo a prendere distacco anche da quelle emozioni più forti che ci sembravano pesantissime da sopportare. Insomma, i pensieri fanno da detonatore per le emozioni; e, viceversa, le emozioni di rabbia fanno detonare pensieri di odio, mentre quelle positive suscitano fiducia nei confronti del mondo.
L’ambivalenza dei sentimenti di cui parli non indebolisce solo la fiducia verso gli altri, ma abbatte anche la fiducia che nutriamo verso noi stessi e può generare anche rifiuto di sé. Per sviluppare l’amore verso noi stessi abbiamo bisogno di sentirci riconosciuti dagli altri e di sapere che siamo degni di essere amati. Trovo molto belle le parole di Zygmunt Bauman, un grande sociologo contemporaneo: “ciò che amiamo nel nostro amore di sé è un proprio io degno di essere amato. Ciò che amiamo è lo stato, o la speranza, di essere amati. Di essere oggetti degni di essere amati, di essere riconosciuti come tali, e di ricevere adeguata prova di tale riconoscimento. In breve: per essere dotati di amore di sé, ci occorre essere amati. Il rifiuto dell'amore – il diniego dello status di oggetto degno di essere amato – genera odio di sé. L'amore di sé si costruisce con i mattoni dell'amore offertoci da altri” [Amore liquido, 2004]. L’amore degli altri ci rassicura sul fatto che siamo degni di essere amati, che siamo meritevoli di amore. Questa consapevolezza ci conforta nelle relazioni, ci incoraggia ad andare verso nuove relazioni, acquieta la nostra paura di essere rifiutati o non sufficientemente adatti per meritare l’amore degli altri.
Nell’ambivalenza di amore e odio sentiamo che è stata messa in discussione la nostra dignità e, dice Bauman: “Il valore primo, il più prezioso dei valori umani, la conditio sine qua non dell'umanità, è una vita fatta di dignità, non la sopravvivenza a tutti i costi".
Però è vero, a volte, è difficile ammettere che amiamo e, sotto certi aspetti, odiamo una persona; la amiamo, perché più in generale vorremmo unirci a lei, e nello stesso tempo detestiamo alcuni suoi aspetti o biasimiamo il fatto che si distacchi da noi e sia insensibile nei nostri confronti.
Difficilmente si odia qualcosa per cui non si prova un particolare sentimento. Se si guarda da lontano è difficile odiare: quindi odiamo perché siamo affascinati e sedotti dall’altra persona e la nostra interiorità è fortemente attivata e coinvolta; ma odiamo perché è stata tradita la nostra fiducia e perché intuiamo che i suoi sentimenti non sono analoghi ai nostri. Prendere coscienza della differenza e del distacco genera sofferenza e scatena in noi una sorta di rabbia, mentre in fondo in fondo non si è ancora spento il desiderio dell’altra persona e siamo certi che la amiamo ancora.
Questo complesso meccanismo di amore-odio evidenzia il momento in cui fatichiamo a giungere alla comprensione di ciò che sta accadendo dentro di noi e alla valutazione di ciò che accade nella realtà. Siamo consapevoli che l’altro si è allontanato, ma la nostra insicurezza e il nostro amor proprio vorrebbero che fosse ancora accanto a noi. Fino a quando non abbiamo razionalizzato tutto quanto, non riusciamo a superare questa situazione.
Non odiamo tanto la persona per l'atto compiuto, ma detestiamo il fatto che si sia allontanata da noi, che provi gioia ed entusiasmo indipendentemente da noi. Poiché vorremmo ancora condividere con lei interessi, tempo e passioni soffriamo e ci esauriamo nel tentativo di comprendere quanto è accaduto.
L’ambivalenza amore-odio rivela aspetti inconsci della mente umana: odiamo per il tradimento, ma nello stesso tempo, in qualche modo, cerchiamo di reprimere la consapevolezza del tradimento. Sentiamo la contraddizione, ma non siamo consapevoli dei processi inconsci che si muovono dentro di noi, a nostra insaputa. Ogni tanto affiorano alcuni sentimenti, ogni tanto affiorano i sentimenti di segno opposto. A volte, come dici tu, ci inquieta scoprire che siamo in grado di amare e di odiare più o meno nello stesso tempo. Vorremmo nascondere l'odio sotto l'amore, ma a volte l'odio emerge nei confronti di chi ci ha tradito, mentre altre volte riaffiora l'amore. Spesso non riusciamo neanche ad accettare di poter odiare una persona che abbiamo amato, e quindi i sentimenti inaccettabili vengono subito cancellati, cacciati nell'inconscio per lasciar spazio all'amore. Un po' perché speriamo narcisisticamente che la persona possa recedere dalle sue decisioni, e scoprire in noi dei tratti piacevoli; ci attendiamo che si ricreda delle proprie scelte e che ritorni verso di noi. A volte è una speranza legittima, a volte è un gioco illusorio. Quando siamo attraversati dai pensieri che le cose potrebbero essere diverse siamo nuovamente colti da questa illusione e scopriamo di essere ancora ben disposti verso l'altro, in grado di perdonare pur di ottenere amore.
Amore e odio rappresentano anche la modalità con cui diventiamo consapevoli di noi stessi: dentro di noi nasce una sorta di conflitto esistenziale che ci chiede di prendere atto della nostra incapacità o della nostra impotenza nei confronti della realtà esterna, dei desideri e degli obiettivi indipendenti dell'altra persona.
Ci rendiamo anche conto che l'odio, che poteva anche avere ragione di essere, nel momento in cui s'impadronisce di noi, si dilata in cerchi concentrici e deforma l'immagine che avevamo della persona. Spesso la deformazione messa in atto ci spaventa. Avevamo un'immagine estremamente positiva e idealizzata della persona amata e ora la nostra valutazione è cambiata, si è spalancata una nuova strada verso criteri di giudizio diversi.
Siamo lenti ad odiare perché facciamo fatica a distruggere l'immagine che avevamo creato, e che nel passato aveva avuto delle conferme; per questo talvolta dubitiamo della legittimità di odiare.
Nella vita impariamo a conoscere le nostre passioni, ma amore e odio non sono due oggetti fisici da descrivere, ma sono due modalità di rapportarsi al mondo e con le quali ci formiamo un'idea del mondo. L’odio è una condizione che ci permette di prendere congedo gradualmente da eccessive identificazioni con l'altra persona e da una eccessiva idealizzazione. Ci ricorda il fallimento della nostra relazione, mentre l'amore lascia filtrare la speranza di poter nuovamente conquistare la persona amata. L'amore ci ricorda la dolcezza che provavamo in compagnia di quella persona, l’odio ci ammonisce che è intollerabile sopportare il tradimento. La distruzione del rapporto di coppia fa nascere l'odio, la speranza del cambiamento richiama di nuovo l'amore; l'amarezza del tradimento richiama l'odio, la speranza di una felicità rinnovata rievoca l'amore. Il tradimento ha generato umiliazione, ha ferito la nostra fiducia, ma anche il nostro narcisismo; e quando prevalgono certi pensieri si rinnova l'odio per le parole e per i gesti che ci hanno fatto soffrire.
Secondo gli Stoici antichi sono i pensieri e generare le emozioni; se i nostri pensieri si concentrano su certi aspetti fanno vibrare le corde dalle quali scaturiscono i colori delle emozioni positive, se fanno vibrare altre corde, nascono sentimenti opposti. Non sappiamo a quali di questi sentimenti dobbiamo obbedire. Gradualmente, sarà il prevalere di uno o dell'altro a farci capire che possiamo perdonare e continuare ad amare anche chi si è allontanato da noi. E attraverso questa consapevolezza riusciamo a prendere distacco anche da quelle emozioni più forti che ci sembravano pesantissime da sopportare. Insomma, i pensieri fanno da detonatore per le emozioni; e, viceversa, le emozioni di rabbia fanno detonare pensieri di odio, mentre quelle positive suscitano fiducia nei confronti del mondo.
L’ambivalenza dei sentimenti di cui parli non indebolisce solo la fiducia verso gli altri, ma abbatte anche la fiducia che nutriamo verso noi stessi e può generare anche rifiuto di sé. Per sviluppare l’amore verso noi stessi abbiamo bisogno di sentirci riconosciuti dagli altri e di sapere che siamo degni di essere amati. Trovo molto belle le parole di Zygmunt Bauman, un grande sociologo contemporaneo: “ciò che amiamo nel nostro amore di sé è un proprio io degno di essere amato. Ciò che amiamo è lo stato, o la speranza, di essere amati. Di essere oggetti degni di essere amati, di essere riconosciuti come tali, e di ricevere adeguata prova di tale riconoscimento. In breve: per essere dotati di amore di sé, ci occorre essere amati. Il rifiuto dell'amore – il diniego dello status di oggetto degno di essere amato – genera odio di sé. L'amore di sé si costruisce con i mattoni dell'amore offertoci da altri” [Amore liquido, 2004]. L’amore degli altri ci rassicura sul fatto che siamo degni di essere amati, che siamo meritevoli di amore. Questa consapevolezza ci conforta nelle relazioni, ci incoraggia ad andare verso nuove relazioni, acquieta la nostra paura di essere rifiutati o non sufficientemente adatti per meritare l’amore degli altri.
Nell’ambivalenza di amore e odio sentiamo che è stata messa in discussione la nostra dignità e, dice Bauman: “Il valore primo, il più prezioso dei valori umani, la conditio sine qua non dell'umanità, è una vita fatta di dignità, non la sopravvivenza a tutti i costi".
Un caro saluto,
Alberto
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