Caro professore,
C'è un interrogativo che mi è nato ultimamente e riguarda il futuro. Sin da più piccola ho sempre pensato di voler studiare, andare all'università e poi trovare un buon lavoro, e una parte di me lo vuole ancora. Crescendo poi, però, mi sono posta un interrogativo e cioè se sia più soddisfacente dedicare una buona vita allo studio e al lavoro, o se invece è più saggio pensare al proprio futuro in un senso più rivolto alla famiglia. Ora come ora la mia soluzione è quella di intraprendere gli studi universitari e poi se possibile trovare un lavoro che mi permetta di conciliare lavoro e famiglia al meglio. La domanda quindi è: “non rischiamo di vivere infelici pensando troppo ai nostri singoli obiettivi, rischiando di perdere le cose belle della vita?”. “Vive più felicemente colui che dedica la propria vita allo studio e al lavoro o chi la dedica alla famiglia?".
Sarah
Cara Sarah,
Verso la metà del secolo scorso lo psicologo statunitense Abraham Maslow ha cercato di studiare la personalità umana e le condizioni della felicità e della realizzazione dell’uomo. Ha così pubblicato un bel libro dal titolo Motivazione e personalità ([1954, 1970], Armando Editore, 2000) in cui propone anche una importante gerarchia di bisogni che le persone devono appagare nella loro esistenza per poter condurre una buona vita. Alla base della piramide, che oggi prende il suo nome (piramide di Maslow), ci sono i bisogni più urgenti, i bisogni fisiologici: (fame, sete, sonno, potersi coprire e ripararsi dal freddo), ossia i bisogni fondamentali, legati alla sopravvivenza. Maslow scrive che “sono i più prepotenti di tutti i bisogni”: Se non vengono appagati questi, tutti gli altri passano in secondo piano. Chi è da un po’ che non mangia, ovviamente, desidera solo il cibo, ecc. Gratificati i bisogni essenziali, si presentano però altri bisogni: i bisogni di sicurezza. Di fronte al mondo e ai pericoli che la vita ci prospetta, le persone hanno bisogno di protezione e tranquillità. Maslow elenca questi bisogni: “sicurezza, stabilità, dipendenza, protezione, libertà dalla paura, dall'ansia, dal caos; bisogno di struttura, di ordine, di legge, di limiti, di un forte protettore”. Ad un gradino più alto troviamo i bisogni di affetto, di amore e di appartenenza: le persone desiderano relazioni d’affetto, sentono il dispiacere per la mancanza di amici e di persone care, avvertono la necessità di sentirsi parte di un gruppo, di appartenere a qualcuno, di essere amati e di amare e di cooperare con altri. Dopo i bisogni di appartenenza vi è il bisogno di stima; anzi, di una doppia stima: quella di una valutazione positiva di se stessi (autostima) e quella di una valutazione positiva da parte degli altri: ogni persona sente infatti il bisogno di avere successo, padronanza, competenze, ma riconosce anche il valore della stima sociale, e dunque sente l’esigenza di essere rispettato, apprezzato, approvato e non solo di sentirsi competente. Però, per quanto tutte queste esigenze siano importanti, le persone hanno un’urgenza più importante: quella di realizzare la propria vita. Pertanto in cima alla scala dei bisogni Maslow pone il bisogno di autorealizzazione. Questo bisogno è l'esigenza di realizzare la propria identità e di portare a compimento le proprie aspettative. Maslow scrive: “attualizzare ciò che è potenziale”, o “diventare tutto ciò che si è capaci di diventare”. Ogni uomo sente dunque l’esigenza di attuare le proprie migliori potenzialità, culturali, affettive e relazionali. I bisogni, però, sono diversi da persona a persona. Maslow scrive: “in un individuo possono assumere la forma del desiderio di essere una madre ideale, in un altro possono esprimersi atleticamente, in un altro esprimersi nel fare quadri o invenzioni”. Abbiamo il desiderio di conoscere e capire, abbiamo bisogni estetici, ma non tutte le persone hanno le stesse priorità. In alcune persone ad esempio l’autostima è più importante dell’amore; altre persone particolarmente creative sentono invece l’impulso alla creatività più importante di altri, e riescono a realizzarsi anche se ad esempio manca loro il soddisfacimento di bisogni che da altri sono ritenuti fondamentali. Allora ciò che diventa importante è conoscere i nostri bisogni in un determinato momento e saper distinguere tra le cose a cui attribuiamo più valore e quelle meno indispensabili. Ad esempio sappiamo che alcuni bisogni sono inconsci altri consci e anche che la motivazione cosciente può essere diversa da persona a persona e da cultura a cultura. Talvolta, però, i nostri bisogni sono esigenze che altri si aspettano da noi. Non ogni nostro bisogno è veramente tale; molti desideri che sembrano consentirci di ottenere la felicità sono aspirazioni talvolta della maggioranza delle persone che vivono accanto a noi, del gruppo di appartenenza o di riferimento e che, per abitudine, per desiderio di compiacere, o semplicemente per timore di essere rifiutati, assecondiamo. Ma ci accorgiamo presto che alcuni bisogni importanti non conducono alla nostra felicità e non producono gli effetti sperati. Una persona sana, secondo l’autore, è quella che “è motivata primariamente dal suo bisogno di sviluppare e di attualizzare tutte le sue potenzialità e capacità”. Allora molto dipende dai significati che, di volta in volta, attribuiamo alle cose. Se per noi è indispensabile avere una famiglia, siamo disposti a qualche rinuncia, perché sappiamo che la nostra realizzazione passa attraverso la realizzazione di una vita di coppia con la finalità di abbozzare una nuova famiglia. Se per noi è importante ottenere un riconoscimento attraverso lo studio o il lavoro ad esempio, siamo disposti a sacrificare molto tempo per ottenere quel risultato. Ma l’urgenza nel soddisfacimento dei bisogni, col tempo, cambia. Ci sono bisogni che un tempo ci sembravano imprescindibili, come imperativi irrinunciabili, di cui gradualmente abbiamo ridimensionato l’importanza; oppure vi sono bisogni che compaiono in tempi più recenti e che in passato avevamo escluso di poter avere. Dico questo perché una persona sana è una persona complessa, che cerca di gestire molti aspetti della sua vita prendendosi cura dei vari aspetti di sé. È vero che spesso le scelte conducono a drastiche alternative, a decisioni risolutive e inconciliabili, ma è anche vero che gli obiettivi non sempre, o non necessariamente, si escludono a vicenda. Una vita sana è una vita di una persona che si prende cura dei vari aspetti di sé, in un lavoro parallelo. Forse è importante mentre si vive prendere in considerazione molti aspetti della vita e non concentrarsi in modo univoco su una cosa. Ossia ci si può dedicare allo studio, coltivando una buona vita di relazione, ampliando i propri interessi e le proprie conoscenze. Ognuno di noi non vive isolato, ma in una serie di rapporti: la scuola, il lavoro, gli amici, gli affetti cari, la famiglia, gli hobbies. La vita ci chiede di fare delle scelte: ci saranno momenti in cui dovremo sacrificare un po’ un aspetto della nostra vita, altre volte un altro. Nel tuo caso, credo che le alternative che presenti (università, famiglia) siano diverse, ma non contraddittorie. Ossia scegliendo la prima (che ti auguro), non annulli la seconda, ; decidi solo provvisoriamente di rinviarla. Nel frattempo vivi intensamente le relazioni interpersonali, offri la tua vitalità e le tue energie alle persone che incontri; la forza della relazione ti aiuterà anche a reggere l’impegno dei tuoi studi. È possibile che tra le amicizie con i tuoi compagni attuali o futuri e con altre persone che via via conoscerai, maturerai una legame bello e profondo a cui potrai dedicare anche più tempo. “L'auto-realizzazione, diceva Maslow, è priva di significato se non ci si riferisce ad un futuro attivo in ogni momento” (Verso una psicologia dell'essere, Ubaldini 1971).
C'è un interrogativo che mi è nato ultimamente e riguarda il futuro. Sin da più piccola ho sempre pensato di voler studiare, andare all'università e poi trovare un buon lavoro, e una parte di me lo vuole ancora. Crescendo poi, però, mi sono posta un interrogativo e cioè se sia più soddisfacente dedicare una buona vita allo studio e al lavoro, o se invece è più saggio pensare al proprio futuro in un senso più rivolto alla famiglia. Ora come ora la mia soluzione è quella di intraprendere gli studi universitari e poi se possibile trovare un lavoro che mi permetta di conciliare lavoro e famiglia al meglio. La domanda quindi è: “non rischiamo di vivere infelici pensando troppo ai nostri singoli obiettivi, rischiando di perdere le cose belle della vita?”. “Vive più felicemente colui che dedica la propria vita allo studio e al lavoro o chi la dedica alla famiglia?".
Sarah
“La vita umana non sarà mai capita, se non
si terrà conto delle sue aspirazioni più alte”.
Cara Sarah,
Verso la metà del secolo scorso lo psicologo statunitense Abraham Maslow ha cercato di studiare la personalità umana e le condizioni della felicità e della realizzazione dell’uomo. Ha così pubblicato un bel libro dal titolo Motivazione e personalità ([1954, 1970], Armando Editore, 2000) in cui propone anche una importante gerarchia di bisogni che le persone devono appagare nella loro esistenza per poter condurre una buona vita. Alla base della piramide, che oggi prende il suo nome (piramide di Maslow), ci sono i bisogni più urgenti, i bisogni fisiologici: (fame, sete, sonno, potersi coprire e ripararsi dal freddo), ossia i bisogni fondamentali, legati alla sopravvivenza. Maslow scrive che “sono i più prepotenti di tutti i bisogni”: Se non vengono appagati questi, tutti gli altri passano in secondo piano. Chi è da un po’ che non mangia, ovviamente, desidera solo il cibo, ecc. Gratificati i bisogni essenziali, si presentano però altri bisogni: i bisogni di sicurezza. Di fronte al mondo e ai pericoli che la vita ci prospetta, le persone hanno bisogno di protezione e tranquillità. Maslow elenca questi bisogni: “sicurezza, stabilità, dipendenza, protezione, libertà dalla paura, dall'ansia, dal caos; bisogno di struttura, di ordine, di legge, di limiti, di un forte protettore”. Ad un gradino più alto troviamo i bisogni di affetto, di amore e di appartenenza: le persone desiderano relazioni d’affetto, sentono il dispiacere per la mancanza di amici e di persone care, avvertono la necessità di sentirsi parte di un gruppo, di appartenere a qualcuno, di essere amati e di amare e di cooperare con altri. Dopo i bisogni di appartenenza vi è il bisogno di stima; anzi, di una doppia stima: quella di una valutazione positiva di se stessi (autostima) e quella di una valutazione positiva da parte degli altri: ogni persona sente infatti il bisogno di avere successo, padronanza, competenze, ma riconosce anche il valore della stima sociale, e dunque sente l’esigenza di essere rispettato, apprezzato, approvato e non solo di sentirsi competente. Però, per quanto tutte queste esigenze siano importanti, le persone hanno un’urgenza più importante: quella di realizzare la propria vita. Pertanto in cima alla scala dei bisogni Maslow pone il bisogno di autorealizzazione. Questo bisogno è l'esigenza di realizzare la propria identità e di portare a compimento le proprie aspettative. Maslow scrive: “attualizzare ciò che è potenziale”, o “diventare tutto ciò che si è capaci di diventare”. Ogni uomo sente dunque l’esigenza di attuare le proprie migliori potenzialità, culturali, affettive e relazionali. I bisogni, però, sono diversi da persona a persona. Maslow scrive: “in un individuo possono assumere la forma del desiderio di essere una madre ideale, in un altro possono esprimersi atleticamente, in un altro esprimersi nel fare quadri o invenzioni”. Abbiamo il desiderio di conoscere e capire, abbiamo bisogni estetici, ma non tutte le persone hanno le stesse priorità. In alcune persone ad esempio l’autostima è più importante dell’amore; altre persone particolarmente creative sentono invece l’impulso alla creatività più importante di altri, e riescono a realizzarsi anche se ad esempio manca loro il soddisfacimento di bisogni che da altri sono ritenuti fondamentali. Allora ciò che diventa importante è conoscere i nostri bisogni in un determinato momento e saper distinguere tra le cose a cui attribuiamo più valore e quelle meno indispensabili. Ad esempio sappiamo che alcuni bisogni sono inconsci altri consci e anche che la motivazione cosciente può essere diversa da persona a persona e da cultura a cultura. Talvolta, però, i nostri bisogni sono esigenze che altri si aspettano da noi. Non ogni nostro bisogno è veramente tale; molti desideri che sembrano consentirci di ottenere la felicità sono aspirazioni talvolta della maggioranza delle persone che vivono accanto a noi, del gruppo di appartenenza o di riferimento e che, per abitudine, per desiderio di compiacere, o semplicemente per timore di essere rifiutati, assecondiamo. Ma ci accorgiamo presto che alcuni bisogni importanti non conducono alla nostra felicità e non producono gli effetti sperati. Una persona sana, secondo l’autore, è quella che “è motivata primariamente dal suo bisogno di sviluppare e di attualizzare tutte le sue potenzialità e capacità”. Allora molto dipende dai significati che, di volta in volta, attribuiamo alle cose. Se per noi è indispensabile avere una famiglia, siamo disposti a qualche rinuncia, perché sappiamo che la nostra realizzazione passa attraverso la realizzazione di una vita di coppia con la finalità di abbozzare una nuova famiglia. Se per noi è importante ottenere un riconoscimento attraverso lo studio o il lavoro ad esempio, siamo disposti a sacrificare molto tempo per ottenere quel risultato. Ma l’urgenza nel soddisfacimento dei bisogni, col tempo, cambia. Ci sono bisogni che un tempo ci sembravano imprescindibili, come imperativi irrinunciabili, di cui gradualmente abbiamo ridimensionato l’importanza; oppure vi sono bisogni che compaiono in tempi più recenti e che in passato avevamo escluso di poter avere. Dico questo perché una persona sana è una persona complessa, che cerca di gestire molti aspetti della sua vita prendendosi cura dei vari aspetti di sé. È vero che spesso le scelte conducono a drastiche alternative, a decisioni risolutive e inconciliabili, ma è anche vero che gli obiettivi non sempre, o non necessariamente, si escludono a vicenda. Una vita sana è una vita di una persona che si prende cura dei vari aspetti di sé, in un lavoro parallelo. Forse è importante mentre si vive prendere in considerazione molti aspetti della vita e non concentrarsi in modo univoco su una cosa. Ossia ci si può dedicare allo studio, coltivando una buona vita di relazione, ampliando i propri interessi e le proprie conoscenze. Ognuno di noi non vive isolato, ma in una serie di rapporti: la scuola, il lavoro, gli amici, gli affetti cari, la famiglia, gli hobbies. La vita ci chiede di fare delle scelte: ci saranno momenti in cui dovremo sacrificare un po’ un aspetto della nostra vita, altre volte un altro. Nel tuo caso, credo che le alternative che presenti (università, famiglia) siano diverse, ma non contraddittorie. Ossia scegliendo la prima (che ti auguro), non annulli la seconda, ; decidi solo provvisoriamente di rinviarla. Nel frattempo vivi intensamente le relazioni interpersonali, offri la tua vitalità e le tue energie alle persone che incontri; la forza della relazione ti aiuterà anche a reggere l’impegno dei tuoi studi. È possibile che tra le amicizie con i tuoi compagni attuali o futuri e con altre persone che via via conoscerai, maturerai una legame bello e profondo a cui potrai dedicare anche più tempo. “L'auto-realizzazione, diceva Maslow, è priva di significato se non ci si riferisce ad un futuro attivo in ogni momento” (Verso una psicologia dell'essere, Ubaldini 1971).
Un caro saluto,
Alberto
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