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Cor-rispondenze

lunedì 8 marzo 2010

L'aborto


Io ti amo, ma non nascerò mai.
“Tu non mi vedi ancora, non sai della mia esistenza, ma io sono qui: sono nel tuo grembo frutto del tuo amore.
Tu non sai che esisto, eppure io ti amo già. Sono piccolo, debole e indifeso, ma spero che tu mi vorrai proteggere, far nascere e far crescere con il tuo amore.
Dal giorno in cui hai scoperto la mia esistenza piangi ogni sera.
Sono triste di essere la causa della tua tristezza.
Forse è meglio se non mi farai nascere…
Una sera sento qualcosa cambiare in te, hai deciso, non nascerò.
Ti rechi in un laboratorio, non è una cosa complicata, basta poco.
Ma io spero ancora: non lasciarmi andare!”
Che diritto ha una donna di negare la vita a un’altra creatura?
Francesca



Cara Francesca,
hai scritto una lettera intensa su una tematica delicata che suscita forti emozioni. Hai dato voce, pensiero e sentimenti a chi deve venire alla luce, e hai immaginato sia la capacità di un nascituro di sentire empaticamente quello che prova la mamma (la tristezza invece della gioia) sia la speranza salda di nascere fino all’ultimo.
Desidero riportare qui di seguito le posizioni più importanti sull’aborto che sono state efficacemente riassunte da Maurizio Mori nel libro “Aborto e morale. Capire un nuovo diritto” (Einaudi 2008).
“Fino a pochi anni fa, i dibattiti circa l'eventuale liceità dell'aborto riguardavano soprattutto le fasi avanzate o finali della gravidanza. Oggi invece la controversia investe soprattutto il primo trimestre, periodo in cui avviene la stragrande maggioranza degli aborti, circa il 90 per cento dei casi. D'ora in avanti, quando parlerò di aborto presupporrò sempre questo primo periodo.
Le principali posizioni in campo sono le seguenti:
La posizione cattolica: Afferma con vigore la «condanna morale di qualsiasi aborto procurato» (Donum Vitae 1987, I, 1), atto che non è mai ammesso: né quando necessario per salvare la vita della donna, né quando la gravidanza è conseguente a violenza carnale, né quando il feto ha gravi malformazioni. Anche se molti teologi cattolici sostengono che l'embrione è persona dal concepimento (tanto da far credere che questa sia la posizione ufficiale), il magistero ecclesiastico non afferma affatto che il feto è persona. Anzi, esplicitamente dichiara di astenersi dal prendere posizione in materia, sostenendo solamente che l'embrione va comunque trattato come una persona. Inoltre, questa posizione
(A questo riguardo, ad esempio, il Catechismo della Chiesa Cattolica (1997) afferma che l'embrione «deve essere trattato come una persona» (n. 2274, il corsivo è mio) oppure che «dal primo istante della sua esistenza l'essere umano deve vedersi riconosciuti i diritti della persona» (n. 2270, il corsivo è mio), ma mai che l'embrione è persona).
La posizione del Movimento perla Vita: Come quella cattolica si oppone all'aborto, da cui si distingue per i seguenti aspetti: 1) afferma esplicitamente che l'embrione è persona dal concepimento e che l'aborto è un vero e proprio omicidio; 2) lascia libertà di opinione circa la liceità morale della contraccezione, perché altro è «prevenire la formazione di una vita» e altro è «distruggere una vita già esistente»; 3) è propensa ad ammettere qualche eccezione al divieto generale di aborto, per esempio ove fosse necessario per salvare la vita della donna (pur sottolineando che il problema delle eccezioni è oggi poco rilevante, perché limitato a pochissime situazioni da vagliare caso per caso).

La posizione per la legalizzazione dell'aborto: Ammette l'aborto, osservando che esso già di per sé costituisce una scelta tragica per la donna, e che la società non deve infierire ulteriormente con divieti giuridici che rendono la situazione ancora piú difficile spingendo la donna all'aborto clandestino. L'aborto deve essere regolato socialmente perché non è un mero «problema privato» che può essere lasciato alla discrezionalità della donna, ma va consentito entro le forme istituzionali di controllo. Queste, tuttavia, di solito, oggi ammettono l'aborto anche per motivi psicologici ed economici, per cui - pur restando il principio del «controllo sociale» in materia - in pratica l'aborto è (quasi) sempre consentito a discrezione della donna.
La posizione per la liberalizzazione dell'aborto: Afferma che l'aborto è un mero «problema privato» della donna, e come tale deve essere risolto nella riservatezza del rapporto medico-paziente: la legge deve limitarsi a garantire solo la correttezza dell'intervento medico, e la donna può pretendere l'aborto a semplice richiesta. La donna ha il controllo della propria fertilità e diventa sovrana di quanto accade nel proprio corpo anche circa la generazione. In questo senso la posizione è specularmente opposta a quella cattolica.
Tra, queste posizioni ci sono significative differenze, ma lo spartiacque in materia è tra chi consente in qualche modo l'aborto e chi lo vieta con decisione. Poiché per appoggiare il divieto sembra che oggi si debba sostenere che l'aborto è un vero e proprio omicidio, la posizione del Movimento per la Vita ha un ruolo decisamente dominante nel dibattito contemporaneo, tanto che le differenze con la posizione cattolica sembrano essere di poco conto e passano in secondo piano. Infatti, l'intera controversia sembra dipendere dalla questione se l'embrione sia o no persona. L'antiabortista è cosí sicuro della risposta affermativa da proporre l'argomento dell'omicidio che porta a impostare il problema nel modo seguente: se l'embrione è persona, allora l'aborto è sempre (moralmente) illecito in quanto omicidio, e se invece non è persona, allora è sempre lecito. Specularmente opposto a quest'argomento è l'appello al diritto alla vita dell'embrione, da cui deriva il correlativo divieto di uccidere l'embrione stesso. Questa tesi è a volte formulata in modo conciso nella domanda: «l'embrione è cosa o persona?», dove è sottinteso che la risposta corretta è la seconda. (Poiché in questo libro considero il problema della moralità dell'aborto solo nei primi tre mesi di gravidanza, uso i termini « embrione» e «feto» come sinonimi, anche se dal punto di vista tecnico si chiama «embrione» il prodotto del concepimento fino all'ottava settimana - due mesi -, dopo di che diventa «feto».)
Di fronte a un'accusa cosí forte come quella dell'antiabortista, alcuni sono disposti ad ammettere che l'aborto sia davvero un omicidio, atto che riconoscono essere moralmente riprovevole, ma - osservano - che può essere giuridicamente permesso ove attuato entro i limiti di legge. Infatti, secondo la dottrina giuspositivista, il diritto può ammettere qualunque contenuto morale e quindi, almeno dal punto di vista tecnico-giuridico, non ci sono ostacoli a tale soluzione. L'antiabortista critica subito questa posizione sottolineando come essa violi il principio di eguaglianza tra le persone e apra la strada a ingiuste discriminazioni. Se si ammette che l'aborto è davvero un omicidio, allora questa critica sembra essere sostanzialmente valida.
Di solito, tuttavia, chi è favorevole a una legislazione permissiva semplicemente evita di considerare la questione della natura del feto, spesso osservando che l'etica è un lusso eccessivo in questo campo. Sottolinea invece che: 1) la donna è già in grave difficoltà e la sua situazione non deve essere ulteriormente aggravata da ostacoli giuridici; 2) la legislazione permissiva non intende avallare la moralità dell'aborto, ma semplicemente evitare l'aborto clandestino che alimenta l'illegalità e spesso mette in pericolo la vita delle donne; 3) il divieto obbliga tutti ad astenersi dal comportamento indicato, mentre il permesso non impone l'azione, ma semplicemente la consente a chi vuole compierla, e questa asimmetria è garanzia di libertà per tutti”.

Un caro saluto,
Alberto

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