lunedì 21 febbraio 2011
La spiritualità degli atei
Caro professore,
E' possibile l'esistenza di una spiritualità per gli atei? E' possibile che essi recuperino i valori appartenenti alla tradizione giudaico-cristiana? E' quindi possibile una forma di ateismo diversa dal materialismo e che non sfoci nel nichilismo?
Paola
Cara Paola,
Che esista una spiritualità (qualunque cosa per ora intendiamo con il termine spiritualità) separata dalla religione o dalla fede nella rivelazione è un dato di fatto. Il problema non è stabilire se esista, ma delimitarne il campo. Cosa davvero non facile. Basta fare un viaggio in internet per scoprire che molte librerie on-line hanno una sezione dedicata alla spiritualità. Ad esempio, il sito Macrolibrarsi.it propone addirittura una articolata sottosezione della voce spiritualità che comprende: Angeli, Ascensione, Baba Bedi, Channelling, Creare la propria realtà, Crescita spirituale, Il mondo interiore, Immortalità, Karma e reincarnazione, Mantra, Meditazione, Metafisica, Nuove rivelazioni, Percorsi di consapevolezza, Rapporto corpo-mente, Scoprire l'aura, Visualizzazione Creativa, Vita e morte, Wesak.
Declinata in questo modo, la voce spiritualità ricorda molto la classificazione degli animali di Jorge Luís Borges. Nel testo “L’idioma analitico di John Wilkins (1951) egli parla dell’“Emporio celeste di conoscimenti benevoli”, ovvero della “Enciclopedia Cinese”. Scrive Borges: «Nelle sue remote pagine è scritto che gli animali si dividono in (a) appartenenti all’Imperatore, (b) imbalsamati, (c) ammaestrati, (d) lattonzoli, (e) sirene, (f) favolosi, (g) cani randagi, (h) inclusi in questa classificazione, (i) che s’agitano come pazzi, (j) innumerevoli, (k) disegnati con un pennello finissimo di pelo di cammello, (l) eccetera, (m) che hanno rotto il vaso, (n) che da lontano sembrano mosche.»Come dire che da queste classificazioni non si esce. Sono classificazioni arbitrarie e inservibili.
Per inciso, nel caso (come il sottoscritto) non conoscessi chi è Baba Bedi (1909-1993), sappi che è il fondatore della Filosofia Acquariana. E se non avessi ancora letto nulla sul Channelling, sappi che è il “settore” che si occupa di coloro che farebbero da tramite con l’aldilà. Poiché do per scontato che tu abbia maggiore familiarità con argomenti del tipo: “Creare la propria realtà”, o “Nuove rivelazioni”, o “Scoprire l'aura”, mi permetto solo di ricordarti che il Wesak è una festività celebrata nel periodo del plenilunio della Costellazione del Toro. In quei giorni alcuni “iniziati” di movimenti religiosi si ritrovano in una valle ai piedi di una montagna sacra (il sacro monte Kailash) in Tibet.
Per brevità, non riporto i titoli contenuti nelle varie sezioni, ma diciamo che se non ci fossero particolari “esperti classificatori” a me sarebbe difficile distribuire i libri in base alla suddivisione proposta dal sito. Ma probabilmente io soffro di un disturbo ontologico e quindi fatico a classificare la realtà in modo coerente.
Non seguo pertanto questa strada, ma preferisco far riferimento ad un paio di autori contemporanei (occidentali): ad esempio, al filosofo francese André Comte-Sponville e al teologo italiano Vito Mancuso. Un ateo e un cattolico. Così, per par-condicio.
Comte-Sponville ha pubblicato qualche anno fa un testo che ha un titolo eloquente: "Lo spirito dell'ateismo. Introduzione a una spiritualità senza Dio" (Ponte alle Grazie 2007). Facendo riferimento al ritorno alla religione, ma soprattutto preoccupato dal diffondersi di alcune forme di fanatismo religioso egli si interroga se sia possibile una spiritualità non ingabbiata, repressa o sovrastata da una specifica religione. E pertanto si mette alla ricerca di questa eventuale spiritualità, sostenendo un’opinione condivisibile che: “Lo spirito non è proprietà di nessuno.” […] e che pertanto “Gli atei non hanno meno spirito degli altri. Perché dovrebbero interessarsi della vita spirituale meno di loro?”. Facendo riferimento a sant’Agostino il quale scriveva che: "Le tre virtù di fede, speranza e carità sono tutte necessarie in questa vita; ma dopo questa vita, sarà sufficiente la carità", Comte-Sponville ritiene che anche gli atei possano far riferimento alla virtù più importante per il cristianesimo: la carità. Senza allusioni alla trascendenza, ma declinata nell’ambito del finito. Se si considerano sacri alcuni valori, doveri e responsabilità della specie umana nei confronti degli altri esseri viventi, della natura e delle generazioni future, e si ritiene che valga la pena sacrificare la vita per tali valori, allora si può coltivare una vita spirituale che si allontana – come dici tu – sia dal materialismo sia dal nichilismo. Una spiritualità che convive con le religioni, ma invece di “religere" l’uomo a Dio, unisce l’uomo al tutto che lo circonda. In questo senso la spiritualità è una forma di tragitto dal proprio io e dal proprio egoismo, all’interesse verso altri esseri viventi e verso la natura che ci ospita. Ma che cos’è la spiritualità? È “la vita dello spirito”, scrive Comte-Sponville. E che cos’è lo spirito? Comte-Sponville scrive: “Noi siamo degli esseri finiti aperti sull'infinito […]. Posso aggiungere: degli esseri effimeri aperti all'eternità; degli esseri relativi aperti all'assoluto. Quest'apertura è, appunto, lo spirito”.
E allora in che cosa consiste la differenza tra religione e spiritualità? Il filosofo risponde che l’apertura all’eternità è intesa in modo differente: “La metafisica consiste nel pensarla; la spiritualità nello sperimentarla, nell'esercitarla, nel viverla”. La metafisica, che si è fissata e talvolta irrigidita nelle religioni, tenta di pensare l'eternità e di poterla conoscere, la spiritualità si accontenta di sperimentarla nella vita.
Anche sul versante cattolico, il teologo contemporaneo Vito Mancuso in un dialogo intenso e intelligente con Corrado Augias dal titolo “Disputa su Dio e dintorni” (Mondadori 2009), invita a maturare una riflessione più profonda sulla spiritualità all’interno dell’ambito cattolico. Mancuso scrive: “Io sono alla ricerca di una spiritualità universale, in grado di far sì che tutti gli uomini, a prescindere dalle appartenenze religiose, si possano aprire alla realtà del bene e della giustizia quale valore supremo per cui vivere”. E più avanti ribadisce che, pur nelle differenze, le religioni devono valorizzare maggiormente la spiritualità propria degli uomini, e devono lavorare al servizio della loro pacifica convivenza. Scrive Mancuso: “C'è bisogno di una spiritualità nuova. Non di una religione nuova nel senso di una superreligione, perché ogni religione deve rimanere se stessa, il cristianesimo cristianesimo, il buddhismo buddhismo, e così via. Ma si tratta di capire che la spiritualità è maggiore della religione e che ogni religione deve interpretare se stessa come un servizio disinteressato a questa più grande spiritualità e porsi al servizio della pace e dell'armonia fra gli uomini”.
Come vedi c’è spazio per una spiritualità rinnovata, non monopolio esclusivo delle religioni, ma in grado, al di là dell’eterogeneità delle credenze, di porsi complessivamente al servizio della vita. La spiritualità diventa pertanto un terreno più profondo, lo sfondo comune in cui atei e credenti posso incontrarsi per difendere i valori della vita, aperti entrambi al mistero che essa rappresenta per tutti.
Un caro saluto,
alberto
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