Christophe André, Dell’arte della meditazione,
Milano, Corbaccio, 2012, pp. 304, euro, 26,00.
Christophe André è uno psichiatra che lavora presso
l’Ospedale Saint-Anne, a Parigi. “Dell’arte della meditazione” è la
traduzione del testo francese “Méditer, jour après jour”, un manuale
pratico e poetico che ha l’obiettivo di condurre il lettore alla «piena
consapevolezza di sé», un traguardo che avviene attraverso la comprensione
razionale, il sentimento e un piccolo tirocinio. Il testo contiene deliziose
riflessioni (pour comprendre) e bellissime immagini a colori di
capolavori dell’arte pittorica (pour ressentir). Al testo italiano,
tuttavia, manca il cd di esercizi (pour pratiquer), allegato invece
all’edizione francese. (Christophe André - che ha una voce molto calma e
suadente - usa infatti la meditazione anche come terapia per i suoi pazienti).
Tale mancanza, per certi aspetti, sembra smentire la tesi di fondo del libro
stesso (curiosamente, al cd si fa riferimento a p. 28, senza giustificarne
l’assenza); infatti, la meditazione non è riducibile alla conoscenza, e dunque
la semplice lettura - pur così indispensabile - senza la pratica non consente
di ottenere completamente il risultato sperato. Tuttavia, Christophe André è
molto bravo, anche solo con la riflessione scritta, ad avviare il lettore
all’arte della meditazione. Attraverso l’analisi di 25 opere d’arte (da
Rembrandt a Hopper, da Magritte a Doig) egli riesce a far comprendere come
gradualmente ci si possa affrancare dalle parole, per passare da una dimensione
cognitiva ad una sensitiva, affinché dal sentire si avvii un nuovo processo
interiore. La coscienza si svuota e lo sguardo si colma: la coscienza si libera
gradualmente dalle parole, si immerge nelle immagini, allenta la presa sulla
realtà e disimpara a razionalizzare ogni cosa. Mentre lo sguardo, perdendosi a
poco a poco nelle immagini, dopo aver liberato la mente dai giudizi affrettati
e dalle riflessioni incalzanti, assimila la realtà come per osmosi. E così il
lettore impara a dirottare l’attenzione, costantemente impegnata ad inseguire i
richiami esteriori, alle innumerevoli ricchezze che popolano il mondo
interiore. La «piena consapevolezza», secondo l’autore, consiste infatti
«nell’intensificare la propria presenza nell’attimo, nell’immobilizzarsi per
impregnarsene, anziché sfuggirlo o volerlo modificare mediante l’azione o i
pensieri». Il libro è così bello che ci si ferma spesso, come per sentire
nuovamente il profumo di un fiore appena colto, e poi si scopre che - quasi
inconsciamente - la mano è portata a poggiarsi sulla pagina di sinistra per
riprendere gli ultimi passaggi, perché l’occhio, costantemente abituato a
correre, qui è costretto a rallentare. Così il movimento a ritroso serve ad
impostare il tempo delle pause, a imporre una dilatazione del respiro. Grazie a
questa continua fluttuazione, poco per volta si riduce la dicotomia tra io e
mondo, fino a non sentire più la differenza tra interiorità ed esteriorità,
come avviene nella brezza estiva, quando dopo lunghi respiri sopraggiunge una
fusione tra il nostro respiro, dentro, e la brezza del mondo, fuori.
Un caro saluto,Alberto
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