Caro professore,
In questi giorni mi è capitato di sentire il discorso
pronunciato da Papa Francesco qualche mese fa in cui dice: «ragazzi non perdete
la speranza». Quest'ultima parola mi ha fatto riflettere. Speranza. Una parola
che di questi tempi non è molto vicina agli Italiani. Forse perché hanno capito
che poche delle cose in cui sperano poi si realizzano veramente. Allora ecco
che speranza diventa sinonimo di illusione. E chi sceglie di illudersi già
sapendolo? Allora c'é differenza tra speranza e illusione? Dov'è che finisce
una e inizia l'altra?Tommaso, IVB
Caro Tommaso,
C’è una grande differenza tra
speranza e illusione. Anche se entrambe esprimono un rapporto del soggetto con
il tempo, diverse sono le relazioni. Il verbo illudere contiene la parola
“ludus”, gioco, e significa letteralmente “giocare”. Il filologo italiano
Giovanni Semerano (1911-2005), rilevante studioso delle antiche lingue
mesopotamiche, ci ricorda che la radice latina “ludus” avrebbe un antenato
nella lingua accadica, ossia nella lingua parlata in Mesopotamia dagli Assiri e
dai Babilonesi. “Ludus” quindi da “ulsu” ed “elesu” che significano
rispettivamente “piacere”, ed “essere sereno” o “giubilare”. Ci si diverte e ci
si rallegra con una rappresentazione giocosa della realtà. Credo che
l’illusione si snodi nelle tre dimensioni del tempo. Ci si illude che il
passato sia andato in un certo modo, e si commettono errori. Ci si illude sul
presente, e si fantastica con l’immaginazione; ci si illude sul futuro
individuale o, come dici tu, collettivo, e si prendono degli abbagli.
L’illusione è un gioco seduttivo che altera il rapporto con la realtà. Non deve
essere considerata negativa. L’arte, la letteratura e la musica, ma anche le
interpretazioni del mondo sono una forma di “il-lusione”, di gioco e di
divertimento. Ogni rappresentazione è in fondo un “ludus”, un tentativo di
comprendere la complessità dell’esistenza. Nietzsche ricorda come nel rapporto
dionisiaco-apollineo, ossia tra caoticità del mondo e tentativo di
razionalizzazione, vi sia uno scarto: ogni tentativo di razionalizzare la vita
è destinato al fallimento, in quanto la vita è divenire che può essere colto
solo parzialmente dalla ragione. Secondo Nietzsche tutte le visioni del mondo
sono in fondo “giochi” apollinei (razionali), per sopportare il dionisiaco
(l’irrazionalità della vita). E la speranza? La filosofa spagnola Maria
Zambrano (1904-1991) nel libro “Verso un sapere dell’anima” [1991],
(Raffaelleo Cortina Editore, 1996) ritiene che la speranza implichi invece la
generazione continua dell’uomo. Assai diversa dall’illusione. Ella ritiene che
l’uomo debba creare continuamente il proprio essere, perché non lo ha ricevuto
già definito. Scrive Zambrano: «L'animale nasce una volta per tutte,
l'uomo invece non è mai nato del tutto, deve affrontare la fatica di generarsi
di nuovo o sperare di essere generato. La speranza è fame di nascere del tutto,
di portare a compimento ciò che portiamo dentro di noi solo in modo abbozzato.
In questo senso la speranza è la sostanza della nostra vita, il suo fondo
ultimo; grazie a essa siamo figli dei nostri sogni, di ciò che non vediamo e
non possiamo verificare. Affidiamo così il compimento della nostra vita a un
qualcosa che non è ancora, a un’incertezza». La speranza è dunque la «sostanza
della nostra vita», di una vita che non è già segnata né determinata
biologicamente, ma in divenire. L’idea di dover creare il proprio essere è
un’idea bellissima: implica l’attività del soggetto: immaginazione di sé e
lavoro su di sé. A partire dalle caratteristiche personali, dalla possibilità
di intravedere cosa si potrebbe diventare. Mi sembra quindi che la speranza, a
differenza dell’illusione, sia solo rivolta al futuro, e poiché quel futuro ha
radici nel presente – in quanto si cerca di perfezionare ciò su cui si sta già
lavorando –, la speranza non si riduce ad un semplice gioco interpretativo, ma
implica uno sforzo per portare a compimento se stessi. Un’impresa lunga una
vita. Credo che il senso delle parole del Papa sia questo: l’invito a non perdere
la speranza è un invito a non perdere il contatto con la natura specifica di
ciascuno per far nascere ciò che è ancora embrionale, per portare a compimento
la vita senza abbandonarsi all’idea che tutto sia illusione.Un caro saluto,
Alberto
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