Caro professore,
Una volta ho visto il film “Idiocracy” che parlava di
come potrebbe essere la Terra nel futuro se popolata soltanto da idioti. Era
una commedia, certo, ma mi ha fatto ragionare. Nella premessa del film c’erano
due famiglie: una con un Q.I. sopra la media e l’altra con un Q.I. sotto la
media. Tutte e due le famiglie dovevano decidere se fare figli. La prima ci
pensava coscienziosamente, valutando l’ambiente, l’economia..., la seconda non
ci rifletteva su e procreava. Il film spiegava che attraverso queste scelte si
sarebbe deciso il futuro. In un futuro del genere non sarebbero i meritevoli a
guidare, ma gli ignoranti; ma così ci allontaneremmo ancor di più dal governo
ideale di Platone. Mi chiedevo se sarebbe egoistico e sciocco da parte nostra
procreare pur conoscendo le circostanze. E se fosse sbagliato, si potrebbe
porre rimedio? Potremmo evitare un futuro fatto di idiocrazia?Noemi, 4D
Cara Noemi,
A leggere la cronaca politica,
temo che lo spazio di quel futuro sia già (parzialmente) popolato, perché non
sempre persone “meritevoli” occupano ruoli ove occorrono responsabilità,
competenze e onestà. Non ho visto il film, tuttavia la cultura non si trasmette
per via genetica, e non necessariamente i figli di due persone con un Q.I. alto
confermano lo stesso quoziente dei genitori, né segue ineluttabilmente che da
persone con minori capacità nascano figli che non sono in grado di occuparsi
dignitosamente di sé, degli altri o della salute del pianeta. In ognuno di noi
c’è qualcosa di ereditario, ma siamo consapevoli che i fattori ambientali,
l’interazione sociale e il contesto familiare hanno un ruolo considerevole
nella formazione delle scelte e dell’identità di ciascuno. Non solo, ma oggi
sappiamo che il Q.I. non è più in grado di misurare tutta l’intelligenza,
perché questa è proteiforme e non certo univoca. Howard Gardner negli anni ’80
del Novecento parlava già di “intelligenze multiple”, e grazie agli studi
neuroscientifici evidenziava che nel cervello si attivano aree diverse a seconda
delle attività. Robert Sternberg ha considerato invece tre tipi di intelligenza
(analitica, creativa e pratica), mentre lo psicologo americano Daniel Goleman
ha scritto libri sull’intelligenza emotiva, sull’intelligenza sociale e
ultimamente persino sull’intelligenza ecologica. La competenza emotiva
personale (come la sensibilità introspettiva di Freud) e le abilità sociali
(come l’inclinazione relazionale di Gandhi) sono forme di intelligenza
fondamentali nella vita di ciascuno. Quindi, non sarà solo una questione di
Q.I. se il nostro pianeta avrà un futuro, ma dipenderà anche un’altra capacità,
il Q.E., ossia il quoziente emotivo, che tenta di rilevare se una persona è in
grado di rendersi conto dei bisogni e delle condizioni dei propri simili. Purtroppo
vale la pena ricordare che molti dirigenti del Terzo Reich avevano Q.I.
superiori alla media e che molte persone che compiono efferatezze sono
perfettamente capaci di «intendere e di volere», ma, come afferma il filosofo
Umberto Galimberti, sono invece incapaci di «sentire», ossia di immedesimarsi
nell’altro e di provare empatia. Per mettere al mondo dei figli in modo
consapevole credo che non sia necessaria una valutazione esaustiva «dell’ambiente
e dell’economia...». Chi ritiene di avere tutto sotto controllo e che le
previsioni fatte a lunga distanza siano indubitabili, rivela ahimè scarsa
intelligenza, perché nessuno è in grado di considerare tutte le variabili
presenti e future. Si mettono al mondo dei figli perché si crede che ci saranno
nuove possibilità. Se avessero ragionato diversamente in tempi di guerra, non
avremmo avuto le generazioni successive. Dare la vita è un gesto di gratuità e
di fiducia – certamente anche di bisogno – più che di calcolo delle variabili
ambientali e sociali. Sulla stupidità umana – sciaguratamente assai diffusa –
gli antichi raccontavano la storia di Titone (l’ho riletta in James Hilmann, La
forza del carattere, 2001) che aveva chiesto agli dei l’immortalità, ma
essendosi dimenticato di chiedere l’eterna giovinezza, fu esaudito e dovette
invecchiare per l’eternità. Purtroppo, gli uomini chiedono spesso cose
sbagliate. Platone lo sapeva bene, per questo era ossessionato dalla politica,
dall’idea di costruire una società giusta in cui quelli che tu chiami «idioti»
non dovevano essere messi in condizione di danneggiare se stessi e gli altri.Un caro saluto,
Alberto