Caro Professore,
uno dei miei maggiori limiti da
sempre è esternare le mie emozioni. Sono poche le persone che conoscono questo
lato di me, perché tendo a "tenere tutto dentro" e nascondermi
dietro la mia facciata di ragazza allegra e spensierata. In ogni caso, proverò
a porle la mia domanda. Riguarda un pensiero tratto dalla raccolta di pensieri
di Pascal, che Lei ci ha consigliato come lettura per le vacanze natalizie.
Dice: "Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce",
è probabilmente uno dei pensieri più noti di Pascal, ma al di là della sua
valenza filosofica, pensandoci su ho trovato un significato più "immediato".
Come sappiamo, ci sono scelte in cui è meglio seguire la mente, altre in cui si
preferisce seguire il cuore. Ho notato che il mio carattere razionale mi ha
sempre indotta a scegliere la strada indicata dalla "mente",
solo ultimamente mi sto rendendo conto che ascoltando il cuore, avrei preso
decisioni migliori. In conclusione la mia domanda è: Esiste un modo di capire
quale è la "vocina interiore" che è meglio ascoltare? C'è una
strada "giusta" e una "sbagliata", o "tutte
le strade portano a Roma"? La persona che mi ha aperto gli occhi è
stato il mio attuale ragazzo, che ho sempre respinto per ascoltare quello che
la mia parte razionale mi comunicava. Ma ora, a distanza di qualche anno,
ringrazio davvero la me stessa che in un momento di perdizione ha ascoltato il
cuore, perché se non fosse andata così probabilmente non avrei mai conosciuto
la persona a cui, ora come ora, tengo di più. Marta, IV A
Cara Marta,
Dovremmo chiederci quando abbiamo
cominciato a pensare che le emozioni fossero dannose per la vita. Forse quando
abbiamo fatto esperienza della loro intensità, della capacità di farci agire e
reagire, superando i limiti ammissibili per conservare buoni rapporti sociali.
Forse è da un tempo remoto che abbiamo cominciato a diffidare delle emozioni e
a riconoscerne il carattere potenzialmente distruttivo. Sappiamo infatti che è
preferibile decidere a “mente fredda” piuttosto che sotto l’impulso, e che è
meglio stare alla larga dalle “teste calde” così come dalle persone “apatiche”.
Gli antichi conoscevano perfettamente la pericolosità degli eccessi e dei
difetti emotivi e ci hanno insegnato a diffidare di ogni intemperanza
consigliandoci la “giusta misura”. Anche se sappiamo che in preda alle emozioni
non siamo in grado di fornire valutazioni obiettive, non dobbiamo considerare
che ragione ed emozioni siano incompatibili come l’acqua e l’olio. Il
neuroscienziato portoghese Antonio Damasio, ne L’errore di Cartesio
(Adelphi, 1995) ci ha insegnato che emozione e ragione non sono né in conflitto
né rigidamente separate, ma che le emozioni fanno parte del «circuito
della ragione». Esse non sono di intralcio al ragionamento in quanto
contribuiscono al processo del pensiero. Certo, egli ricorda che in alcune
circostanze l’emozione può sostituire la ragione, perché il corpo attiva
rapidamente un «programma di azione emozionale». La paura, ad
esempio, in certe situazioni permette di avvertire
un pericolo e di sottrarsi ad esso prima di aver attivato la ragione stessa.
Scrive pertanto Damasio che «gli esseri viventi possono agire in modo accorto senza dover pensare in modo accorto».
L’evoluzione ha così consentito agli animali e all’uomo di tutelarsi senza
troppa fatica da situazioni che non consentono i tempi distesi della
riflessione. Poiché l’uomo deve essere considerato in maniera unitaria e non
composto da parti irrimediabilmente separate tra loro, Antonio Damasio ha modificato
la famosa e bellissima frase di Blaise Pascal che hai citato in questo modo: «l'organismo ha alcune
ragioni che la ragione deve utilizzare». Infatti, quando dobbiamo prendere una
decisione non solo cerchiamo razionalmente le possibili opzioni e ci
rappresentiamo gli esiti futuri, ma attiviamo parallelamente il riferimento ad
esperienze emozionali simili vissute in passato. Poiché possiamo anche tener
conto di tali esperienze nel processo decisionale, le emozioni ci aiutano a
considerare maggiormente le alternative, dunque contribuiscono al processo di
ragionamento. Ci rendono per così dire più “ragionevoli”, impedendoci di
continuare inesorabilmente in un percorso apparentemente logico, ma sterile. Antonio Damasio sottolinea
efficacemente questo aspetto. Scrive infatti: «Quando l'emozione è
completamente esclusa dal processo del ragionamento, come accade in alcune
patologie neurologiche, la ragione si scopre essere ancor più difettosa di
quando l'emozione si intromette nelle nostre decisioni, giocandoci i suoi tiri
mancini». Allora non è vero che «tutte le strade portano a Roma», ci
sono strade privilegiate e strade sbagliate. “Ascoltare la vocina” significa
accogliere tutte le indicazioni che provengono dal corpo (o dal “cuore”) e
attribuire loro la stessa importanza che riserviamo ai saggi suggerimenti che
ci consentono di assumere più responsabilmente delle decisioni. Più ascoltiamo
la componente del cuore e meno commettiamo errori. In altre parole (dal punto
di vista interpersonale) facciamo soffrire di meno le persone con cui ci
relazioniamo e (dal punto di vista intrapersonale) ci affliggiamo di meno. O,
come nel tuo caso, semplicemente, viviamo meglio. Un caro saluto,
Alberto
Nessun commento:
Posta un commento