Caro professore,
Leggendo le riflessioni di alcuni
ragazzi, sono rimasto colpito da quella intitolata “Il legame che mi manca”[27 ottobre 2016], sia perché suppongo possa
essere significativa per chiunque abbia appena finito il liceo, sia perché
riguarda persone che ho conosciuto e con cui anche io ho legato. Venendo al
punto, Alessandro (l’autore, ex 5A) mette l’accento sull’importanza delle
persone che ha incontrato durante il suo percorso. Tutti abbiamo creato
rapporti più o meno profondi e che saranno più o meno duraturi con compagni e
amici, ma tutti questi legami non sono, in fondo, frutto della casualità? Kierkegaard
ci ha insegnato che di fronte alla scelta proviamo l’angoscia. Ovviamente
questa è dovuta al fatto che tra le infinite possibilità che abbiamo, la
maggior parte di esse deve essere scartata e, a priori, non sappiamo quali
saranno o quali sarebbero potute essere le conseguenze delle nostre azioni. Ma
se tutto questo è vero, allora quale valore hanno i rapporti umani? Mi spiego. Io
(e per io intendo qualunque persona) sono molto legato alla mia famiglia,
ritengo che ogni suo elemento sia importante e mi abbia influenzato. Ma per
quanto io possa voler bene a mio padre o a mia madre, per quanto mi possa
ritenere fortunato, per quanto sia loro grato, tutto sarebbe diverso se fossi
nato in un’altra famiglia. Lo stesso vale per gli amici. Tutte le nostre
amicizie, per quanto possiamo ritenerle valide, per quanto crediamo di averle
volute, sono in realtà frutto del caso. Se fossi finito in un’altra classe quel
primo giorno di scuola di cinque anni fa, probabilmente non conoscerei o non
avrei conosciuto persone che sono state o sono ancora estremamente importanti. Lo
sanno tutti, all’università molto spesso le classi sono da centinaia di
persone. Ho stretto amicizia con alcune di queste e ritengo anche che
diventeranno rilevanti per me ma cosa sarebbe successo se quel giorno fossi
stato in ritardo, come al solito, e mi fossi seduto qualche fila più indietro? Una
decina di mesi fa decisi che era venuto il momento di darsi una svegliata e ho
quindi passato i tre mesi estivi a Dublino. Ho conosciuto persone che sono
diventate fantastici amici e amiche e so bene che è possibile che io non le
riveda mai più. Per questo la partenza è stata dolorosa, per la consapevolezza
di quanto fosse fragile tutto ciò che si era costruito. Sono tornato, ho
sofferto, pianto e anche in parte dimenticato. Ho perso qualcosa là e ho perso
qualcosa qua. Ma se quel giorno, invece che decidere di partire, avessi deciso
di restare, come sarebbe andata? In fondo è stata una scelta abbastanza
istintiva e poco ragionata… Con tutto ciò non voglio lasciar intendere di non
essere legato alle persone che conosco, tutt’altro. Ritengo che tutti siano
importantissimi per me, nel bene o nel male. In fondo, legarsi a qualcuno
significa modificare innanzitutto se stessi ed è questo che dona ai nostri
conoscenti qualcosa di speciale e unico. Al contempo però, la mia vita, per
quanto diversa, sarebbe comunque andata avanti se finora non avessi intrecciato
legami con nessuna delle persone che conosco. Questo, credo, è ciò che in fondo
genera angoscia, ciò che ci fa stare svegli la notte, ciò che ci fa soffrire
più di tante altre cose. Quindi, quale valore hanno i rapporti umani? Non sono
dunque le persone tutte molto simili? Esistono persone “uniche”? Che fine ha
fatto l’eccezionalità dei legami sentimentali? Quanto e in che modo saremmo
diversi se certi insignificanti eventi del tutto casuali non fossero avvenuti? Grazie
per l’attenzione.Giovanni, ex VB
Caro Giovanni,
Dagli incontri casuali nascono
relazioni più o meno significative per la vita di ciascuno. Ognuno è “gettato” nella vita, in una famiglia e
in un periodo storico che non ha scelto, ma è a partire da queste condizioni che
si forma un’idea di sé e di ciò che è rilevante per la sua vita. L’esistenza è
fatta di incontri casuali: la classe in cui hai conosciuto i tuoi compagni, il luogo
di studio, di lavoro, la città in cui deciderai di vivere. La letteratura ti ha
narrato i sentimenti, il cinema ti ha mostrato i volti e l’andamento della sofferenza, la separazione fisica ti ha fatto fare esperienza reale del
dolore causato dalla rottura di un legame. Soffriamo, perché senza legami la nostra identità
non esiste. L’altro è sempre “altro generico”, pura possibilità,
fino a quando con esso non instauri una relazione. Saranno il
tempo e le frequentazioni ad avvicinare o allontanare alcune persone da te, in
base alla gerarchia dei valori di riferimento e alle scelte di vita che
riterrete significative. Poiché hai vissuto la forza e la bellezza di un'amicizia,
hai avvertito che ciascun uomo può essere autentico in molti modi, in molti luoghi
e con persone diverse. Che la vita si può dischiudere in mille rivoli.
L’unicità è però sempre legata a bisogni consapevoli e inconsci: la persona diventerà
esclusiva se ad essa deciderai di aprirti, e sarà tale se avrà la capacità di
far emergere da te ciò che tu da solo non sei in grado di sondare. Socrate non
ha imparato le cose dell’amore da sé. Le ha apprese da una donna, Diotima di
Mantinea. Non siamo autosufficienti e la nostra vita è data dalle aperture che
scegliamo di accogliere e dalle strade che decidiamo di seguire. Gli altri ti
offrono la possibilità, tu decidi il tuo modo
di stare al mondo. Hai vissuto la meraviglia e l’ebbrezza dell’unicità e della
fragilità della vita. Il “timore e il tremore”
di dover decidere di te.Un caro saluto,
Alberto
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