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Cor-rispondenze

lunedì 14 novembre 2016

Il secondo autogrill


 
Caro professore,
quest’estate ero in macchina con mio padre e mia sorella, stavamo andando a Genova a prendere la nave per iniziare la vacanza in Sardegna. Dopo circa mezz’ora di macchina mia sorella ha iniziato a dire che aveva bisogno del bagno e che dovevamo fermarci al più presto. Il primo autogrill che abbiamo visto l’abbiamo superato, perché non ci siamo accorti in tempo. Ci siamo fermati a quello dopo. Mio papà e mia sorella sono scesi e io sono rimasta dentro la macchina e ho attivato il blocco esterno. Quando sono tornati non potevano salire e io, da dentro, facevo finta di non vederli, ridevo e non aprivo…quando sono risaliti siamo partiti e alla prima curva la macchina davanti a noi ha sbandato e si è rovesciata. La mia macchina era qualche metro indietro e si è fermata in tempo, in modo da non schiantarsi contro. Abbiamo aspettato l’arrivo dei soccorsi e quando hanno tirato la donna fuori dall’auto siamo ripartiti. Per tutto il viaggio, fino al traghetto, io, mio papà e mia sorella non abbiamo detto una parola…sapevamo di essere stati fortunati perché non ci era successo niente e quella donna della quale non abbiamo avuto più notizie, invece, probabilmente era in coma. Ripensandoci a mente lucida mi sono resa conto della fortuna che ho avuto. Se mia sorella non si fosse fermata all’autogrill, se io non avessi fatto la stupida impedendole di rientrare in macchina, se ci fossimo fermati al primo autogrill e non al secondo, se mio padre non avesse frenato in tempo, forse la mia macchina si sarebbe ribaltata insieme all’altra e probabilmente non sarei mai andata in vacanza in Sardegna. Esiste un destino, esistono le coincidenze o è solo fortuna?
Marianna, 1alfa
 
 
Cara Marianna,
Lo scrittore Caudio Magris ne L’infinito viaggiare, paragonando l’epica alla vita, scrive che «Come la vita stessa, l'epica è un tappeto, incrociarsi e disfarsi di destini come fili di diverso colore, eventi, figure e personaggi tessuti e dissolti dal tempo, dal caso, da Dio, da inesorabili necessità o fortuite coincidenze, egualmente vissute, godute e sofferte con passione». L’epica e la vita sono equiparati a grandi tappeti che intrecciano fili, mescolano colori e producono forme irripetibili combinando intenzionalità e coincidenze fortuite. Alcuni fili si interrompono nella trama, altri attraversano per tutta la lunghezza il tappeto. Quante volte ci siamo detti: se non avessi incontrato quella persona all’Università, se non fossi andato al mare a luglio, se avessi studiato inglese, se avessi imparato a suonare il violino. Ma ogni azione intrapresa ha fissato un nodo nel tappeto della vita. A volte le situazioni sono positive, a volte negative, ma non c’è un destino. Non possediamo la trama, perché la trama si genera nel tempo. Il filo si origina in noi come la bava nel ragno, attraversa il caos del mondo, incontra ostacoli, indietreggia o avanza, a volte si aggroviglia e talvolta si strappa. Non esiste alcun destino tracciato, esistono solo circostanze vantaggiose o sfavorevoli. Quando rifletti sul fatto che sei stata fortunata ad evitare per pochi minuti di essere coinvolta in un incidente, consideri il tuo comportamento come una variabile (una possibilità) e l’evento sfortunato come inevitabile (una necessità). In realtà si tratta di due possibilità che potevano o meno accadere: la tua famiglia poteva fermarsi o proseguire il viaggio, l’incidente poteva capitare oppure no. Poiché consideri l’incidente come una necessità, ti rapporti ad esso in funzione del tempo che ti ha separato dal pericolo. Ma l’infortunio della donna sarebbe potuto avvenire prima o più tardi o sarebbe potuto anche non accadere; anche la signora si sarebbe potuta fermare all’autogrill e magari per più tempo di te. Se avesse tardato di qualche minuto saresti stata coinvolta anche tu nell’incidente e avresti pensato: se non avessimo fatto quella sosta. Ma le circostanze sono casuali, senza intenzionalità, dipendono da quel farsi e disfarsi dell’ordito della vita e dalla complessità degli eventi. Vorrei anche ricordarti, tuttavia, che non esiste un destino ineluttabile neppure nella nostra vita. Ci sono inevitabilmente condizionamenti, a volte pesantissimi: dalla genetica alle malattie, dall’ambiente sociale e familiare alla cultura di appartenenza. Ma nulla ci deresponsabilizza mai completamente. In Libertà, grazia, destino [1948] (Morcelliana, 2000), il teologo e scrittore tedesco, ma di origini italiane, Romano Guardini afferma che c’è un modo in cui potremmo essere imbrigliati dalla nostra natura, ed è quello di non determinare le nostre scelte. Facendo riferimento all’Es, la parte pulsionale della personalità, che per Freud opera in funzione del principio del piacere, Guardini scrive che: «Il destino è un Es. Anzi è l'Es, semplicemente. Quando l'uomo dice involontariamente Es, egli intende il destino e l'abbandonarsi a quel potere, che non conosce né giustizia, né saggezza, né rispetto, né bontà». Forse in questo caso c’è destino. Se il nostro percorso è determinato dagli impulsi, allora viene meno la nostra autonomia. Le scelte dell’uomo maturo vanno però in direzione opposta all’inerzia della natura. Hanno a che fare con la libertà del soggetto. E dalla libertà discende la responsabilità: anche quella di dover dare un senso ai vari eventi che ci accadono.
Un caro saluto,
Alberto

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