Caro professore,
quest’estate ero in macchina con mio padre e mia sorella, stavamo
andando a Genova a prendere la nave per iniziare la vacanza in Sardegna. Dopo
circa mezz’ora di macchina mia sorella ha iniziato a dire che aveva bisogno del
bagno e che dovevamo fermarci al più presto. Il primo autogrill che abbiamo
visto l’abbiamo superato, perché non ci siamo accorti in tempo. Ci siamo
fermati a quello dopo. Mio papà e mia sorella sono scesi e io sono rimasta
dentro la macchina e ho attivato il blocco esterno. Quando sono tornati non
potevano salire e io, da dentro, facevo finta di non vederli, ridevo e non
aprivo…quando sono risaliti siamo partiti e alla prima curva la macchina
davanti a noi ha sbandato e si è rovesciata. La mia macchina era qualche metro
indietro e si è fermata in tempo, in modo da non schiantarsi contro. Abbiamo
aspettato l’arrivo dei soccorsi e quando hanno tirato la donna fuori dall’auto
siamo ripartiti. Per tutto il viaggio, fino al traghetto, io, mio papà e mia
sorella non abbiamo detto una parola…sapevamo di essere stati fortunati perché
non ci era successo niente e quella donna della quale non abbiamo avuto più
notizie, invece, probabilmente era in coma. Ripensandoci a mente lucida mi sono
resa conto della fortuna che ho avuto. Se mia sorella non si fosse fermata
all’autogrill, se io non avessi fatto la stupida impedendole di rientrare in
macchina, se ci fossimo fermati al primo autogrill e non al secondo, se mio
padre non avesse frenato in tempo, forse la mia macchina si sarebbe ribaltata
insieme all’altra e probabilmente non sarei mai andata in vacanza in Sardegna.
Esiste un destino, esistono le coincidenze o è solo fortuna?
Marianna, 1alfa
Cara Marianna,
Lo scrittore Caudio Magris ne L’infinito viaggiare, paragonando
l’epica alla vita, scrive che «Come la
vita stessa, l'epica è un tappeto, incrociarsi e disfarsi di destini come fili
di diverso colore, eventi, figure e personaggi tessuti e dissolti dal tempo,
dal caso, da Dio, da inesorabili necessità o fortuite coincidenze, egualmente
vissute, godute e sofferte con passione». L’epica e la vita sono equiparati
a grandi tappeti che intrecciano fili, mescolano colori e producono forme irripetibili
combinando intenzionalità e coincidenze fortuite. Alcuni fili si interrompono
nella trama, altri attraversano per tutta la lunghezza il tappeto. Quante volte
ci siamo detti: se non avessi incontrato quella persona all’Università, se non
fossi andato al mare a luglio, se avessi studiato inglese, se avessi imparato a
suonare il violino. Ma ogni azione intrapresa ha fissato un nodo nel tappeto
della vita. A volte le situazioni sono positive, a volte negative, ma non c’è
un destino. Non possediamo la trama, perché la trama si genera nel tempo. Il
filo si origina in noi come la bava nel ragno, attraversa il caos del mondo,
incontra ostacoli, indietreggia o avanza, a volte si aggroviglia e talvolta si
strappa. Non esiste alcun destino tracciato, esistono solo circostanze
vantaggiose o sfavorevoli. Quando rifletti sul fatto che sei stata fortunata ad
evitare per pochi minuti di essere coinvolta in un incidente, consideri il tuo
comportamento come una variabile (una possibilità) e l’evento sfortunato come inevitabile
(una necessità). In realtà si tratta di due possibilità che potevano o meno
accadere: la tua famiglia poteva fermarsi o proseguire il viaggio, l’incidente
poteva capitare oppure no. Poiché consideri l’incidente come una necessità, ti rapporti
ad esso in funzione del tempo che ti ha separato dal pericolo. Ma l’infortunio
della donna sarebbe potuto avvenire prima o più tardi o sarebbe potuto anche
non accadere; anche la signora si sarebbe potuta fermare all’autogrill e magari
per più tempo di te. Se avesse tardato di qualche minuto saresti stata coinvolta
anche tu nell’incidente e avresti pensato: se non avessimo fatto quella sosta.
Ma le circostanze sono casuali, senza intenzionalità, dipendono da quel farsi e
disfarsi dell’ordito della vita e dalla complessità degli eventi. Vorrei anche
ricordarti, tuttavia, che non esiste un destino ineluttabile neppure nella
nostra vita. Ci sono inevitabilmente condizionamenti, a volte pesantissimi:
dalla genetica alle malattie, dall’ambiente sociale e familiare alla cultura di
appartenenza. Ma nulla ci deresponsabilizza mai completamente. In Libertà, grazia, destino [1948] (Morcelliana,
2000), il teologo e scrittore tedesco, ma di origini italiane, Romano Guardini
afferma che c’è un modo in cui potremmo essere imbrigliati dalla nostra natura,
ed è quello di non determinare le nostre scelte. Facendo riferimento all’Es, la
parte pulsionale della personalità, che per Freud opera in funzione del
principio del piacere, Guardini scrive che: «Il destino è un Es. Anzi è l'Es, semplicemente. Quando l'uomo dice
involontariamente Es, egli intende il destino e l'abbandonarsi a quel potere,
che non conosce né giustizia, né saggezza, né rispetto, né bontà». Forse in
questo caso c’è destino. Se il nostro
percorso è determinato dagli impulsi, allora viene meno la nostra autonomia. Le
scelte dell’uomo maturo vanno però in direzione opposta all’inerzia della
natura. Hanno a che fare con la libertà del soggetto. E dalla libertà discende
la responsabilità: anche quella di dover dare un senso ai vari eventi che ci
accadono.
Un caro saluto,
Alberto
Nessun commento:
Posta un commento