Caro professore,
non le è mai capitato
di aver paura di dimenticare? A me capita spesso, infatti tendo a mettere i
vari ricordi per iscritto per paura che con il passare del tempo possa
dimenticare i molti momenti della mia vita ormai passata. Fin da piccola ho
sempre scritto, alle elementari mi ricordo che le mie amichette avevano tutte
un “diario dei segreti” dove scrivevano i nomi dei vari fidanzatini, io no, ho
sempre avuto un diario, tuttora ce l'ho, ma è sempre stato come una specie di
“diario dei giorni”, scrivevo, e scrivo cosa mi capita, cosa faccio nel giorno
e commento tutto ciò perché penso che, quando sarò vecchia, magari sistemando
le scatole in cantina io possa ritrovarli e ricordarmi cosa facevo quando ero
adolescente… è una specie di aiuto per la mia memoria. Non voglio dimenticare,
i ricordi sono fondamentali, non voglio dimenticare i miei amici, tutte le
risate fatte con loro (a grandi linee), le gite, le stupidaggini, perché ci
sono anche quelle, non voglio dimenticare le maestre e i prof. incontrati nel mio
percorso di studi, le vacanze, neppure le tristezze e i dolori, perché grazie a
quelli ho imparato a rialzarmi dopo essere caduta, non voglio dimenticare
neppure il primo giorno di asilo, che per ora è uno dei ricordi più nitidi che
ho, quando non mi staccavo dalle gambe di mia madre, non voglio dimenticare i
bei momenti passati in famiglia, né tutto il resto. Ora so che è impossibile
ricordare tutto, ma vorrei davvero ricordarmi delle cose più importanti. Ecco
perché dimenticare è la mia paura più grande, ho troppe cose da perdere.
Toglietemi tutto, ma non la memoria! E lei, cosa ne pensa? si ricorda degli
avvenimenti della sua infanzia, del suo passato? Mi farebbe molto piacere se mi
rispondesse, comunque grazie per aver prestato attenzione!
Sofia, 1 alfa
Cara Sofia,
Le foto del mio passato non sono moltissime – un tempo c’era
una misura anche nel fotografare –, tuttavia a me sembrano sufficienti per attivare
l’immaginazione e la memoria. Inoltre, in questo periodo, il puzzle dei miei ricordi
è integrato dalle foto d’infanzia che ricevo dai coetanei che mi ricordano un’imminente
festa dei cinquant’anni. Quando ho lasciato il mio paese d’origine, dovevo
decidere cosa portare con me e cosa lasciare. Nel mio garage avevo un po’ di
tutto: ho trovato persino il cappello di un curioso colore arancio di quando,
in qualche festa di carnevale, mi ero vestito da cowboy. Mia mamma, per
fortuna, ha conservato diligentemente i miei quaderni della scuola elementare. Non
li ho ancora letti tutti, ma li ho portati con me. So che sono lì e che li
aprirò pian piano, forse insieme a mio figlio, per sorridere con lui di qualche
disegno o di qualche pensiero buffo. Li custodisco un po’ come si conservano i
vini per le grandi occasioni; poiché mi commuovo facilmente, li considero una
riserva di emozioni; li sfoglierò gradualmente per rivivere la mia storia con
la mia famiglia, per sentirmi contemporaneamente figlio e padre, bambino e
adulto. Quando frequentavo la scuola media un amico ed io avevamo pattuito di enumerare
tutte le cose buffe che combinavamo nella giornata, ma poiché la scrittura non
stava dietro alla nostra esuberanza, l’avventura si è presto esaurita. Conservo
i diari scolastici, in cui attaccavo un po’ di tutto e qualche volta scrivevo
anche i compiti. Poi, nel periodo dell’adolescenza, in un momento di saggezza, ho
deciso di registrare la storia dei miei genitori: mio papà era nato nel 1920,
mia mamma nel 1933. Alcune cassette le ho riguardate, altri nastri sono ancora
lì, con la loro voce. Sono emozioni troppo forti e importanti, ma so che ci
sarà un tempo anche per quell’ascolto. Credo che la paura di dimenticare coincida
con la paura di perdere l’identità, di non sapere più chi siamo e da chi
proveniamo. Certo, più si va indietro nel tempo più la nostra conoscenza sfuma
fino a perdersi in una nebbia impenetrabile. L’origine più lontana ci sfugge,
in ogni caso non è a nostra disposizione. Per questo puoi dire giustamente : «Toglietemi tutto, ma non la memoria!», perché
nessuno vuole perdere la derivazione più prossima che lo costituisce. Sarà che
la vita è un po’ complicata e per tentare di comprenderla dobbiamo avere molti
elementi a disposizione. Col passare degli anni, probabilmente, al desiderio di
non dimenticare se ne affiancherà un altro: quello di «cogliere il movimento della tua vita». Così, il tuo diario si
trasformerà in autobiografia. Ora hai bisogno di raccogliere storie ed emozioni
per non scordare; in futuro avrai bisogno anche di intravedere un percorso.
Capire chi sei diventata e non solo rammentare ciò che sei stata. Per capire il
movimento percorrerai a ritroso i luoghi in cui avrai viaggiato e le storie che
si saranno generate nel tuo cammino. Forse gli appunti del diario sono come i
sassolini che Pollicino seminava per la strada dietro di sé o come le briciole
di pane lasciate da Hänsel e Gretel. A noi serviranno non per tornare indietro
o a casa; ma perché, unendo i punti del nostro viaggio, ci faremo un’idea di
quello che siamo diventati. Cogliere il movimento della propria vita sarà più
interessante della rievocazione dei singoli istanti. La prospettiva renderà più
chiara la tua identità. Forse perché l’identità non è mai data all’origine, ma è
il risultato di una traversata: nel mondo della vita e delle relazioni.
Un caro saluto,
Alberto
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