Caro professore,
spesso, durante la mia
vita ho sentito, come altre persone, il desiderio di ritornare, almeno per
qualche ora nel luogo, nel paese in cui sono nato. Lo so, questa domanda può
sembrare strana, ma che cos’è il patriottismo? Perché quando ci allontaniamo
dal luogo in cui viviamo o in cui siamo nati avvertiamo sempre un sentimento, o
meglio una voglia, di ritornare? Cosa ci spinge a farlo, c’è forse una forza
nel nostro cuore che, come l’amore, ci spinge a fare determinate cose? Perché
siamo così legati ad un luogo fisico a tal punto da difenderlo, desiderarlo ed
amarlo?
Benoit, 3H
Caro Benoit,
Il patriottismo richiama da una parte la patria (il luogo dei
nostri antenati e in cui siamo nati e della comunità che ci ha plasmato) e un
patriota (il soggetto che prova un forte legame con un certo territorio). C’è
dunque un rapporto: tra un soggetto e un luogo, un legame che anche a distanza
di chilometri non si esaurisce. È curioso che tu abbia evocato il patriottismo,
un sentimento maggiormente presente in altri tempi. Un amore per il luogo natìo
che ricorda – per noi italiani – i sentimenti di lealtà e le azioni degli
uomini del Risorgimento che si sono spesi con gli scritti e con la vita per
un’idea di unificazione; o, dopo la seconda guerra mondiale, la passione che ha
dato vita alla resistenza contro l’esercito tedesco che occupava il territorio.
Non so se il sentimento che avverti sia patriottico o nostalgico (patriotique ou nostalgique), ma è vero
che quando l’attaccamento è molto forte si è persino disposti a difendere il
proprio paese d’origine, come per un senso di lealtà verso ciò che è patrio, come per un senso di fedeltà al padre. Forse vivi in un luogo che non
senti ancora tuo: la tua patria originaria è la Francia, che in fondo non è
lontana dal Piemonte, regione in cui vivi, ma questo non importa, perché anche
chi si trasferisce all’interno di uno stesso Stato può avvertire un’analoga
forma di straniamento che lo porta a sentirsi “confuso”. Ai direttori degli
alberghi capita frequentemente questa singolare esperienza: dovendo aiutare i
clienti che si rivolgono alla reception
in cerca di orientamento, essi devono rassicurarli sul paese o sulla città in
cui si trovano in un certo momento. L’instabilità fisica turba le persone e le fa
sentire smarrite. Ci vuole tempo per creare dei legami: questa regola, che vale
per le amicizie, vale anche per i luoghi. Il paese natìo rassicura, perché
abbiamo la certezza che là riusciremo a raccapezzarci in ogni momento e che non
perderemo i nostri riferimenti. Per questo proviamo nostalgia per un certo
luogo. La parola nostalgia è tuttavia una parola relativamente recente. In un
bel libro, “Nostalgia. Storia di un
sentimento” (Raffaello Cortina Editore, 1992), Antonio Prete narra di un
giovane studente di medicina, Johannes Hofer, che in una Dissertazione presentata all'Università di Basilea nel 1688,
combinando le voci della lingua greca “nóstos”
(ritorno) e “álgos” (dolore), creò il
termine di questa nuova patologia: la nostalgia. Questa particolare condizione era
stata catalogata tra le malattie fisiche ed era considerata persino mortale. Jean
Jacques Rousseau in una lettera del 1763 scrive: «C'è in Svizzera una celebre aria popolare di montagna (ranz-des-vaches)
che i pastori suonano con i loro corni facendo risuonare tutt’intorno le
montagne. Questo motivo, che in sé è poca cosa, ma che fa venire in mente agli
svizzeri mille pensieri relativi al paese natio, fa versare fiumi di lacrime
quando lo si ascolta in terra straniera. Ha fatto morir di dolore così tanti
che per ordinanza del Re è stato proibito tra le truppe svizzere». E il
medico Philip Pinel nell’Encyclopédie
Métodique Médecine riferisce che gli ufficiali erano costretti a congedare
coloro che erano affetti da questa malattia, per evitare che il contagio si diffondesse
tra i militari: «ogni soldato che si è
gravemente colpito deve essere congedato prima che uno dei suoi organi sia
irrimediabilmente leso». Se in passato la nostalgia segnalava persino una
malattia fisica, oggi rappresenta un insieme di sentimenti che sono analizzati
a fondo dalla sociologia alla letteratura. Il sociologo tedesco Hartmut Rosa (“Accelerazione e alienazione”, Einaudi
2015), esaminando le forme di alienazione del nostro tempo ha introdotto il
concetto di «alienazione dallo spazio»,
che si connette proprio al rapporto tra “soggetto e territorio” a cui facevamo
riferimento all’inizio. Poiché gli uomini percepiscono se stessi come «spazialmente collocati» hanno bisogno di
creare un’intimità non solo con le persone, ma anche con i luoghi. Per stare
bene occorre pertanto prendere confidenza sia con i nuovi conoscenti sia con il
nuovo territorio. Anche un paese nuovo può diventare gradualmente parte di noi
e ci può offrire quel calore necessario che ci fa sentire accolti e ci orienta.
Un caro saluto,
Alberto
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