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Cor-rispondenze

lunedì 5 febbraio 2018

La religione unisce o separa?

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Caro professore,
In seguito a quello che sta succedendo in questo periodo nel mondo, un argomento su cui sorge spontaneo riflettere è la religione. La religione unisce o separa? Non è facile capirlo. Ho molti amici che frequentano oratori e parrocchie, che quindi vengono a contatto e hanno la possibilità di legare nel contesto della Chiesa. Personalmente, non vado molto spesso a messa e non sono legato a tale ambiente. Tuttavia, questo non fa di me un non credente. Anch’io ho modo di pregare sebbene non frequenti molto la parrocchia. La Giornata Mondiale della Gioventù a Cracovia in Polonia ha riunito tantissimi ragazzi in quella che è stata una grande festa nel nome di Cristo: pregare, divertirsi e socializzare. Un’occasione del genere ha certamente avuto come conseguenza quella di avvicinare tra loro i cattolici, appunto “unire”. Grazie a questi punti di ritrovo, si crea vicinanza ed aggregazione, però solo tra persone appartenenti allo stesso credo. Le religioni differenti sono invece spesso fonte di allontanamento e contrasto tra le persone: al giorno d’oggi vediamo come i più radicati ed estremisti della religione musulmana si siano uniti nella causa contro i cristiani, provocando (purtroppo sempre più frequentemente) attentati nelle principali città europee o vere e proprie guerre civili in Medio Oriente. Si ripropone quindi la domanda iniziale: come sarebbe il mondo se non ci fossero religioni? I popoli sarebbero forse più uniti?
Andrea, 5h


Caro Andrea,
Chiedersi quanto le religioni uniscano o dividano, in mancanza di studi risolutivi, può sollecitare i sostenitori di una fazione o dell’altra. Le religioni hanno dimostrato sia di unire sia di dividere. Storici e filosofi hanno spesso sottolineato come le vicende più cruente dei rapporti tra gli uomini siano state esasperate anche dalle tensioni religiose. Nella storia dell’Occidente conosciamo bene le guerre di religione: forse le più note sono, a partire dalla Riforma protestante, quelle che sono avvenute in Francia nel XVI secolo e la guerra dei Trent’anni in Europa (1618-1648). Se questa eredità è dolorosamente presente, è altrettanto vero che la religione può unire; in nome della fede, infatti, moltissime persone si sono dedicate e si dedicano al prossimo a tutti i livelli: dall’educazione alla cura dei malati, dalla tutela dei diritti alla salvaguardia della dignità umana. Lo scrittore marocchino Tahar Ben Jelloun, spiegando alla figlia di dieci anni alcune questioni sul razzismo, fa confluire nei suoi ragionamenti anche l’argomento religioso delle guerre di religione. Seguiamo il suo percorso: «Ma, babbo, un giorno mi hai detto che il Corano è contro il razzismo.» «Sì, il Corano, come il Vangelo e la Thorà. Tutti i libri sacri sono contro il razzismo. Il Corano dice che gli uomini sono tutti uguali davanti a Dio e sono differenti secondo l'intensità della loro fede. Nella Thorà si dice: "...se uno straniero viene a stare con te, non recargli molestia, sarà per te come uno dei tuoi compatrioti... e tu l'amerai come te stesso"; la Bibbia insiste sul rispetto del prossimo, cioè di qualsiasi altro essere umano, sia esso il tuo vicino, tuo fratello o uno straniero. Nel Nuovo Testamento è detto: "Vi ordino di amarvi l'un l'altro". Tutte le religioni predicano la pace tra gli uomini» (“Il razzismo spiegato a mia figlia”, Bompiani 2010). Ora, sembra che in ogni religione ci siano abbondanti riferimenti alla pace. Forse la questione della violenza deve essere indagata ad un livello più profondo e non può essere ridotta esclusivamente all’intolleranza religiosa. Persino Richard Dawkins, un etologo fortemente critico nei confronti della religione, sa bene questo e scrive: «Non nego che la forte tendenza dell’umanità a essere fedele al proprio gruppo e ostile ai gruppi esterni esisterebbe anche senza la religione». Uno specialista come Steven Pinker, professore di psicologia all'Università di Harvard, in un complesso studio sulla violenza (“Il declino della violenza”, Mondadori 2013) afferma che genocidi e guerre sono esistiti anche indipendentemente dalle religioni. Facendo riferimento agli studi sui massacri avvenuti nella storia, egli ricorda che gli studiosi Frank Chalk e Kurt Jonassohn hanno dichiarato nella loro “Storia e sociologia del genocidio” che: «Il genocidio è stato praticato in tutte le regioni del mondo e in tutti i periodi della storia». Anche il professore di Scienze politiche Rudolph Joseph Rummel, noto per i suoi studi sulle violenze di massa e per aver coniato il termine “democidio”, è arrivato alla seguente conclusione: «che imperatori, re, sultani, khan, presidenti, governatori, generali e simili altri capi abbiano commesso omicidio di massa contro i loro stessi sudditi e cittadini o contro coloro che erano sotto il loro controllo o protezione, fa parte (e in modo molto rilevante) della nostra storia». La tendenza alla violenza ha dunque molte ragioni: spesso chi ha potere uccide per eliminare una minaccia reale o percepita, per diffondere il terrore tra i nemici, per acquisire ricchezze economiche o per imporre la propria ideologia. La fede - ossia la fiducia dell’uomo nella trascendenza – in sé non è pericolosa, sono piuttosto gli uomini esaltati ad esserlo perché, mascherando il loro desiderio di potere e strumentalizzando la fede, si riducono a compiere azioni rovinose per la collettività.
Un caro saluto,
Alberto

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