Caro professore,
Nella mia breve vita
ho sempre ricevuto tanti giudizi ed ho sempre sentito giudicare. Una tipica
frase detta è la seguente: «è davvero una bella persona», tuttavia non capisco
come si possa giungere ad una tale conclusione. Quando una persona è una bella
persona? È davvero necessario determinarlo? Domando anche come mai noi stessi
ci facciamo sempre influenzare da questo giudizio, anche perché sinceramente
non credo che esso possa cambiarci la vita. Quando una persona è bella?
Claudia, II Beta
Cara Claudia,
Effettivamente siamo abituati a dire di qualcuno: «è un bel
ragazzo» o «è una bella ragazza», facendo riferimento alle caratteristiche
fisiche più appariscenti, ai lineamenti armoniosi. Quando affermiamo pertanto che
un tale è, in generale, una «bella persona»,
evidentemente intendiamo qualcosa di più rispetto alla bellezza esteriore così immediatamente
riconoscibile. E soprattutto qualcosa di diverso. Anche perché un ragazzo o una
ragazza (un uomo o una donna) possono essere estremamente affascinanti nei loro
tratti superficiali, ma non è detto che possiedano ulteriori qualità. E anche
se il grande Cicerone nel De Oratore (55
a. C.) scriveva che: «imago animi vultus,
indices oculi», «specchio dell’animo
è il volto e gli occhi ne sono gli interpreti», purtroppo la storia ci
insegna che non sempre tra l’animo della persona e il suo volto la
corrispondenza è così evidente. Sembra talvolta che la correlazione sia assente
o che vi sia piuttosto una forte discrepanza tra i due elementi. Seneca, nelle Lettere a Lucilio (62-65 d. C.), rivolgendosi
al suo caro amico gli raccontava questa storiella: «Cratete, […], vedendo un
ragazzo che passeggiava in luogo appartato, gli domandò che cosa facesse lì da
solo. “Parlo con me stesso”, rispose. E Cratete replicò: “Mi raccomando, fa’ molta attenzione: stai
parlando con un cattivo soggetto”». In questo caso la bellezza non è più
riferita a ciò che appare alla vista, ma ad una struttura recondita dell’animo
umano. Così, i cattivi soggetti sono equiparati
a brutte persone per qualità che di
solito definiamo interiori e sostanziali. Tra i libri – di cui ho memoria – che
più hanno cercato di segnare la differenza tra persone belle e brutte, mi
vengono in mente molte opere di storia, soprattutto
biografie. E in particolare quelle di Adolf Eichmann e Giorgio Perlasca. La
filosofa Hannah Arendt ha scritto sulla vita del primo un libro che si intitola
La banalità del male (1963), lo
storico Enrico Deaglio ha scritto sulla storia del secondo La banalità del bene (1991). Ho rivisto più volte, anche con i ragazzi
a scuola, il processo ad Eichmann a Gerusalemme nel 1961 in una versione di
sintesi delle registrazioni originali. Ho visto il generale delle SS
invecchiato e con un incedere in declino; l’ho visto incanutito e debole muoversi
a scatti; il volto sfiorito e debilitato suscitava anche tenerezza. Ma
conoscendo l’impegno profuso nella caccia agli ebrei e avendo letto interviste
rilasciate a giornalisti neonazisti, rese note dopo la sua morte, sono indotto a
pensare che sia stata una brutta persona,
perché per tutta la vita ha abbracciato idee malvagie ed è rimasto insensibile
al dolore degli altri, empaticamente anestetizzato verso l’essere umano.
Rimango incantato invece da Giorgio Perlasca, commerciante di carne, che
durante la seconda guerra mondiale, a Budapest, invece di pensare a se stesso
ha salvato migliaia di persone fingendosi un diplomatico spagnolo. Ogni giorno
ha corso il rischio di essere scoperto e ucciso e ogni giorno ha rinnovato il
suo impegno per salvare delle vite. E quando gli chiesero perché aveva agito in
modo così altruistico, invece di salvare esclusivamente se stesso, egli ha
semplicemente risposto: «lei cosa avrebbe
fatto al mio posto?», sottintendendo che scegliere il bene – la vita di persone
innocenti – era già una ragione ampiamente sufficiente. Naturalmente questi
sono esempi emblematici, ma la bellezza della persona è data dalla
corrispondenza tra principi sani e azione. Non basta la coerenza tra idee e comportamenti,
perché le convinzioni possono anche essere immorali e la conformità ad esse non
sarebbe certo opportuna. Ma ci sono uomini e donne che nonostante la fragilità
della vita, le pressioni e le influenze a cui sono sottoposti, riescono a tenere
salda la rotta nell’oceano in tempesta, quando non è affatto chiaro se vincerà il
mare o la nave. Sono persone che fanno corrispondere a valori positivi e
altruistici atti conseguenti. Anche quando la vita li colpisce aspramente
riescono a far primeggiare ragioni e valori socialmente buoni. Allora una
persona è bella se la sua azione è tesa al bene, perché il bene non si
identifica necessariamente con ciò che è conveniente; una persona è bella
quando i comportamenti che scaturiscono dal suo agire sono coerenti con il rispetto
di sé e degli altri. È necessario utilizzare tale connotazione? Io penso di sì.
E se dovessi dare a te – e a me – un consiglio per vivere bene, prenderei a
prestito le parole di Seneca e ti direi: “Mi
raccomando, fa’ molta attenzione: circondati di belle persone. Ma ancora di
più: sii tu una bella persona”.
Un caro saluto,
Alberto
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