Oggi conosciamo tutte le opere di Platone (più di trenta), ma per tutto il Trecento quelle disponibili in latino si contano sulle dita di una mano: il “Timeo”, che parla dell’origine e della struttura del cosmo, in cui viene introdotta la figura del Demiurgo, una sorta di dio che non crea il mondo dal nulla, ma plasma una materia preesistente, dando forma al caos; il “Fedone”, in cui sono contenute tre prove dell’immortalità dell’anima e la narrazione degli ultimi istanti della vita di Socrate; e il “Menone”, che presenta la celebre teoria dell’ “anamnesi”, ossia della conoscenza come ricordo. In tutte queste opere vi sono riferimenti precisi ad una realtà eterna, sottratta al fluire del tempo, a cui è dato il nome di “psyché”, “anima”. Il mondo greco intende con tale parola la parte razionale dell’uomo in grado di giungere a conoscere alcuni elementi senza tempo, come ad esempio gli oggetti della matematica, e proprio per la somiglianza con tali entità considera che sia un’unità immortale inserita in un corpo caduco. Molti anni dopo, sia nel mondo greco – con il genio di Plotino nel III sec. d.C. – sia in quello cristiano, quella componente immateriale è considerata una realtà intermedia tra tutto ciò che esiste. Si pensa che se si potesse fare una sorta di radiografia di tutta la realtà – che i filosofi chiamano “essere”, l’insieme di ciò che è materiale e di ciò che non lo è –, si potrebbero individuare entità differenti. Dio, al grado più alto e origine di ogni cosa, poi gli angeli, sostanze immateriali; poi l’anima, anch’essa sostanza immateriale, ma capace di relazione con le sostanze materiali, poi le qualità (come il bianco o il rettangolo), infine, nel rango inferiore, i corpi. In questa scala gerarchica l’anima occupa pertanto una posizione mediana, ed è ritenuta il «vincolo del mondo», in grado di unire tutti gli aspetti di ciò che esiste: è definita «copula mundi», un «legame» che permette di pensare l’eterno e la materia. Una sorta di Giano bifronte in grado di relazionarsi con il mondo sensibile e di animarlo, e nello stesso tempo di sollevarsi a contemplare gli elementi perfetti e più stabili di quello intelligibile. Per estensione, poi, l’idea di «copula mundi», è applicata all’uomo stesso, via di mezzo tra l’animale bruto e l’angelo, come scrive Pico della Mirandola nel “Discorso sulla dignità dell'uomo” del 1496, l’opera in cui il filosofo ricorda quanto ogni uomo sia responsabile del proprio destino. Sullo sfondo di questa concezione vi è una grande analogia religiosa con Cristo, che unisce Dio e l’uomo, l’eterno e l’effimero, l’infinito e il finito. L’idea che l’uomo sia davvero una creatura prodigiosa per questa sua posizione intermedia nell’ordine del creato è centrale nell’Umanesimo, periodo in cui si avverte la necessità di avere nuove versioni delle opere di Platone e di altri autori che trattano argomenti affini. Questo è reso possibile grazie ad una ripresa dello studio del greco che si verifica quando molti intellettuali bizantini si trasferiscono in Italia a seguito del concilio di Firenze del 1438, convocato per riunificare la chiesa latina e quella greca, o come conseguenza della caduta di Costantinopoli in mano ai Turchi nel 1453. I dotti che diffondono in Italia la conoscenza della lingua greca sono molto noti: il bizantino Manuele Crisolora, chiamato da Coluccio Salutati a Firenze, e il suo allievo Leonardo Bruni di Arezzo; e poi un altro bizantino, il Trapezunzio, che traduce altre opere di Platone su invito del cardinale Nicola Cusano. Firenze è così il centro culturale più importante per gli studi su Platone, tanto che Cosimo de’ Medici offre a Marsilio Ficino una villa per ricreare l’ “Accademia”, ossia l’antica scuola di Platone, chiusa nel 529 d. C. dall’imperatore Giustiniano. L’anno è il 1459 e Marsilio Ficino, che si dichiara «seguace del divino Platone», è entusiasta di poter tradurre tutte le opere del filosofo ateniese. A dire il vero l’interesse non è solo per Platone, ma anche per una serie di scritti e di autori che vengono individuati da Ficino come “trait d'union” tra il mondo antico, egiziano, greco e cristiano. Secondo il filosofo vi è infatti un preciso filo rosso che unisce la tradizione greca e il mondo medievale: Platone e il cristianesimo. Molti autori del tempo sono infatti convinti che: «modificate poche cose i Platonici sarebbero cristiani». Ecco allora che nella “Theologia platonica” del 1482, dedicata a Lorenzo de’ Medici, Marsilio Ficino ripropone, sulla scia di Plotino, i cinque gradi della realtà: «la massa corporea, le qualità, l’anima, l’angelo, Dio». E nel terzo libro qualifica l’anima con termini che influenzeranno tutta la cultura umanistica: «centro della natura, il grado intermedio dell’universo, la concatenazione del mondo, il volto di tutte le cose, il vincolo e la copula del cosmo». Il poeta, il letterato, il pittore, lo scultore, il musicista esprimeranno perfettamente il concetto di «copula mundi», perché saranno in grado di infondere nella materia le loro intuizioni o ciò che hanno contemplato con la loro mente. Ogni artista volgerà dunque lo sguardo ad una realtà più alta per poi ricreare con la materia l’oggetto della propria visione. È un momento di grande fiducia nell’uomo, che cerca di tenere insieme tutte le dimensioni della realtà e non si accontenta di abitarne qualche frammento.
Un caro saluto,
Alberto
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