Nei primi giorni del nuovo anno molti quotidiani hanno riportato questa notizia: «Gli italiani tornano a scommettere e a giocare online». Apprendiamo così che nel corso del 2022 la spesa per gratta e vinci, lotto e giochi online è arrivata quasi a 20 miliardi di euro e che è aumentata del 28% rispetto all’anno precedente. Siamo dunque un popolo di santi, poeti, navigatori e soprattutto di scommettitori. Per carità, gli uomini scommettono da sempre: quando intraprendono una guerra, stipulano un’alleanza, assumono un cibo sconosciuto, si avventurano in luoghi inesplorati, fanno scelte azzardate, si fidano di una persona – nelle amicizie o in amore –, rischiano la vita in mare o avviano attività economiche. Non solo gli uomini comuni, ma anche i grandi protagonisti della storia sono stati incalliti scommettitori. Winston Churchill puntava denaro un po’ su tutto: sulle date di scioglimento del parlamento, sui risultati dei casi giudiziari e delle partite di tennis, sull’entità delle avanzate militari sui campi di battaglia, su chi sarebbe diventato primo ministro inglese o presidente americano. Se la scommessa può essere indirizzata ad ogni ambito in cui si scorgono delle alternative, occorre considerare che la vita stessa è la prima grande scommessa dell’uomo, giorno dopo giorno, contro la fame, le malattie e alla fine contro la morte. Gli uomini potevano lasciar fuori dal brivido dell’azzardo la questione di Dio? Certamente no. Nel suo breve trattato su “L’utilità di credere”, Agostino nel IV secolo d.C. afferma che la fede cristiana è una sorta di scommessa necessaria in cui il rischio è modesto e il guadagno alto. Ma è il filosofo francese Blaise Pascal a riproporre la questione in una parte dell’opera conosciuta sotto il titolo di “Pensieri” (1670) intitolata «le pari», «la scommessa». Pascal tratta la questione dal punto di vista del calcolo delle probabilità. Non propone pertanto un’appassionata riflessione teologica, ma una sobria indagine statistica. Scommettiamo allora? Pari o dispari? Alcuni sceglieranno pari, altri dispari. Chi ha ragione? Secondo Pascal, nessuno: «Infatti, sebbene si trovi ugualmente in errore sia chi sceglie croce sia l’altro, entrambi sbagliano. Il partito giusto è non scommettere». Alla domanda: «scommetti?», la risposta più razionale sarebbe dunque: «preferirei di no», oppure: «facciamo un’altra volta». Si possono esibire molte scuse: «l’argomento non mi interessa», «non ho abbastanza denaro». Oltre alle due classiche alternative (sì o no, testa o croce) abbiamo pertanto anche la possibilità di declinare l’invito. Sulla questione di Dio, Pascal avverte che la posizione dei giocatori è diversa. Perché? Il filosofo francese ripete: perché «Vous êtes embarqués», «voi siete imbarcati», intendendo con questa espressione che gli uomini sono già dentro la vita e non possono chiamarsi fuori dal gioco. Essere imbarcati nella vita è diverso dall’imbarcarsi su una nave. Un tempo si saliva a bordo di una nave per sfuggire ad una pena ineluttabile, a una vita infelice, per curiosità, per sfida, per mostrare il proprio coraggio, per denaro, per noia. In ogni caso, per scelta personale. Gli uomini, invece, non hanno ricevuto incentivi per imbarcarsi nell’esistenza: si sono già ritrovati dentro, dalla nascita, senza alternative possibili. Sono da sempre “imbarcati”. Essere imbarcati è dunque una condizione ineluttabile – il corpo è il vascello – e ogni persona condivide la stessa sorte con gli altri esseri umani. Nessuno ha firmato un contratto per salire a bordo. Ci si è semplicemente già svegliati sulla nave. Così, anche se gli uomini decidessero di non scommettere, in ogni caso vivrebbero come se Dio ci fosse o non ci fosse. E alla fine la vita finisce per tutti. Se Dio esiste, secondo il filosofo, saranno le azioni individuali a giocare a vantaggio dei vari soggetti: in particolare la capacità di amare il prossimo e di rispettare i valori universali. Se guardiamo da vicino gli uomini, scopriamo che essi si comportano in un modo curioso: quando rischiano una somma finita sperano di guadagnare una somma più grande, pur sapendo che con grande probabilità perderanno il loro denaro. Comprano il biglietto della Lotteria Italia a 5 euro e sono consapevoli che l’opportunità di vincere è solitamente remota e che i 5 euro sono in fondo buttati. «Ma che sono 5 euro?», pensa la gente. «Si può vivere anche senza». Pascal afferma che se gli uomini trovano dunque “ragionevole” – ossia sopportabile – perdere qualcosa del finito per avere anche una sola possibilità di guadagnare una parte più grande sempre nel finito (5 milioni di euro), allora dovrebbero puntare su Dio, perché se perdono non perdono nulla (tutti muoiono), ma se vincono, vincono l’infinito. Scrive il filosofo: «Valutiamo questi due casi: se vincete, vincete tutto; se perdete, non perdete nulla. Scommettete dunque che esiste, senza esitare!». «È sorprendente. Sì, bisogna scommettere». Pascal è un uomo di fede profonda, e nelle “Lettere provinciali” (1657) critica la fede di maniera, calcolatrice, quella che non proviene dal cuore. Per il filosofo la questione di Dio è di somma importanza e questa riflessione statistica è una sorta di gioco, di divertimento. La sua fede è sorretta da un bisogno interiore non da un calcolo utilitaristico. Egli, tuttavia, sembra avvertire i propri concittadini: «se proprio amate scommettere, allora deducete almeno le conclusioni corrette».
Un caro saluto,
Alberto
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