Caro professore,
Nei giorni che hanno preceduto e seguito il Natale, i telegiornali delle maggiori reti televisive nazionali hanno annunciato che quest’anno i consumi si sono ridotti del 18% rispetto all’anno scorso, il potere d’acquisto dei salari è calato del 1,8% circa e che con tutta probabilità questa tendenza negativa si accentuerà il prossimo anno poiché, come sappiamo, il Pil nazionale andrà in contro ad una recessione di 1,5/2 punti percentuali e tutto ciò peggiorerà sempre di più nel caso in cui non venissero varate delle serie misure per il bilancio e soprattutto per la crescita. L’Italia, almeno in questo caso, non è la sola, infatti,una situazione del tutto analoga la si può riscontrare nella maggior parte dei paesi dell’Ue nonché negli apparentemente inarrivabili Stati Uniti. In seguito alla dura manovra economica, approvata in via definitiva anche al Senato, da diversi giorni la parola che ricorre più frequentemente è la già citata “crescita”. Tutti ne parlano, dai tecnocrati ai politici di qualsiasi schieramento, dai giornali alle televisioni: la crescita, lo sviluppo economico, l’aumento della produttività sono le uniche vie per superare il periodo di austerità che inevitabilmente siamo costretti ad attraversare. Non c’e altra via d’uscita. È già stato tutto deciso. Dobbiamo farcela, dobbiamo crescere.….per forza! Ma se non fosse cosi?
Non mi ritengo certo un esperto ma credo sia inevitabile per tutti domandarsi dove ci condurrà questa crescita così lodata e perseguita fino alla paranoia. E se non servisse a nulla? Lei è convinto, come la maggioranza degli uomini, che siano sufficienti un più rigido controllo sul bilancio statale e qualche intervento per sostenere lo sviluppo per cambiare le sorti dei Paesi in difficoltà oppure comincia ad avere qualche perplessità sulle soluzioni che ci vengono proposte dai potenti della terra? Non le appare ridicolo e degradante che l’unico orizzonte che attende la mia e la sua generazione si fondi sul consumismo di massa, sul profitto per amore del profitto e sulla competizione ad oltranza di tutti contro tutti?
La condizione in cui vige il sistema di vita e il modello economico che tutti conosciamo, che indubbiamente ci hanno garantito per lunghi anni un elevato grado di benessere e stabilità, sono paragonabili ad un individuo che a causa delle eccessive dosi di eroina si trova ormai in fin di vita e per impedire che soffra gli vengono somministrate delle quantità di eroina sempre più potenti, ma come è facile immaginare tale individuo è condannato a desiderare dosi ogni volta più forti ed inevitabilmente prima o poi il suo organismo non reggerà più e morirà. È quello che, con le dovute diversità, potrebbe accadere al nostro modello di sviluppo nel caso in cui i cittadini e i leader dei paesi “più avanzati” non prendano rapidamente coscienza del fatto che il futuro dell’Occidente è davvero sulla lama di un coltello e per averlo un futuro dovrà rinunciare a quei “dogmi” che lo hanno contraddistinto nell’ultimo secolo. Almeno per gli ultimi 60/70 anni, infatti, abbiamo inseguito questo futuro con accelerazioni sempre più insostenibili che vanno dall’incremento dell’industrializzazione alla finanziarizzazione dell’economia, dal boom tecnologico all’odierna globalizzazione ed ora questo futuro è finalmente arrivato. E si presenta sotto forme spaventose. Un modello che ha puntato tutto sull’economico, rendendo marginali tutte le altre componenti dell’essere umano, provocando stress, angoscia, depressione, dipendenza da ogni sorta di droga per avere la forza di andare avanti, fallisce anche, e proprio, sull’economico. Le crisi si succedono alle crisi. Invece di rifletterci su, vengono tamponate al solito modo: immettendo nel sistema denaro inesistente. Ma un giorno, vicino, questo trucchetto non funzionerà più. La gente, sia pur confusamente, lo avverte: un modello basato sulle crescite infinite, che esistono solo in matematica, quando non potrà più espandersi imploderà su se stesso provocando una catastrofe planetaria.
Il fatto più inquietante è il senso di impotenza che scaturisce questo sistema. Nessuno, individuo o Stato, è più arbitro del proprio destino. Ognuno può aver lavorato una vita, con fatica e con onestà, e basta anche solo una piccola crepa all’interno del sistema per distruggere, d’un colpo, il proprio lavoro, la propria fatica, i propri risparmi. Il mondo occidentale (inteso in senso lato perché ormai quasi tutti i paesi sono coinvolti nel modello di sviluppo teorizzato per la prima volta da Adam Smith ed in seguito da Karl Marx) si rifiuta di capire perché considera irrinunciabili gli standard di benessere acquisiti. E allora si droga di denaro. Non comprende che se non pilota una decrescita graduale di questo benessere o quanto meno un investimento sulla risorse sostenibili nel futuro lo perderà tutto d’un colpo per quante manovre, restrizioni e sacrifici possa pretendere dalle popolazioni.
Secondo me, come avrà già potuto intuire da un’altra lettera che le avevo inviato qualche mese fa, la strada maestra da seguire, affinché gli uomini, i cittadini, la gente comune torni ad avere nelle proprie mani il destino del pianeta, è quella che l’autore del libro Indignatevi!, Stephane Hessel, indica nell’indignazione, nell’insurrezione pacifica, nel "terrorismo non-violento". E a suo parere cosa ci attende nei prossimi anni? Quale sarebbe per lei la via, anche dal punto di vista filosofico-morale più corretta ed efficace, per superare quegli ostacoli che impediscono ai Paesi di raggiungere condizioni di sviluppo accettabili e sostenibili? Dobbiamo aspettarci realmente un avvenire così cupo oppure superata questa crisi ritornerà tutto come prima? Quello che veramente ci sta a cuore è un segno positivo sul Pil annuale ed una busta paga un po’ più sostanziosa oppure una società profondamente rinnovata attraverso uno stile di vita meno frenetico e più rispettoso delle necessità degli uomini, una società equa dove tutti possono mettersi in gioco e partecipare attivamente alla Democrazia ed una società dove l’aumento del Pil significa miglioramento della qualità dell’ambiente, dell’istruzione, dei rapporti umani e della vita?
Con affetto,
Alberto Cappello IV
Caro Alberto,
Complimenti per la riflessione, impegnativa e responsabile. Individui una questione cruciale e sollevi giustamente il problema se vi sia davvero una corrispondenza necessaria tra Pil e qualità della vita. Credo che molte persone si siano chieste – dopo aver sentito da tutte le parti sottolineare l’ostentazione della crescita – se l’imperativo del progresso incessante e imprescindibile sia diventato più una condanna che un auspicio. La filosofa contemporanea
Martha Nussbaum (insegna “
Law and Ethics” all’Università di Chicago) ha intitolato il suo ultimo libro,
Creare capacità. Liberarsi dalla dittatura del Pil, (Il Mulino, 2012). Questo testo mi sembra che assecondi e sostenga le tue osservazioni. Nussbaum sostiene che, per liberarsi dalla “
dittatura del Pil”, occorra creare capacità e non solo ricchezze. La semplice valutazione del Pil non rende infatti conto delle enormi disuguaglianze all’interno di uno Stato né del livello di vita degli abitanti. La tesi sostenuta dalla filosofa fa riferimento ad un nuovo modello noto come «
approccio dello sviluppo umano» o come «
approccio della capacità». In sostanza ci si chiede «
cosa sono effettivamente in grado di essere e di fare le persone? Quali sono le reali opportunità a loro disposizione?». Scrive Nussbaum: «
Questo nuovo paradigma ha avuto un impatto crescente presso le istituzioni internazionali che si occupano di welfare, dalla Banca mondiale allo United Nations Development Programma (Undp). Attraverso gli Human Development Reports, che dal 1990 vengono pubblicati tutti gli anni dallo United Nations Human Development Report Office, esso influenza i criteri di valutazione adottati dalla maggior parte delle nazioni contemporanee nella compilazione degli studi sul benessere dei differenti gruppi e regioni che compongono le loro società. Sono poche oggi le nazioni che non producono tali rapporti: anche gli Stati Uniti lo fanno, dal 2008». Infatti, da alcuni anni sono stati introdotti altri indicatori per la valutazione della crescita di un Paese. Uno di questi è l’ISU (l’indice di sviluppo umano). Puoi vedere la voce su wikipedia (http://it.wikipedia.org/wiki/Indice_di_sviluppo_umano) che contribuirà a chiarire questi concetti. L'Indice di sviluppo umano (HDI-Human Development Index) è un indicatore di sviluppo macroeconomico realizzato dall'economista pakistano Mahbub ul Haq nel 1990. Questo autore ha scritto che «
La vera ricchezza di una nazione è il suo popolo. E l'obiettívo dello sviluppo è creare un ambiente che consenta alla gente di godere di una vita lunga, sana e creativa. Questa verità molto semplice, ma potente, viene spesso dimenticata nell'inseguimento della ricchezza materiale e finanziaria.» (cit. in Nussbaum, p. 11).
È vero, l’aumento del Pil non aumenta automaticamente la qualità della vita, perché spesso i vantaggi della ricchezza non raggiungono le famiglie povere. La filosofa americana riporta il caso di una donna, Vasanti, di circa 30 anni che vive nello Stato del Guajarat nell’India nordoccidentale e mette in luce come in questo Stato, anche se sono cresciuti l’economia così come il Pil pro capite, poche persone riescono tuttavia ad accedere ai beni della nazione. Questa donna, moglie di un uomo alcolizzato e dedito al gioco che ha sperperato tutto il denaro della famiglia, si è sottoposta a vesectomia per ottenere un po’ di denaro che il governo offriva come incentivo alla sterilizzazione. Quando il marito è diventato violento, lei lo ha lasciato ed è tornata nella sua famiglia. Molte donne non vengono più accettate dalla famiglia e spesso finiscono sulla strada. In questo caso, una buona politica dello Stato potrebbe offrire: assistenza sanitaria, cure mediche, credito e istruzione. Davvero tutte le persone possono accedere ai beni di una nazione? Spesso, come mostra Nussbaum, le ricchezze finiscono nelle tasche di alcuni gruppi privilegiati. Quindi è vero quello che scrive l’autrice che «
La crescita è buona se le politiche dei governi sono in grado di adottare azioni pubbliche in grado di incidere sulla vita dei cittadini». Il Pil infatti «
guarda la media e trascura la distribuzione» e, come potrai vedere, ben dimostrato nel testo, la crescita economica non migliora automaticamente la qualità della vita in settori cruciali quali sanità, istruzione o libertà politica. Riporto due osservazioni chiarificatrici della filosofa: «
L'India ha reso molto peggio della Cina in termini di aumento del Pil, eppure è una democrazia estremamente stabile, con libertà di base assolutamente garantite; la Cina no. Inoltre, i dati raccolti nei rapporti sullo sviluppo umano rivelano che la classifica nazionale basata sull'Indice dello sviluppo umano (Isu), calcolata su fattori come istruzione e longevità, non è la stessa di quella ottenuta sulla base esclusiva del Pil medio: gli Stati Uniti slittano dal primo posto come Pil al dodicesimo come Isu, ed è ancora peggio su altre specifiche capacità» (Nussbaum, p. 52). Quando si riferisce ad altre specifiche capacità, Nussbaum fa riferimento, ad esempio, all’ISG (indice di sviluppo di genere), ossia se anche le donne abbiano la stessa possibilità degli uomini di accedere all’istruzione, alla sanità e alla partecipazione politica. (Un altro grande studioso che sostiene queste idee è il premio nobel per l’economia Amartya Sen).
Riporto le 10 capacità centrali che dovrebbero essere garantite a tutti i cittadini:
«1.
Vita. Avere la possibilità di vivere fino alla fine una vita di normale durata; di non morire prematuramente, o prima che la propria vita sia limitata in modo tale da risultare indegna di essere vissuta.
2.
Salute fisica. Poter godere di buona salute, compresa una sana riproduzione; poter essere adeguatamente nutriti e avere un'abitazione adeguata.
3.
Integrità fisica. Essere in grado di muoversi liberamente da un luogo all'altro; di essere protetti contro aggressioni, comprese la violenza sessuale e la violenza domestica; di avere la possibilità di godere del piacere sessuale e di scelta in campo riproduttivo.
4.
Sensi, immaginazione e pensiero. Poter usare i propri sensi, poter immaginare, pensare e ragionare, avendo la possibilità di farlo in modo «veramente umano», ossia in un modo informato e coltivato da un'istruzione adeguata, comprendente alfabetizzazione, matematica elementare e formazione scientifica, ma nient'affatto limitata a questo. Essere in grado di usare l'immaginazione e il pensiero in collegamento con l'esperienza e la produzione di opere autoespressive, di eventi, scelti autonomamente, di natura religiosa, letteraria, musicale, e così via. Poter usare la propria mente tutelati dalla garanzia di libertà di espressione rispetto sia al discorso politico che artistico, nonché della libertà di culto. Poter fare esperienze piacevoli ed evitare dolori inutili.
5.
Sentimenti. Poter provare attaccamento per persone e cose oltre che per noi stessi; poter amare coloro che ci amano e che si curano di noi, poter soffrire per la loro assenza; in generale, amare, soffrire, provare desiderio, gratitudine e ira giustificata. Non vedere il proprio sviluppo emotivo distrutto da ansie e paure (sostenere questa capacità significa sostenere forme di associazione umana che si possono rivelare cruciali per lo sviluppo).
6.
Ragion pratica. Essere in grado di formarsi una concezione di ciò che è bene e impegnarsi in una riflessione critica su come programmare la propria vita (ciò comporta la tutela della libertà di coscienza e di pratica religiosa).
7.
Appartenenza. a) Poter vivere con gli altri e per gli altri, riconoscere e preoccuparsi per gli altri esseri umani; impegnarsi in varie forme di interazione sociale; essere in grado di immaginare la condizione altrui (proteggere questa capacità significa proteggere istituzioni che fondano e alimentano tali forme di appartenenza e anche tutelare la libertà di parola e di associazione politica). b) Disporre delle basi sociali per il rispetto di sé e per non essere umiliati; poter essere trattati come persone dignitose il cui valore eguaglia quello altrui. Questo implica tutela contro la discriminazione in base a razza, sesso, tendenza sessuale, religione, casta, etnia, origine nazionale.
8.
Altre specie. Essere in grado di vivere in relazione con gli animali, le piante e con il mondo della natura, avendone cura.
9.
Gioco. Poter ridere, giocare e godere di attività ricreative.
10.
Controllo del proprio ambiente. a) Politico. Poter partecipare in modo efficace alle scelte politiche che governano la propria vita; godere del diritto di partecipazione politica, delle garanzie di libertà di parola e di associazione. b) Materiale. Essere in grado di avere proprietà (sia terra che beni mobili) e godere del diritto di proprietà in modo uguale agli altri; avere il diritto di cercare lavoro alla pari degli altri; essere garantiti da perquisizioni o arresti non autorizzati. Sul lavoro, essere in grado di lavorare in modo degno di. un essere umano, esercitando la ragion pratica e stabilendo un rapporto significativo di mutuo riconoscimento con gli altri lavoratori» (Nussbaum, pp. 39-40).
Un caro saluto,
alberto