Caro professore,
L'altro giorno, mentre ero in viaggio, ascoltavo una delle mie canzoni preferite e ho pensato a quanto le canzoni condizionino l'umore. Per esempio, quando sono triste tendo ad ascoltare canzoni rock melodiche, mentre quando voglio darmi la carica ascolto canzoni dance e mi faccio trasportare dal ritmo, dal suono delle parole e così via, fino ad immedesimarmi nella canzone stessa...mi sento parte integrante della canzone, la sento, in quel momento, la mia unica amica, la parte mancante del mio io, quella “persona” che sa dirti le giuste parole al momento giusto, che sa confortarti e darti la carica quando ne hai bisogno! Ma è possibile che la musica possa fare ciò? Suscitare emozioni, quali tristezza, felicità e addirittura angoscia?
Mara, classe 3B
Cara Mara,
Platone
fa riferimento alla capacità della musica di (ri)generare l’armonia dell’anima.
Egli scrive nel “Timeo” che la musica «è stata data dalle Muse per ordinare
e rendere consono con se stesso il circolo della nostra anima che fosse
diventato discorde». E poi aggiunge che il ritmo ha lo scopo di ovviare
alla «mancanza di misura e di grazia» che si genera nell’animo umano.
Egli intende la musica con una funzione psicagogica, cioè in grado di
impressionare e guidare la mente, in quanto esercita una suggestione profonda
sugli stati d’animo. I malesseri dell’animo sono, per certi aspetti, curabili
con la terapia musicale. Un po’ come ritieni anche tu, egli fa dunque
riferimento ad una funzione curativa della musica: la considera infatti come
una medicina allopatica, ossia che funziona per contrasto, per restituire
armonia all’uomo. Nelle “Leggi” Platone scrive che i canti pacati e
armonici, infatti, calmano i neonati e coloro che sono affetti da furore
dionisiaco, mentre altre melodie sono in grado di produrre vivacità e gaiezza
(un po’ come le tue “canzoni dance”). Ma la musica non ha solo il compito di
calmare stati d’animo alterati o infondere energia. Può esprimere la vita.
Sulla copertina di un libro bellissimo dello scrittore cuneese Lele Viola (“Tre
vecchie foto”, Primalpe 2006) appare un uomo anziano che tiene in mano una
piccola fisarmonica a bottoni, il semitoun. Il protagonista del racconto,
Mario, «uomo
timido e pacato i cui
silenzi facevano da contraltare al fiume di parole» dell’amico Toni, ha ricevuto il
semitoun da uno zio morto in guerra. Ad un certo punto pronuncia queste parole:
«Pensa che son stato zitto per anni, la gente che non mi conosceva pensava
che fossi muto o sordo. Gli altri sapevano che ero solo scemo, mi chiamavano
Mario lou fol. Ho imparato a parlare normalmente solo dopo che mi era capitato
in mano il semitoun. Ma c'è voluto del tempo. Non riuscivo a trovare i tasti
che liberassero le aperture della mia testa e lasciassero uscire finalmente le
parole e i pensieri che avevo dentro. Passavo tutto il tempo libero a
rincorrere i suoni che le mie dita creavano, a dare aria al mantice per far
vivere lo strumento». Sembra allora che le canzoni non solo “condizionino
l’umore”, ma che la musica sia un itinerario parallelo alla parola per
entrare in relazione con il mondo. C’è chi si affida al ragionamento, chi ai
suoni, alla pittura, alla scultura o ad ogni opera in cui riesce a costruire un
linguaggio alternativo. La musica talvolta precede il discorso logico, talvolta
lo completa o semplicemente lo rende possibile. Se in alcuni casi le parole
pronunciate possono produrre fraintendimenti, la musica, che si incunea sotto
la pelle del discorso razionale, fa convergere emozioni, libera i pensieri dalla
fissità o dall’univocità dell’interpretazione. È come se gli armonici della
musica risvegliassero gli armonici emotivi delle persone con cui si
interagisce. Nel caso del protagonista del racconto citato, mi sembra che la
musica non esprima solo le intenzioni dell’autore, ma faccia emergere un mondo,
dia voce anche a ciò che è inanimato, alla natura, ad un borgo, alla storia.
Come se il soggetto che esprime la musica fosse un io allargato in cerchi
concentrici che non manifesta solo se stesso, ma la relazione con l’ambiente a
cui appartiene. La musica non risveglia esclusivamente emozioni. Permette
all’uomo di rivelare il proprio peculiare rapporto con il mondo. Un caro saluto,
Alberto
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