Caro professore,
Nell’“Eneide” come in “Edipo Re” il destino o fato è
visto come un qualcosa di immenso e superiore anche agli dei a cui niente e
nessuno può sottrarsi, e cercando di sfuggirgli non si fa che andargli ancora
più incontro. Mentre ad esempio nel cristianesimo il destino viene
completamente sostituito dalla volontà. Alcune correnti di pensiero credono che
tutto ciò che facciamo, abbiamo fatto o andremo a fare sia già scritto e non
possa essere cambiato in alcun modo; se così fosse a mio parere non avrebbe
senso vivere, perché non saremo spinti al cambiamento e ad uscire dalle
situazioni in cui ci troviamo per migliorare, visto che le nostre scelte sono
già decise. Altri invece credono che il nostro avvenire sia dato dal
susseguirsi delle scelte che compiamo ogni giorno, così facendo possiamo
migliorare e decidere il nostro futuro. Il mio pensiero è che in ogni istante
il destino ci mette di fronte a scelte e opportunità che noi possiamo cogliere
o meno, e questo comporta il susseguirsi degli eventi che ne conseguono, quindi
credo in un destino plasmabile dalle nostre scelte. Dunque, esiste o no il
destino?
Alice, 4D
Cara Alice,
Durante una disputa tra gli dei
che reclamano tutti dei favori, Giove ad un certo punto si spazientisce e dice:
«Qualcuno di voi crede forse di essere così potente da poter vincere il
destino?». Se il re degli dei avesse potuto intervenire sulla necessità che
regola il mondo non avrebbe fatto invecchiare suo figlio Èaco. Per questo
afferma: «Anche voi dipendete dal destino, e anch’io, se ciò può consolarvi»
(Ovidio, Metamorfosi, cap. IX). Il destino è dunque concepito più forte
degli dei. Seneca si lamenta e parla di un «destino crudele, che mai risponde al merito!»
quando cerca di confortare Polibio per la morte del fratello (“Consolazione
a Polibio”). Ed è certamente vero che il cristianesimo ha sostituito al
destino la provvidenza. Scrive infatti Agostino ne “La città di Dio” che
«il mondo non è retto da un destino cieco ma dalla provvidenza del sommo Dio»
(13.2). Alla cecità asettica del fato si è sostituita la provvidenza amorevole
di Dio. Oggi più prosaicamente parliamo di caso, di combinazioni propizie o
infelici. Se un bambino muore per una malformazione, diciamo che è causa dei
geni, se un adulto parte dall’Europa e si iscrive all’Isis, diamo causa al suo
temperamento o alla sua cultura, se accade un incidente automobilistico diciamo
che probabilisticamente può avvenire. Le componenti biologiche, la famiglia, la
cultura, le concomitanze della vita condizionano in modo profondo ogni essere
umano. Fino a determinarlo? Forse, è anche possibile, ma occorre tuttavia non
confondere la sorte con il destino. Mentre la sorte è l’insieme delle
condizioni che si intrecciano nella vita, il destino implica l’attività del soggetto.
È costituito da scelte personali dentro una trama di relazioni e
restrizioni; è la strada che scegli di percorrere, nonostante gli imprevisti
fortuiti o svantaggiosi. Ci sono eventi che diventano il nostro destino o
aprono la strada ad esso. Il filosofo tedesco contemporaneo Rüdiger Safranski
in un testo su Heidegger ha scritto che «I poeti, i pensatori e gli statisti
diventano destino per gli altri perché essi hanno quella «creatività»
per mezzo della quale viene al mondo un qualcosa che crea attorno a sé una «corte»
in cui ci sono nuove condizioni dell'esserci e nuove evidenze». Non parla
di un destino già scritto, di leggi immutabili, ma di «condizioni» che
possono orientare la vita. In certi periodi vengono al mondo «nuove condizioni»
e «nuove evidenze» per l’uomo (l’esserci) che orientano le scelte
individuali e collettive, grazie alla creatività dell’uomo. La nostra società
offre condizioni incredibili: ci muoviamo in treno e in aereo e non con la
diligenza. Dunque, treno e aereo hanno creato destino, ossia nuove possibilità
entro le quali inventare la vita. La musica di Bach ha aperto una strada nuova
nella musica, anch’essa ha segnato un destino, perché molte persone a partire
da quelle opere d’arte hanno intravisto nuove teorie o prospettive. La scuola
che stai frequentando con le sue materie e la sua variegata complessità creerà
altro destino. Perché ti aprirà dei percorsi possibili. Allora, proprio grazie
a queste aperture, il destino è qualcosa che può essere scelto nella trama
degli avvenimenti inattesi della vita. In
questo senso, le letture, le relazioni aprono aree di novità che permettono
prima di essere esplorate e poi eventualmente scelte. Se fossimo
completamente programmati vivremmo in un mondo senza destino, perché non
potremmo stabilire la destinazione nella vita. Strutturare se stessi genera
movimento, il darsi forma genera direzione e predispone ad un certo futuro. In
questo senso il destino è destinazione di sé. Occorre concentrarsi non su ciò
che è ineluttabile né sugli ostacoli che possono far naufragare i progetti («il
destino crudele che mai risponde al merito»), ma sulle decisioni che
agevolano la propria realizzazione nonostante le difficoltà. Non su ciò che ci
vincola, ma su ciò che determiniamo. Allora il destino dipenderà dall’impegno e
dalla passione che metti nel tuo lavoro. Sono le decisioni ripetute a crearlo.
È fatale! (ossia: questo sì che è inevitabile).
Un caro saluto,
Alberto
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