Caro professore,
[...] Tutti ne parlano, dai tecnocrati ai politici di
qualsiasi schieramento, dai giornali alle televisioni: la crescita, lo sviluppo
economico, l’aumento della produttività sono le uniche vie per superare il
periodo di austerità che inevitabilmente siamo costretti ad attraversare. Non
c’è altra via d’uscita. È già stato tutto deciso. Dobbiamo farcela, dobbiamo
crescere.….per forza! Ma se non fosse cosi? Non mi ritengo certo un esperto, ma
credo sia inevitabile per tutti domandarsi dove ci condurrà questa crescita
così lodata e perseguita fino alla paranoia. E se non servisse a nulla? Lei è
convinto, come la maggioranza degli uomini, che siano sufficienti un più rigido
controllo sul bilancio statale e qualche intervento per sostenere lo sviluppo
per cambiare le sorti dei Paesi in difficoltà oppure comincia ad avere qualche
perplessità sulle soluzioni che ci vengono proposte dai potenti della terra?
Non le appare ridicolo e degradante che l’unico orizzonte che attende la mia e
la sua generazione si fondi sul consumismo di massa, sul profitto per amore del
profitto e sulla competizione ad oltranza di tutti contro tutti?[...]Con affetto,
Alberto Cappello, IV
Caro Alberto,
Riporto una piccola parte di una tua lunghissima e
articolata riflessione. Intanto, complimenti per l’analisi, impegnativa e
responsabile. Individui una questione cruciale e sollevi giustamente il
problema se vi sia davvero una corrispondenza necessaria tra Pil e qualità
della vita. Credo che molte persone si siano chieste – dopo aver sentito da
tutte le parti sottolineare l’ostentazione della crescita – se l’imperativo del
progresso incessante e imprescindibile sia diventato più una condanna che un
auspicio. La filosofa contemporanea Martha Nussbaum (insegna “Law and Ethics” all’Università di Chicago) ha intitolato
un libro “Creare capacità. Liberarsi dalla dittatura del Pil” (Il
Mulino, 2012). Questo testo mi sembra che incoraggi le tue osservazioni.
Nussbaum sostiene che, per liberarsi dalla “dittatura del Pil”,
occorra creare capacità e non solo ricchezze. Sia Nussbaum sia il premio nobel
per l’economia Amartya Sen sostengono che la semplice valutazione del Pil non
rende infatti conto delle enormi disuguaglianze all’interno di uno Stato né del
livello di vita degli abitanti. La tesi sostenuta dalla filosofa fa riferimento
ad un nuovo modello noto come «approccio dello sviluppo umano» o come «approccio
della capacità». In sostanza ci si chiede «cosa sono effettivamente in
grado di essere e di fare le persone? Quali sono le reali opportunità a loro
disposizione?». Da alcuni anni sono stati introdotti altri indicatori per
la valutazione della crescita di un Paese. Uno di questi è l’ISU (l’indice di
sviluppo umano). L'Indice di sviluppo umano (HDI-Human Development Index) è un
indicatore di sviluppo macroeconomico realizzato dall'economista pakistano
Mahbub ul Haq nel 1990. Questo autore ha scritto che «La vera ricchezza di
una nazione è il suo popolo. E l'obiettivo dello sviluppo è creare un ambiente
che consenta alla gente di godere di una vita lunga, sana e creativa. Questa
verità molto semplice, ma potente, viene spesso dimenticata nell'inseguimento
della ricchezza materiale e finanziaria» (cit. in Nussbaum,
p. 11). È vero, l’aumento del Pil non aumenta automaticamente la qualità della
vita, perché spesso i vantaggi della ricchezza non raggiungono le famiglie
povere. Una buona politica dello Stato potrebbe offrire: assistenza sanitaria,
cure mediche, credito e istruzione. Davvero tutte le persone possono accedere
ai beni di una nazione? Spesso, come mostra Nussbaum, le ricchezze finiscono nelle
tasche di alcuni gruppi privilegiati. Quindi è vero quello che scrive l’autrice
che «La crescita è buona se le politiche dei governi sono in grado di
adottare azioni pubbliche in grado di incidere sulla vita dei cittadini».
Il Pil infatti «guarda la media e trascura la distribuzione» e, come
potrai vedere, ben dimostrato nel testo, la crescita economica non migliora
automaticamente la qualità della vita in settori cruciali quali sanità,
istruzione o libertà politica. Riporto due osservazioni chiarificatrici della
filosofa: «L'India ha reso molto peggio della Cina in termini di aumento del
Pil, eppure è una democrazia estremamente stabile, con libertà di base
assolutamente garantite; la Cina no. Inoltre, i dati raccolti nei rapporti
sullo sviluppo umano rivelano che la classifica nazionale basata sull'Indice
dello sviluppo umano (Isu), calcolata su fattori come istruzione e longevità,
non è la stessa di quella ottenuta sulla base esclusiva del Pil medio: gli
Stati Uniti slittano dal primo posto come Pil al dodicesimo come Isu, ed è
ancora peggio su altre specifiche capacità» (Nussbaum, p. 52). Quando si riferisce
ad altre specifiche capacità, Nussbaum fa riferimento, ad esempio, all’ISG (Indice di sviluppo di
genere). Questo indicatore segnala se anche le donne abbiano la stessa
possibilità degli uomini di accedere all’istruzione, alla sanità e alla
partecipazione politica. Se leggerai il testo, scoprirai le dieci capacità
fondamentali che uno Stato dovrebbe prendere in considerazione nella
valutazione della crescita (vedi pp. 39-40). Un caro saluto,
Alberto
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