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Cor-rispondenze

lunedì 13 luglio 2009

I nostri "Motti brevi"


Ora che l'anno è finito e un bel percorso si è concluso, volevo salutarvi ricordando come, tre anni fa, era iniziato. Un caro saluto a tutti, Alberto... Buone vacanze!


1. Guarda le cose che riescono a fare gli altri non per sfidarli o superarli, ma per sfidare e superare te stesso.

Spesso può capitare che ci sentiamo insoddisfatti per ciò che facciamo o ci pare che le nostre azioni siano inferiori a quelle di chi ci sta intorno. Anche se magari non è così, bisogna trovare un modo per stare bene con noi stessi e, secondo me, la cosa migliore è, in un certo senso, imparare dalle altre persone. Quando vediamo che qualcuno fa qualcosa che ci piace o ci colpisce, il metodo migliore non è essere invidiosi, ma pensare: "Ehi, ma forse potrei farlo anche io”. Questo, se non si esagera, non è da intendersi come copiare gli altri, infatti, secondo me, bisogna anche un po’ approfittare di avere così tante persone intorno con cui scoprire sempre cose nuove e da cui, nel bene e nel male, qualcosa da imparare c’è. In fondo le persone si dice siano fatte di relazioni, e una relazione deve far sì che a entrambe le persone rimanga qualcosa dell’altro, in questo modo ciò che vediamo negli altri diventa uno stimolo per migliorare noi stessi. Stefania Faggio

2. Non passare la vita a non pensare.
Matteo Cravero

3. L’orgoglio danneggia l’uomo

Ho scelto questa frase perché in base a esperienze personali ho scoperto che troppo orgoglio non ti fa condurre una vita felice e ti porta a rapportarti con gli altri, ma soprattutto con te stesso, in modo più che negativo. Chiara Marengo

4. Ogni uomo nel suo piccolo condiziona la storia

Secondo me siamo tutti importantissimi per scrivere la storia del mondo perché se non ci fossimo noi le cose non sarebbero andate così. Noi condizioniamo alcune persone che a loro volte ne condizionano altre e via così… Chiara Marengo

5. Ci sono solo tre modi di fare le cose: falle da solo, falle subito, continua a farle

Per la prima affermazione: non ti appoggiare troppo alle persone. L’amicizia finisce quando iniziano i propri interessi. In sostanza: ognuno persegue il proprio obbiettivo (fidarsi è bene, non fidarsi è meglio). Per le altre due affermazioni si può rispondere semplicemente così: segui l’istinto! E’ vero, ciò comporta grandi rischi, ma anche enormi emozioni. Daniele Di Palma

6. La vita è come una giostra; ci sono occasioni che, se prendi al volo, ti permettono di fare un giro gratis.

Come ci si sente quando si “acchiappa” il pupazzetto su una giostra? Certo ci siamo sforzati tanto per prenderlo, ma ora siamo i vincitori, gli unici che non pagheranno il prossimo giro e se lo godranno sicuramente di più! Nella vita bisogna faticare moltissimo per ottenere dei risultati e quindi delle buone occasioni ma, una volta ottenuti, danno soddisfazioni e privilegi incomparabili. Carlotta Ponzo

7. Tu sei il migliore, e i rimpianti sono per i perdenti.

Questa è la frase che uso di solito quando devo tirarmi un po’ su di morale; dopotutto dobbiamo volerci bene e convincerci che ognuno di noi può essere il migliore, e mettercela tutta. Dopotutto, chi può decidere chi sia il migliore? Parlando dei rimpianti, posso solo dire di averci ragionato e aver tratto la conclusione che i rimpianti non esistono. E’ inutile pensare e ripensare a occasioni mancate o sbagli, perché tanto indietro non si torna. Possiamo ragionarci un giorno, un mese, un decennio; ma il risultato non cambia, e avremo sprecato un sacco di tempo. Anzi dobbiamo renderci conto che è grazie (o per colpa) a quegli sbagli se siamo qui ora! Forse è destino o forse sono coincidenze; fatto sta che sono felice di essere qui e che i miei sbagli non sono stati altro che piastrelle sul mio sentiero. Carlotta Ponzo

8. La vita è come un viaggio in treno: puoi anche non fare il biglietto, ma tanto prima o poi ti beccano.

Questa frase è anche riassumibile in un “ ogni volta che fai qualcosa di sbagliato, e sei consapevole che lo stai facendo, devi mettere in conto che presto o tardi verrai scoperto”. Marta Maimone

9. Sogna ad occhi aperti.


Trovo che sia bello passare del tempo a fantasticare, a pensare, a farsi domande e cercare di darsi delle risposte, insomma a sognare ad occhi aperti... Alice Fissore

10. Segui ciò che ti dice la mente, non il cuore

Questo non vuol dire che devi escludere tutti i sentimenti, come amore, amicizia, fiducia, ecc. Secondo me è giusto ascoltare ciò che dice il cuore, ma spesso a prendere decisioni volute dal cuore si sbaglia, anche se subito ci si sente felici. Secondo me, bisogna sempre soffermarsi a pensare prima di dire sì o no. Quindi non intendo dire che bisogna essere sempre freddi e distaccati, ma bisogna fermarsi e riflettere se si devono prendere decisioni importanti. Jessica Tibaldi

11. Non ti limitare

Non ti limitare non è da confondersi con non avere limiti. I limiti e il giudizio sono indispensabili nella vita, soprattutto superata una certa età. Va bene vivere la vita e provare tutto e di più, sono d’accordo, ma sempre con un po’ di cognizione. Non ti limitare vuol dire non accontentarsi, volere sempre la scelta migliore per sé e per quello che si vuole raggiungere, anche se non è compresa nelle opzioni. Per me è l’unico modo per non farsi condizionare da ciò che viene imposto dalla società e dalla religione. Martina Pastore

12. C'è della stupidità e dell'intelligenza in ogni uomo; a ciascuno tocca scegliere cosa far emergere.

Ho scritto questo perché credo che non bisogna sempre essere razionali e neanche vivere senza pensare, ma ci vuole una via di mezzo per essere felici. Mauro Federico

13. Scegli e non pentirtene

Ognuno di noi ha la necessità e il dovere di dare un senso alla propria vita, con le sue idee e le sue decisioni.Giorno dopo giorno si crea il suo cammino, scegliendo ciò che si ritiene più giusto. Non bisogna aver paura di decidere, e tanto meno pentirsene perché ogni scelta, anche se sbagliata è un tentativo per dare un senso e uno scopo alla nostra vita. Francesca Barbero

14. Sogna come se vivessi per sempre, vivi come se morissi oggi. Valeria Mosca


15. La vita è come un fiore, vivila prima che cadano tutti i petali. Valeria Mosca

16. Vivere e’ essere e rendere felici

La maggior parte degli uomini (per non dire tutti) ricerca per tutta la vita la felicità, rincorrendo qualsiasi piccolo o grande piacere che lo illuda di potergli donare la serenità interiore, una condizione di equilibrio, le condizioni che gli consentano di credere di essere felice. In questa frenetica corsa verso la pace interiore spesso ci si dimentica che noi, esseri complessi e non avvezzi alla solitudine, abbiamo bisogno, per essere felici, che anche le persone intorno a noi lo siano. Spesso infatti le soddisfazioni più grandi, le gioie maggiori sono proprio gli altri individui a donarcele, come un sorriso o una parola di conforto, un ringraziamento o un favore quando ne abbiamo bisogno. Eppure noi siamo sempre troppo presi da noi stessi e dai nostri desideri che non ci rendiamo conto di quanto gli altri quotidianamente possano fare per noi, quanto essi possano farci stare bene. Per questo è importante essere felici e rendere felici gli altri, poiché l’uomo è un animale “da compagnia”, che ha continuamente bisogno di confrontarsi o scontrarsi con i suoi simili: deve quindi, oltre che pensare a se stesso, dedicare del tempo alle persone che ama, quelle per cui prova un sentimento, anche se non troppo forte. Questo aiuta a non perdere gli uomini che ci circondano e a fare sì che questi siano sempre pronti ad aiutarci o a sostenerci, regalandoci delle felicità che sono tra le più belle, poiché spontanee e spesso inaspettate. Cristina Mobiglia

17. Non essere triste per la felicità degli altri!

Con questa frase intendo dire che se all'interno di un gruppo ci sono persone felici, e magari tu quel giorno non lo sei , non ti devi rattristare perché loro lo sono;pensa che magari stanno solo fingendo e non invidiarle perché magari loro invidiano la tua spontaneità nel mostrare i tuoi sentimenti!!


18. Non aver paura del domani

Se spendi la giornata ad aver paura del domani non puoi vivere il presente in maniera completa, perciò pensa ad oggi che a domani manca un giorno!

19. L'amore per sempre!

Intendo dire che l'amore deve durare per sempre, non l'amore per un uomo ma l'amore inteso come gioia, l'amore nel vedere un tramonto, l'amore nel cogliere un fiore, sentire l'amore anche nelle piccole cose!

20. “Sorridi se vuoi che il mondo ti sorrida”.

Secondo me nella vita bisogna trovare il lato positivo delle cose per vivere meglio, con più serenità…e sicuramente il primo passo è sorridere….
Non sempre si possono evitare eventi spiacevoli e sofferenze, perché fanno parte della vita, ma sorridere è il giusto modo per superarle con più facilità.
Bisogna sempre trovare la forza di reagire con un semplice sorriso. Se tanto le cose non cambiano in ogni caso, è meglio sorridere piuttosto che buttarsi giù ed essere tristi. Cecilia Sartirano

La memoria e l'oblio


Caro professore,

Ho trovato ieri pomeriggio una scatola da scarpe, molto vecchia. Aprendola ho trovato dentro un sacco di cose: giocattoli, una foto e perfino un libro per bambini. Era la scatola dei ricordi che io e la mia migliore amica avevamo fatto dieci anni fa (più o meno), il giorno prima che si trasferisse. Mi ero dimenticata di quella scatola, e rivedendo quei pezzetti di passato mi sono messa come al solito a pensare e ripensare, e mi sono chiesta se è giusto dimenticare così una cosa che è stata importante per noi, e se allo stesso modo sia giusto aggrapparsi quasi morbosamente ai ricordi. Per esempio, perché si tiene un diario? Io penso che non si voglia dimenticare veramente, mai nulla, perché tutti i fatti accidentali, le cose brutte come quelle belle ci hanno in qualche modo plasmato, cambiato: ed è giusto dimenticare? La mente umana è costruita come un setaccio, le cose che riescono a infilarsi tra le maglie e a passare cadono nell'oblio, che può essere temporaneo o eterno, ma è dimenticanza vera, spontanea. È giusto aggrapparsi a qualcosa che per natura sarebbe destinato a passare? È bello sapere di avere un passato, ma a volte non sarebbe meglio dimenticare e basta?

Teresa


Cara Teresa,
L’uomo, scrive Nietzsche nella seconda Considerazione inattuale [1874], “si meravigliò anche di se stesso, per il fatto di non poter imparare a dimenticare e di essere continuamente legato al passato: per quanto lontano, per quanto rapidamente egli corra, corre con lui la catena”.
L'animale, secondo Nietzsche, vive in modo non storico, perché la sua vita si risolve nel presente, l'uomo invece vive sotto il peso del passato che talvolta lo schiaccia, lo appesantisce e gli impedisce di vivere. Il filosofo parla del passato come di un fardello che l'uomo porta sulle spalle: se l'uomo non riesce a dimenticare, dunque, non riesce a vivere. Nietzsche è convinto che un eccesso di storia impedisca all'uomo di vivere, e fino a quando l'uomo non riesce a liberarsi da certi legami vive come estraneo la propria vita. L’uomo, secondo Nietzsche, quasi invidia l’animale che riesce a dimenticare: “Continuamente un foglio si stacca dal rotolo del tempo, cade, vola via - e rivola improvvisamente indietro, in grembo all'uomo. Allora l'uomo dice « mi ricordo » e invidia l'animale che subito dimentica e che vede veramente morire, sprofondare nella nebbia e nella notte, spegnersi per sempre ogni istante”. Poiché l'uomo ha il dovere di seguire la propria strada, di disegnare autonomamente il proprio percorso, è quindi giusto scordare il passato, anche se cessare di ricordare vuol dire abbandonare qualcosa che è stato importante, e ognuno di noi fatica a separarsi dai propri ricordi, dalla propria storia individuale. A volte dimenticare non ci sembra giusto; perdere la memoria di ciò che un tempo è stato significativo ci sembra irragionevole e immorale. Ma, dice il filosofo: “Ci vuole molta forza per poter vivere e per dimenticare, in quanto vivere ed essere ingiusti sono una cosa sola”. Vivere ed essere ingiusti sono una cosa sola, perché per poter agire occorre lasciare fluire, anche temporaneamente, ciò che è accaduto perché la vita stessa ha bisogno di oblio. Noi siamo il risultato delle generazioni precedenti, delle loro passioni e dei loro errori, e certamente non possiamo liberarci completamente dalla catena del passato, perché ci siamo formati proprio grazie ad esso e, anche se non ne siamo consapevoli, il passato dà ancora linfa alla nostra vita. Ma per vivere occorre creatività, forza, incoscienza, e ognuno di noi avverte la necessità di lasciare spazio anche alle cose che devono venire; Nietzsche scrive infatti che c’è anche: “un diritto delle cose che devono venire”, ossia un'apertura del futuro che non dobbiamo impedire. A volte, come dici tu, percepiamo la dimenticanza come un dispiacere, come un danno, come una perdita di noi stessi e della nostra memoria, però se rimaniamo troppo legati al passato non riusciamo a crescere. “Chi non sa mettersi a sedere sulla soglia dell'attimo – scrive Nietzsche -, dimenticando tutte le cose passate, chi non è capace di star ritto su un punto senza vertigini e paura come una dea della vittoria, non saprà mai che cosa sia la felicità, e ancor peggio, non farà mai alcunché che renda felici gli altri”.
Se “per ogni agire ci vuole oblio”, c’è anche chi ha fatto della memoria un’esigenza irrinunciabile. Elie Wiesel (1928), il grande scrittore rumeno ebraico sopravvissuto all’Olocausto e premio Nobel per la pace, all’inizio del libro “L’oblio” [Garzanti, 2007] ha inserito la preghiera dí Elhanan, un padre anziano che ripete a Dio “fonte di ogni memoria”, che “dimenticare è abbandonare, dimenticare è ripudiare”. Egli chiede a Dio di non dimenticare i suoi figli, ma anche di non dimenticare ciò che è accaduto al suo popolo. La preghiera è molto bella: te ne ripropongo una piccola parte: “Dio di Auschwitz, comprendi che devo ricordarmi di Auschwitz. E che devo ricordarTelo. Dio di Treblinka, fa' che l'evocazione di questo nome continui a farmi tremare. Dio di Belzec, lascia ch'io pianga sulle vittime di Belzec. Tu che condividi la nostra sofferenza, Tu che partecipi alla nostra attesa, non mi allontanare da coloro che Ti hanno invitato nel loro cuore e nella loro dimora. Tu che prevedi l'avvenire degli uomini, aiutami a non staccarmi dal mio passato”. […] “Sappi, Dio, che non voglio dímenticarTi Non voglio dimenticare nulla. Né i morti né i vivi. Né le voci né i silenzi. Non voglio dimenticare i momenti di plenitudine che hanno arricchito la mia esistenza, né le ore di miseria che mi hanno gettato nella disperazione. Anche se Tu mi dimentichi, Dio, io rifiuto di dimenticarTi”.
Tutti dimenticano e tutti saranno dimenticati, ma il popolo ebraico non può dimenticare il proprio Dio e dunque il senso della propria appartenenza, né i milioni di morti dei campi di sterminio. In questo caso dimenticare è tradire o non essere neppure degni di essere uomini. Malkiel Rosenbaum, il protagonista del libro, ha quarant’anni ed è nato nel 1948 a Gerusalemme (ho l’età dello Stato di Israele, dice). Egli afferma che solo la memoria ha davvero importanza: “È solo la memoria che conta. La mia qualche volta trabocca. È perché pesa più dei miei ricordi personali. Avvolge e protegge anche quella di mio padre. La memoria di mio padre è un colabrodo. No, non un colabrodo. Una foglia d'autunno. Avvizzita. Bucherellata. No, piuttosto un fantasma. Non la vedo che a mezzanotte. Lo so: non si può vedere una memoria. Io posso. Io la vedo come l'ombra di un'ombra che si ritira continuamente, che si ripiega su se stessa. Ho fatto appena in tempo a scorgerla che si perde in un baratro. Poi la sento gridare, la sento gemere sommessamente. Non c'è più, ma la vedo come vedo me stesso. Mi chiama: Malkiel, Malkiel. Io rispondo: Non aver paura, non ti lascio. Un giorno, non chiamerà più”.


Malkiel diventa il depositario della memoria del padre e del suo popolo, anche quando il padre non sarà più in grado di ricordare quasi nulla, quando avrà dimenticato quasi tutti i nomi dei suoi compagni morti e le terribili sofferenze degli anni della guerra. Malkiel ha dunque una responsabilità: non ha solo i propri ricordi, ma ha una memoria più grande da riprendere, da accogliere e da far rivivere.
C’è una parte che amo molto in questo libro: l’ebreo Malkiel si innamora di una tedesca. Ad un certo punto i due sono a Berlino, Malkiel ripensa a suo padre e diventa malinconico. Lei se ne accorge e gli dice: “È perché non voglio dimenticare nulla che ti amo; ed è perché tu devi ricordarti di tutto che non puoi amarmi”. Senza oblio la vita sarebbe impossibile; solo l’amore può, contenendo la memoria, vincere l’oblio e consentire di continuare a vivere.
Ti riporto il passo che trovo bellissimo:
Così scrive Wiesel: “I due amanti colmarono l'abisso che separava l'ebreo dal tedesco, la promessa dalla minaccia, la felicità dalla sofferenza. Insieme sfidavano il destino conferendogli un volto innocente, il volto sorridente della riconciliazione, se non addirittura del perdono. Mano nella mano, giravano per le strade illuminate e animate dell'ex capitale del Terzo Reich, si fermavano davanti alle vetrine eleganti, visitavano i musei, i giardini pubblici, le biblioteche, ammiravano i quartieri ricostruiti, applaudivano agli spettacoli e ai concerti, ridevano con gli scolari in cui si imbattevano la mattina presto o nel tardo pomeriggio. Era talmente semplice attirare la felicità; bastava prescindere dal passato, voltar pagina. Per essere contento, Malkiel doveva soltanto non pensare a suo padre. Ma... ci pensava. Ancor più di prima. L'uomo che gli cambiava il denaro in banca, dov'era durante la guerra? E il funzionario che gli spiegava la politica urbana di Berlino, che età aveva nel 1943? Era abbastanza vecchio per aver potuto servire nelle unità speciali delle ss? E Inge... aveva dei genitori? Chi erano? Lentamente, gradatamente, Malkiel senti che la sua felicità si sgretolava. Inge finì con l'accorgersi del cambiamento. Volle vederci chiaro. Si tratta di mio padre, confessò Malkiel. Mio padre mi impedisce di dimenticare. E, paradossalmente, lei diede ragione a Elhanan: Lo so, disse a Malkiel, non bisogna dimenticare nulla. È perché non voglio dimenticare nulla che ti amo; ed è perché tu devi ricordarti dí tutto che non puoi amarmi. Intelligente, Inge. Onesta, esigente. È perché io penso a tuo padre, disse lei a Malkiel, e al suo, e a tutti i padri ebrei che i nostri padri hanno assassinato che ti amo, che ti amo d'un amore che non può che essere sterile e senza futuro. Confuso, sollecitato da troppi richiami diversi, Malkiel piombò nella malinconia”.


Un caro saluto,

Alberto