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Cor-rispondenze

lunedì 31 gennaio 2011

Il senso della vita (III parte)



5. “Hai già sollevato domande sul senso della tua vita e se sì, in quale occasione?” (in quale momento o in quale periodo). Se sì, hai individuato risposte diverse da quelle che hai fornito alla domanda n. 2?

Di solito mi pongo domande sul senso della vita quando mi trovo in situazioni difficili o quando sono giù di morale. È proprio in queste occasioni che inizio a riflettere sul senso della mia vita e soprattutto a evidenziare gli aspetti positivi che mi rendono felice e gli aspetti negativi che mi rendono infelice. So però che affrontandoli con volontà di cambiamento mi fanno crescere.

Spesso mi sono domandata: "che senso ha vivere, se poi in un secondo tutto quanto, tutto quello hai fatto, tutto ciò che hai progettato svanisce? In particolare mi sono chiesta perché viviamo in seguito alla perdita di una persona a me molto cara: il dolore e la sofferenza mi hanno aiutata, in qualche modo, a crescere e a cambiare la prospettiva che avevo sulla vita. Mi ha fatto capire quanto sia difficile vivere, ma, allo stesso tempo, quanto sia essenziale lottare, andare avanti, non arrendersi mai, non lasciarsi intimorire dalle situazioni, resistere a qualsiasi ostacolo, perché non c'è cosa migliore che vivere la vita fino in fondo.

Ho cominciato a pormi alcune domande sul senso della vita circa due o tre anni fa. Non c'è stato un momento preciso, gradualmente, e molto lentamente, le domande sono diventate sempre più chiare e le risposte sempre più difficili da trovare. Devo ammettere, però, che lo studio della filosofia mi ha aiutato molto a ragionare e ha aumentato le possibili risposte.

Ad essere sincera non mi sono mai posta domande sul senso della mia vita, se non come ho spiegato nella domanda 2. Credo che la vita sia un dono prezioso e vada vissuta intensamente e al meglio.

Ho sollevato le prime domande sul senso della vita negli ultimi 2-3 anni a scuola, nelle lezioni di religione e di filosofia. Studiando diversi filosofi ho notato come sia difficile trovare una risposta a questa domanda e come le risposte sono disparate a seconda di ciascuno di noi. Le risposte che però ho individuato sono quelle della domanda n. 2, ma sono sicuro che si mi chiederanno tra 10-15 anni qual è il senso della mia vita le risposte saranno altre, perché a diciassette anni non si ha l'esperienza che si potrà avere a 30-35 anni. Quindi, per ora, il senso della mia vita è nelle cose che mi stanno attorno e non tanto in qualcosa di spirituale.

Spesso mi sono chiesta che senso avesse la mia vita, e quella di tutti gli altri.
Quanto valgono 21 grammi? Come sarebbe la vita delle persone che conosco se io non fossi mai esistita? Ultimamente mi chiedo se ci sia qualcosa che mi sta sfuggendo per capire il senso di tutto questo... penso dentro di me, cerco di ricordare il passato, i volti, i luoghi, gli odori... poi penso al presente, mi immagino un futuro... perché vivo tutto questo?

Nei momenti più difficili della mia vita, le domande sul senso della vita ritornano più forti. In questi momenti sento forte il desiderio di trovare una risposta sicura, verificata, che possa dire con certezza chi siamo noi e che cosa facciamo su questa terra in questo momento, piuttosto che in un altro luogo, in una situazione diversa. Ma una prova certa non l'ho mai trovata e sono costretto a ricorrere alla fiducia in ciò che mi viene detto, o ai deboli indizi che trovo intorno a me.
Non mi sono mai posto domande sul senso della vita, forse per pigrizia o per paura di non trovare vere risposte.

Sì, mi capita ogni tanto. Ho un amico con cui affronto questi argomenti così diversi da quelli che noi giovani siamo soliti fare. Eppure mi sento più grande, più completa, più intelligente dopo averli trattati. E alla domanda sul senso della vita, che è stato proprio il mio amico a pormi per la prima volta, ho sempre risposto allo stesso modo: un giorno potrò dirvi quale senso avrò dato alla mia vita e se non lo farò io lo faranno le persone che mi sono state vicino e mi hanno voluto bene.

Sì, mi è già capitato di parlare di questo argomento agli scout, in classe, o anche solo con delle persone (una in particolare). Oppure mi ricordo di un momento in Inghilterra quando mi trovavo davanti ad un paesaggio splendido (in Cornovaglia) e mi sono sentita minuscola. Ho sempre risposto a questa domanda come ho fatto alla n. 2, però è ovvio che in certi periodi un po' più cupi avevo e ho la tendenza ad essere meno positiva e a pensare di più (spesso inutilmente) invece di prendere in mano la mia vita e renderla migliore, cambiando ciò che non mi va a genio.

Le domande sul senso della vita sorgono spesso alla morte di persone abbastanza vicine a me; in queste occasioni mi chiedo che senso ha vivere se da un momento all'altro puoi lasciare questo mondo; se a causa di un incidente si può rimanere incollati al letto di un ospedale per il resto della vita. A questi dilemmi mi sono risposto che bisogna vivere la vita serenamente e, in un'ottica cristiana, se queste cose accadono vuol dire che c'è un disegno superiore a cui non possiamo sottrarci.

Non ho mai sollevato domande o pensato in particolare al senso della vita. Penso che ognuno debba tentare i propri ragionamenti secondo la propria logica, argomentando, trovando conferme o smentite dai libri. La presenza di una persona pronta a ribattere col proprio ragionamento può essere di intralcio all’avanzare del nostro pensiero e potrebbe condizionarci.

Sì, quando è morta un'amica che non vedevo da anni. Per giorni mi sono posto domande del tipo: perché a lei e non a qualcun altro?", "perché sono ancora qua?", "che senso ha sbattersi per andare avanti, se tanto finisce tutto? ". Non credo di essere arrivata a dare risposte vere e proprie, so solo che ho deciso di andare avanti anche per lei, perché non ha avuto le possibilità che sono state date a me. Per quanto riguarda la domanda "perché lei?”, ho letto poco dopo un libro che rispondeva: "è il genere di domande che Dio non si pone".

Sì, molte volte mi sono già domandata che senso avesse la mia vita e l'unica risposta che sono riuscito a darmi è che così doveva essere. Ho già anche pensato che qualcuno più grande di me avesse voluto la mia esistenza per un motivo a me per ora ignoto. Io sono credente.

Domande ne ho sollevate tante, risposte me ne sono date ben poche. Sollevo queste domande quando mia madre incavolata nera mi vede coricata sul divano e mi chiede che cosa voglio fare della mia vita; me le pongo quando attraverso un periodo in cui non me ne va bene una e non so da che parte sbattere la testa; me lo chiedo quando mi fermo un attimo a pensare a quello che sucederà domani... le risposte che mi do sono poi sempre diverse, cambiano a seconda della giornata, del periodo, di ciò che mi accade intorno. Io nella mia vita voglio essere felice, se sono qua e sono come sono ora un motivo ci sarà, uno scopo ce l’ho anche io! Io voglio far sorridere le persone che amo, farle piangere di gioia, voglio esserci sempre, voglio rendere felici i miei genitori, renderli fieri di me, voglio cambiare il mondo, o almeno rendere perfetto il mio! Ho diciassette anni, ho tutte le possibilità e le capacità di farlo.

Raramente mi è capitato di riflettere seriamente sul senso della vita; è successo in momenti tristi e difficili, quando ti chiedi - in modo più retorico che reale -, che motivo ha la tua esistenza.

Penso che domande del genere me le pongo da un paio di anni a questa parte, e credo di aver seguito sempre la linea di pensiero che ho descritto nella domanda 2.

Ho iniziato a pormi certe domande appena due-tre anni fa, grazie alla mia personale curiosità e stuzzicato dalle lezioni di religione, ma se allora non mi soffermavo troppo sul problema, negli ultimi tempi ho cercato di "comprendermi" meglio e sono arrivato alla conclusione della risposta n. 2. Diciamo che, comunque, sono ancora alla ricerca di "pezzi mancanti".

Sì, spesso, praticamente ogni giorno.



6. “Hai avuto delle esperienze particolari, spirituali o di altro genere, che hanno generato una nuova comprensione del significato della tua vita?”;

Come ho già scritto nella domanda n. 2, la comprensione del significato della mia vita è cambiata molto da quando è morta mia nonna paterna a cui ero molto affezionato. Anche se è brutto dirlo, la sua morte mi è servita molto per farmi capire che noi uomini alla fine dei conti siamo niente, perché siamo esseri non eterni, e quindi dobbiamo goderci la vita fino in fondo, godere attimo per attimo come se fosse l'ultimo della vita.

Il dolore che ho provato per la perdita di alcune persone molto importanti e vicine a me mi ha fatto riflettere molto sul significato che ha per me la vita. Viviamo tutti in attesa di qualcosa, di qualcosa di migliore e viviamo sperando che ciò che abbiamo fatto e creato durante la vita sia ricordato e lasci una qualche traccia in futuro. Dato che credo nell'esistenza di Dio, sono convinta che noi viviamo in un determinato luogo e in un preciso periodo perché, in qualche modo, è lì che c'era bisogno di noi: la vita è un passaggio, e deve essere vissuto nel migliore dei modi perché è un dono per tutti noi, in attesa di una nuova vita.

Sì, in un certo senso sì, fino a tre-quattro anni fa credevo di essere un credente, in realtà ero stato abituato a pensare di essere credente e, piano piano, mi sono allontanato dal mondo della religione, consapevole di non avere una fede reale. Da quel momento è cominciato a nascere il senso della vita che ho attualmente, ed è anche cominciata una ricerca reale e personale nei confronti di Dio.

Purtroppo non ho mai avuto esperienze né particolari né spirituali che possano aver generato una comprensione del significato della mia vita; ma ho sempre desiderato, e spero che un giorno questo desiderio si avveri, di andare per un periodo come volontaria ad aiutare i bambini poveri che hanno più problemi di me; è un'esperienza che mi piacerebbe molto, e quando compirò diciotto anni, e fortunatamente ci sono vicina, forse riuscirò a renderla realtà.

Quand'ero più piccola, fino a qualche anno fa, molte domande trovavano risposta in Dio, perché fin da piccola così mi era stato detto; ma negli ultimi anni, specialmente da quando ho iniziato il triennio del Liceo, penso che Dio sia l'ultima risposta ipoteticamente giusta, perché se un essere onnipotente esistesse davvero non permetterebbe certi avvenimenti. E anche se un dio esiste io ritengo che sia indifferente a noi e quindi non vedo perché dovrebbe essere una delle ragioni del mio senso di vivere.

Diciamo che ho avuto alcune brutte esperienze che mi hanno portato a farmi molte domande sul senso della vita. C'è stato un periodo in cui avevo perso la speranza per ogni cosa bella ed ero convinta che niente avesse senso, e non riuscivo a guardare più in là di qualche giorno. Oggi invece vedo che, in fondo, se siamo nati e se siamo in vita ci dovrà pur essere qualche motivo!

Con il mio gruppo parrocchiale ho già fatto diversi ritiri. La parte che mi tocca maggiormente è la condivisione delle esperienze personali. In quei momenti è possibile scoprire che c'è qualcuno che ha i tuoi stessi problemi e le tue stesse preoccupazioni; che non sei solo a provare determinati sentimenti. Questo contribuisce a rimpicciolire quegli stessi problemi, e a farmi scoprire che c'è sempre comunque qualcosa, anche nelle situazioni più drammatiche, per cui vale la pena vivere.

Mi aveva colpito la storia di una ragazza (poi diventata beata) che, colpita da tumore, in fase terminale non aveva mai abbandonato la sua felicità e il suo sorriso, diventando prima e dopo la morte un simbolo per tutti coloro che si trovavano nella sua situazione. In quella situazione avevo pensato che lei doveva aver trovato sicuramente il senso della vita: uscire dal cammino dell'esistenza a testa alta, felice di quello che aveva e che aveva lasciato agli altri. Avere una vita piena, anche se corta, e non una vita vuota e lunga.

Alcune esperienze che mi è capitato di avere in questi anni di vita hanno contribuito a formarmi poco per volta, mutando la mia personalità e il mio modo di pensare. Giocare per tre anni in una squadra di pallavolo mi ha fatto capire che nella vita ci vuole forza e quando cadi non devi piangere, ma alzarti al più presto, altrimenti un altro colpo di centrerà. Vedere mio fratello partire pochi mesi fa per l'Inghilterra, a solo diciannove anni, per andare ad abitare a Londra mi ha insegnato che nella vita bisogna essere temerari e ottimisti altrimenti non si arriverà mai da nessuna parte.

Ho conosciuto un monaco dell'abbazia di s. Antimo, in Toscana. E' una di quelle persone che quando parlano riescono a trasmetterti ciò che provano realmente per quello che fanno e che trasmettono un sacco di emozioni. Nonostante io non condivida lo stile di vita di questa persona devo ammettere che era ed è una gran bella persona. Avevo dei pregiudizi nei suoi confronti ma quando abbiamo avuto la possibilità di confrontarci ho dovuto ricredermi. Pensavo fosse uno di quegli ecclesiastici dalla mentalità chiusa e arcaica, ma mi sono dovuta ricredere. Anche grazie a lui ho capito l'importanza della semplicità, della riflessione, della contemplazione. L'importanza e la necessità che do adesso a questo tipo di cose le devo anche lui che mi ha fatto scoprire la bellezza un pomeriggio d'estate coricati in un prato a guardare il cielo.

La visione del film "Le ali della libertà" in cui il protagonista, un uomo di successo finisce ingiustamente in prigione, ma attraverso le sue capacità riesce a tornare in libertà, mi ha fatto comprendere che, per una persona che si impegna e usa l'intelletto non c'è nessun ostacolo così grande che non possa essere superato.

Quando faccio dei viaggi in montagna o al mare trovo sempre dei momenti in cui riflettere da solo osservando il panorama; oppure durante le sere d'estate a guardare il cielo stellato. Non ci sono stati bruschi cambiamenti, ma piccole e graduali intuizioni. Un cambiamento troppo forte dato da un avvenimento improvviso e straordinario potrebbe essere limitato al periodo di stupore e creare confusione.

Una volta ho parlato a un amico. Io avevo la testa piena di quei concetti religiosi che ti mettono in testa prima che tu possa iniziare a pensare e a ragionare. Mi avevano sempre detto che la mia vita era per Dio, che dovevo fare la buona per lui, che ogni cosa che facevo era per lui. Ho dato per scontato che per tutti fosse così, fino a quando questo amico non mi ha espressamente chiesto: "perché credi in Dio?" E senza aspettare la risposta mi ha spiegato che anche lui in passato, per abitudine o tradizione, credeva all'esistenza di Dio. Un giorno ad una messa decise di non prendere l'eucarestia e di non farlo più finché non avesse preso lui la decisione di credere e non i suoi genitori. Quella chiacchierata ribaltò tutte le mie certezze e cominciai a pormi domande, ma nessuna di queste domande ha avuto risposta.

All'età di undici anni c'è stata un'esperienza che mi ha segnato particolarmente. Ero in montagna durante una camminata con un gruppo di ragazzi della mia età della diocesi. Guardando il sole qualcosa è cambiato. Non so dire con esattezza cosa fosse ma ho sentito qualcosa dentro che mi ha scombussolata come se mi fossi appena svegliata da un lungo sonno... mi sono davvero sentita completa. A distanza di anni non so chi o cosa ho incontrato in quel giorno, ma la mia vita è cambiata. Il modo in cui concepisco la mia vita è cambiato. Ora mi sento più tranquilla perché non mi sento sola. Io sono credente non in una religione, ma in qualcosa che sta sopra di noi e che ci sostiene.

Mi hanno portato via un'amica, me l'hanno strappata a quello che definiamo vita, non sono io che posso giudicare che cos'è giusto e che cosa è sbagliato. Io posso solo continuare a chiedermelo. Aveva dei progetti, aveva sofferto, ma voleva uscire, voleva "spaccare", voleva vivere. Ora mi chiedo: avrà avuto il tempo di dare un senso alla sua vita? E ora che se n'è andata, avrà realizzato quello che si era prefissata? forse lei non ha potuto realizzarsi, non ne ha avuto il tempo. Nemmeno io conosco il tempo che mi è stato concesso, ma ora che sono qui posso ancora aprire gli occhi al mattino, posso ancora sentire il profumo del caffè, il calore degli abbracci, dei baci, posso ancora piangere, lamentarmi, posso ancora vivere, posso ancora credere in qualcosa. Una risposta alle mie domande però crescendo me la sto dando o perlomeno io sono sicura che lei, Nuny, faccia parte di un disegno bellissimo, di un quadro ricco di colori e di emozioni, e che quel grande pittore ce l'abbia portata via per farci capire, per farci porre un obiettivo, per farci dare un senso che forse non ha potuto dare lei.

Il crescere di per sé fa maturare ogni giorno dentro di noi la comprensione del significato della vita; crescere vuol dire doversi confrontare con situazioni nuove, piacevoli, difficili, tristi, tanto grandi da sembrare insormontabili. Persone molto vicine, che la sera vanno a dormire e che non si sveglieranno mai più; amiche, compagni di scuola che saluti il venerdì con un: "ci vediamo lunedì", ma che la domenica sera, tornando da sciare, se ne vanno per sempre e nessuno sa davvero bene dove. Le vita è stata un dono di chi ci vuole bene, non si può togliere così presto, senza preavviso. Eppure succede, troppo spesso. È stata particolarmente la morte a generare una nuova comprensione del significato della mia vita; può arrivare da un momento all'altro, per questo non dobbiamo aspettare a dare un senso alla nostra vita, ma dobbiamo farlo ogni giorno.

Non ho mai avuto esperienze rilevanti in quel senso, non è ancora successo nulla nella vita da farmi capire qualcosa di più o qualcosa di differente.

Qualche anno fa ho conosciuto un ragazzo che aveva iniziato l'Accademia per diventare finanziere, e vedendo in lui tanta determinazione e devozione verso il suo "sogno" mi sono innamorato della vita militare e mi sono informato; non solo perché curioso, ma perché ero davvero interessato. In un certo senso questa mia "speranza" di riuscire a fare una scuola del genere mi ha portato a mutare la mia comprensione del senso della vita.

Sinceramente sì, uno stato di solitudine: diciamo che restare da sola in determinate occasioni mi ha fatto pensare a molte cose.

lunedì 24 gennaio 2011

Il senso della vita (II parte)



3. Quali sono le conseguenze sulla tua vita quotidiana del senso che dai alla tua vita? Come orienta le tue priorità, le tue scelte, i tuoi comportamenti?

Secondo me la vita bisogna viverla giorno dopo giorno senza programmarla più di tanto, perché bisogna godersi nel migliore dei modi ogni attimo e ogni momento, senza farsi troppe paranoie e viaggi mentali che alla fine non servono a niente e inoltre complicano solo la vita.

Il fatto di non conoscere ciò che la vita ha in serbo per noi può influenzare le nostre azioni e le nostre scelte. Mi capita spesso di attraversare momenti difficili che mi sembrano insuperabili, ma se poi mi fermo un attimo a riflettere, capisco che non bisogna fermarsi, bisogna vivere la vita ogni istante come se fosse l'ultimo, perché la vita è una sola e in un attimo tutto può cambiare. La vita è così imprevedibile… Il senso che io do alla mia vita mi ha permesso di non arrendermi anche di fronte a situazioni difficili da superare, ecco perché credo che bisogna vivere ogni singolo momento appieno e fino in fondo.

Il senso che do alla mia vita mi permette di rispondere chiaramente a una buona metà delle domande che mi pongo quotidianamente, e di risolvere quesiti che altri (con una concezione di vita differente dalla mia) considerano ancora irrisolti. In un certo senso mi sento "proprietario" delle mie azioni, delle mie scelte e dei miei comportamenti: agisco quindi di conseguenza. Anche se a volte mi è capitato di sentire la mancanza di “un qualcosa”.
Nella mia vita quotidiana cerco di essere d'aiuto ai miei genitori quando ne hanno bisogno e anche quando non ne hanno; mi dedico allo studio e se ho tempo anche alle mie passioni e agli hobby che mi fanno stare meglio. Più cose faccio per me e per altri più queste cose rendono la mia vita migliore.

Le cose più importanti della mia vita sono anche quelle che danno un senso alla vita, quindi le conseguenze sono quelle che rendono realizzabili i miei obiettivi: impegnarmi a scuola, dedicarmi agli amici. Le mie priorità sono: lo studio, la famiglia e gli amici; i comportamenti che cerco di adottare sono i migliori possibili per avere una vita felice il più spesso possibile.

A volte cercò di compiere delle scelte in base all'avvenire, nonostante ci siano momenti in cui mi chiedo se ci sarà un avvenire. Il punto è che ogni cosa che faccio segue inevitabilmente il modello delle cose che fanno tutte le altre persone: non si travolge ciò per cui siamo nati. E siamo nati per crescere, andare a scuola, giocare, ridere, sbagliare, trovare un lavoro ecc.. Non si può veramente scegliere come comportarsi: se volessi volare come un uccello non potrei, perché sono nata come un essere umano e quindi sono paradossalmente già stata destinata ad un destino.

Il senso che ho dato alla mia vita mi porta a non cercare stabilità o sicurezza nelle cose materiali di questa terra, ma a cercare di vivere in funzione di qualcos'altro più grande. Sicuramente ciò non è facile e mi rendo conto che molto spesso tendo a dare importanza a quelle cose che caratterizzano una vita di successo in questo mondo.

Non so quanto e come influenza la mia vita quotidiana. Penso sia un qualcosa di incontrollabile e che viene dal subconscio. Spesso non arriva subito, e magari serve a farmi riflettere sugli errori o sulle mie intenzioni ad andare in una certa direzione nelle scelte

Penso che la vita sia come un temporale, devasta i raccolti e porta carestia. Però nel periodo di siccità ogni singola goccia è manna che discende dal cielo e guardando dai vetri colpiti dalla pioggia ci si riempie il cuore di gioia e si vede un futuro prospero e fecondo. Approccio la vita con coraggio, con forza e con sentimento, e da tutto ciò che di brutto mi accade - al posto di fuggire - cerco di imparare; imparo a riconoscere le persone che mi amano, le scelte che mi sono di aiuto e i comportamenti più corretti da tenere per non cadere più il giorno dopo nello stesso errore.

Sicuramente il mio modo di approcciarmi alla vita fa sì che io sia una persona con idee abbastanza chiare su ciò che vuole fare: spesso ho un comportamento un po' istintivo... diciamo che mi butto, qualunque sia la situazione ho la tendenza a volerla vivere fino in fondo, senza pensare più di tanto alle conseguenze (a volte sbagliando, perché dovrei riflettere di più). Le mi priorità sono così le mie ambizioni, i miei progetti; purtroppo spesso sono concentrata troppo su ciò che è importante per me e rischio di non portare rispetto alle priorità degli altri (di coloro che mi sono vicini).

Il senso che do alla mia vita mi spinge adesso ad impegnarmi per raggiungere un buon livello di istruzione e contemporaneamente mi spinge a coltivare amicizie solo con persone che ritengo fidate e serie.

Una delle conseguenze che più noto nella mia vita quotidiana, che deriva dal senso che do alla mia vita, è il fatto che tendo ad essere molto razionale nel giudicare le cose e gli avvenimenti. Spesso mi accade di trovarmi in disaccordo con la Chiesa non tanto sull'argomento "Dio", ma sulle imposizioni che questa istituzione stabilisce per le persone.

Egoisticamente parlando la mia priorità è che io sia felice, ma forse prima ancora che siano felici coloro che mi ascoltano, mi consigliano, mi vedono piangere o ridere e soprattutto ci sono sempre... gli amici. Non posso essere completamente felice se non lo sono anche loro. La maggior parte delle scelte, delle decisioni, dei miei comportamenti sono orientati verso di loro, verso il loro bene.

Io so che questa "routine" della mia vita è impossibile da cambiare, perché sono cresciuta nella mentalità della nostra società. Quello che viene dopo la scuola sarà sicuramente il lavoro e non quello che più amo fare. Se potessi partire, perché no. Ma per dove? Non esiste un luogo dove tutti si dedicano alle cose che stanno loro più a cuore. Io vivo aspettando. E mentre aspetto cerco di essere migliore ogni giorno, anche se questo non è sempre possibile.

Influisce tanto, e molte volte non mi fa star bene. Per esempio: metto in secondo piano il mio benessere personale; molte scelte le faccio ma per il piacere che danno agli altri, e anche i miei comportamenti sono basati su quello che può far star bene la persona che ho di fronte. Molte volte penso alle cose che immagino gli altri faranno, ma non dico nulla. Dentro accumulo, accumulo un sacco di frasi non dette, azioni incompiute, ma quando sono sola esplodono ed escono tutte insieme.

Direzionare la propria vita verso la felicità significa per me potersi sentire, ogni sera, realizzati di ciò che si è fatto. Per questo punto molto a pormi dei piccoli obiettivi, non esagerati, ma nemmeno troppo modesti. Baso le mie scelte e le mie priorità sul piacere personale, senza tralasciare però i doveri meno piacevoli.

Oriento le priorità, le scelte e i comportamenti, o almeno cerco di farlo, con la ragione, riflettendo bene, e con sentimento, ascoltando anche il moto interiore. Per me è importante la moderazione, saper mantenere il controllo di se stessi senza che qualche cosa prenda il sopravvento su di noi.

Dedico molto tempo alla mia formazione scientifica e culturale; mi piace essere sempre informato delle cose, e cercare di avere una mia opinione personale. Cerco di impegnarmi al massimo, anche nelle cose più semplici e fare qualcosa che mi piace mi galvanizza. Se mi propongo un obiettivo cerco di impegnarmi per raggiungerlo cercando di rispettare i diritti altrui.



4. Ci sono alcune cose che fai ogni giorno o periodicamente che sono ricche di significato? Delle pratiche regolari che danno senso alla tua vita?

Non ci sono delle cose precise che possono dare più senso alla mia vita rispetto ad altre, perché alla fine tutto ciò che faccio contribuisce a dar senso alla vita.

Nella vita sono soprattutto le piccole cose che mi rendono felice: ogni semplice sguardo, ogni singolo gesto, un sorriso inaspettato, un abbraccio... sono attimi indimenticabili che contribuiscono a rallegrarmi e a rendermi consapevole del fatto che la vera felicità non è fatta di grandi cose e che nonostante tutto la vita è bella! Può sembrare strano, ma una pratica quotidiana che dà senso alla mia vita è dire: "TI VOGLIO BENE" e "GRAZIE" alle persone che più amo, perché secondo me occorre talvolta dimostrare praticamente i nostri sentimenti.

Adesso che ci penso non ho delle pratiche regolari che danno senso alla mia vita, e forse è meglio così, almeno non rischio di cadere nella monotonia. Di solito sono eventi inaspettati. Avvengono quasi solamente quando sono con gli Scout, quando arrivo alla meta dopo un lungo cammino e ho i piedi doloranti, ma sono insieme a coloro che reputo realmente miei amici. Questi sono i momenti che danno senso alla mia vita.

Penso che “in primis” la cosa che faccio ogni giorno che non può che dare senso alla mia vita è: andare a scuola. Questa è la prima cosa che mi è venuta in mente leggendo la domanda. La scuola ha contribuito alla mia formazione e a integrarmi con il mondo.

Ultimamente siamo sempre di fretta, non c'è più tempo per niente perché forse non siamo più in grado di gestire in modo corretto il nostro tempo, così quando sono a casa con la mia famiglia anche solo se guardiamo un film tutti insieme, in quel momento capisco che la mia vita ha un senso proprio per quei momenti. Oppure quando un’amica ha bisogno di essere ascoltata o chiede un mio consiglio e io posso esserle di aiuto.

Quando penso e ragiono con la mia testa e provo emozioni. E poi sono a contatto con tante persone con cui vivo e mi confronto. Quando sorrido o vedo le persone che amo sorridere o quando le abbraccio.

Riflettendoci, mi accorgo che spesso tendo a dare senso alla vita attraverso l'abitudine; se mi chiedessero perché questa mattina mi sono svegliato, a un primo impatto risponderei: perché è sempre accaduto così. Eppure so bene che un giorno dovrò morire. Forse il senso della vita posso trovarlo ogni volta che mi convinco che non è tutto scontato quello che mi accade e quando mi ritengo fortunato per tutte quelle cose che mi appaiono normali, come avere una famiglia e poter andare a scuola...

Penso che si possa trovare un senso nella vita in tutto ciò che facciamo. Chi pensa di farla finita con la vita è perché non riesce o non vuole trovare in ogni piccola cosa un significato importante per lui.

Alle volte piccoli gesti, da alcune persone considerati banali, sono carichi di importanza per colui chi li compie. A me ad esempio gratifica un sacco ringraziare mio padre quando mi porta o mi viene a prendere alle ore più disparate del giorno e della notte; perché quando alle tre del mattino fuori da un locale sto gelando, tremo tutta, e non vedo l'ora che mio padre arrivi, mi rendo conto che mi vuole davvero bene per fare tutti questi sacrifici per me e allora sento il bisogno di ringraziarlo.

Sicuramente essere parte degli Scout mi ha aiutato a dare un senso alla vita e a formare la persona che sono e che vorrò diventare. Parlare tra di noi, confrontarci, interrogarci (su domande anche non troppo semplici), camminare insieme, faticare, lavorare, conoscere, fare nuove emozionanti esperienze, dare il meglio di sé..., tutte queste cose non sono facili da realizzare, però una volta arrivati al "traguardo" danno un sacco di soddisfazione, “ti riempiono”. Credo che soltanto chi condivide con me questa passione può comprendermi fino in fondo.

La messa della domenica ha per me un grande significato. Perché in essa trovo i giusti valori per vivere una vita in pace con me e con gli altri. Le uscite con gli amici hanno anche molta importanza dato che grazie ad esse provo un momento di svago dalla vita quotidiana.

Passo parecchio tempo al computer per cercare di capire come funziona e per cercare di creare qualche semplice programma. Mi piace molto il modellismo, perché mi stupisce vedere come ingranaggi di vari pezzi di un modello separati non funzionano, ma se assemblati in un certo ordine permettono ad un oggetto di volare, di andare veloce, di nuotare.

Ogni tanto suono la chitarra e, nonostante non sia molto costante, suonare uno strumento mi dà un sacco di soddisfazione. Quando vedi un gruppo di persone che canta all'unisono la canzone che stai suonando, non pensi a nulla, la musica ti avvolge e ti senti pienamente realizzata. Sensazioni simili le provo quando faccio una torta o cucino qualcosa che viene apprezzato da tutti, o quando faccio un disegno e mi sento dire: "dovevi fare l'artistico”; insomma, tutto questo per dire che le cose in cui metto impegno e vengono poi apprezzate dagli altri sono ricche di significato. Ogni cosa che fa nascere un sorriso, che suscita qualche strana emozione, che dà gioia, fa piangere, fa arrabbiare, ogni cosa che non suscita solo indifferenza mi fa venir voglia di andare avanti e dà un senso alla mia vita. Senza queste piccole cose sentirei la mia vita vuota e vivrei nell’apatia.

Sarà perché è un'abitudine, sarà perché mi piace, amo andare ogni sabato con tutti i cugini a pranzare insieme da mia nonna. Ecco, questo per me è fondamentale, perché mi dà un senso di sicurezza e di appartenenza che nessun altro luogo sa darmi. Poi ci sono anche abitudini più recenti, come passare pomeriggi interi con le mie amiche che danno senso alla mia vita, perché quando stai bene sai che anche solo con un abbraccio, con una buona parola, dai conforto e aiuto a coloro a cui vuoi bene e di conseguenza anche a te stessa. Perché quando vediamo che quelli che ci sono vicini stanno bene stiamo meglio anche noi.

Una cosa che faccio sempre è chiedere: "come stai?" ad ogni persona che incontro, perché ritengo importante che qualcuno si interessi di una persona tutti i giorni; un'altra cosa che faccio è scrivere, o cercare frasi di testi e canzoni che mi rappresentino la giornata, che diano un senso verbale a quello che mi accade e che io faccio accadere. Ho la camera tappezzata di frasi scritte da me o da altri sugli armadi, sulle mensole, sul letto, che ogni mattina leggo e mi pongo come obiettivo.

È difficile pensare così su due piedi ad un gesto che facciamo o abbiamo fatto che dà senso alla nostra vita. Quando sono sul momento di agire, raramente mi fermo a pensare. A dare senso alla mia vita ci sono gli obiettivi che raggiungo; ma penso che il gesto più significativo per me è il sorriso, il sorriso ricevuto d'improvviso, il sorriso scambiato, il sorriso regalato senza voler nulla in cambio.

Oltre alla respirazione, altre pratiche rilevanti della vita non ho. Ma quel significato che forse è più legato al piacere penso me lo diano tutte quelle cose che sono solito fare abitualmente. Quelle a cui magari non si dà particolare importanza, ma di cui si sente la mancanza quando non si verificano. Credo che la compagnia di una o più persone non dia più significato alla vita, ma di sicuro la elevi ad una qualità maggiore.

Trovo che sia molto importante leggere, studiare con impegno al fine di conoscere e capire il mondo che mi circonda per potermi comportare in modo critico e responsabile. Credo sia molto importante costruire dei rapporti di vera amicizia basati sulla sincerità, sulla lealtà e sul rispetto. Sapersi relazionare agli altri rispettando il pensiero, le diversità e i diritti di tutti è per me basilare.

lunedì 17 gennaio 2011

Il senso della vita (Ia parte)



Nell’ambito di una inchiesta sul “senso della vita”, un gruppo di ricerca dell’Università “Blaise Pascal” (Clermont - Ferrand, Francia), guidato da Michael Dambrun, docente di Psicologia sociale e di Metodologia della ricerca, ha realizzato un bel questionario on-line rivolto a ragazzi e adulti.
Nelle prossime settimane, prendendo spunto da questo modello, proveremo a riflettere sul “senso” che diamo alla nostra vita, e sul “senso” che attribuiamo alla vita in generale.
Tutti coloro che desiderano partecipare alla ricerca possono far richiesta del questionario al prof. Alberto Lusso


“Seguendo Albert Camus, trovare il senso della vita è la più pressante delle questioni: all’essere umano non basta semplicemente vivere, ha necessità di attuare la sua esistenza in un orizzonte di senso - nella duplice accezione di “significato” e di “direzione”. Ognuno di noi sembra avere un orientamento privilegiato nel modo di produrre senso, individuando quella direzione del pensare, del sentire e dell’agire in cui sente di poter realizzare se stesso, i percorsi che condensano valore e dischiudono possibilità esistenziali autentiche, rispetto a quelle condizioni che impediscono o impoveriscono l’elaborazione simbolica. Relazioni affettive, pensieri, credenze, valori, azioni: è in questi ambiti che possiamo cercare un senso che valga per noi stessi, nel rapporto con gli altri, e più in generale, nella nostra relazione con il mondo. Ancora più importante appare la riflessione sul senso della vita qualora l’individuo si trovi ad affrontare una situazione di difficoltà o disequilibrio e stia cercando di mobilitare le proprie risorse interne ed esterne per avviare o consolidare un processo di “resilienza”.
Rosalba Miceli, La Stampa, 17/05/2010.



1.“Che cos’è più importante per te nella tua vita?” I tuoi obiettivi, le cose che vorresti fare, le cose che ti stanno a cuore.

La salute, la soddisfazione personale, e la contentezza per esser riuscito a raggiungere un importante traguardo, cioè una sorta di "vittoria" personale. Per esempio, mi piace moltissimo la campagna e soprattutto osservare come la natura sia un meraviglioso complesso di straordinari fenomeni che regolano in gran parte il nostro vivere. Anche se può sembrare strano, a me affascinano molto queste cose: ad esempio vedere come un minuscolo seme di pomodoro possa con il tempo e con tutta la cura necessaria arrivare ad essere una frondosa pianta che produce in tutto il corso della sua "vita" chili e chili di pomodori; o ad esempio le api, che alla gran parte di noi possono sembrare solo insetti insignificanti, ma con il loro lavoro impollinano i fiori. Mi meravigliano anche i fiori delle piante che producono i frutti che stanno alla base della nostra alimentazione.

Personalmente uno degli obiettivi che considero importante nella vita è la felicità: l'essere felici ci permette di vedere il mondo attraverso un'ottica positiva; ciò non toglie che nella vita bisogna sempre lottare, superare gli ostacoli che oscurano certi periodi, ma è, appunto, la ricerca della serenità che ci permette di vivere in attesa che ciò avvenga. Tra gli obiettivi che mi prefiggo, oltre al vivere con serenità, vi è la voglia di fare, di diventare qualcuno, di crescere, di godere ogni momento della vita, anche le piccole cose che la vita ci ha donato; di continuare ad amare, di creare una famiglia e di essere sempre sostenuta e aiutata nei momenti di difficoltà (ma non solo), dalle persone cui voglio bene e che fanno parte della mia vita.

In una scala di importanza, le cose che vorrei fare si trovano sicuramente l'ultimo posto; i miei obiettivi al secondo, e le cose che mi stanno cuore al primo punto, anche se tengo a precisare che sovente le cose che mi stanno cuore implicano il raggiungimento dei miei obiettivi.

Ciò che per me è più importante rispecchia ciò che mi dà maggior soddisfazione: la mia famiglia, senza la quale farei fatica a chiamare la vita “vita”; i miei amici, sempre presenti e che spesso sono gli unici con cui desidero condividere le gioie, le passioni, le paure e i dolori. La scuola, che pur non essendo sempre piacevole mi ha aiutata ad aprire la mia conoscenza e ad essere la persona che oggi sono. E quando sarò "grande", importante sarà il mio lavoro, l'attività alla quale dovrò dedicare il mio tempo e il mio impegno, e sarà proprio quello che mi integrerà ancora di più nella vita e mi aiuterà man mano a crescere, perché alla fine non si smette mai di imparare. Ogni giorno però, dati i miei 17 anni, quasi 18, il mio obiettivo più grande è quello di impegnarmi al massimo nella scuola e di aprire le porte della mia vita. Ma non solo la scuola è un obiettivo; amo per esempio viaggiare, conoscere e ammirare le meraviglie del mondo, ma di certo non mi manca la voglia di divertirmi e di stare bene con le persone care.

Le cose più importante nella mia vita sono la famiglia, gli amici e il mio futuro. Tra un gli obiettivi che spero di realizzare: trovare un lavoro che mi soddisfi, creare una famiglia, trovare delle risposte alle domande a cui oggi rispondo sì, ma in modo non del tutto convinto. Mi piacerebbe viaggiare conoscere meglio il mio pianeta, per imparare cose nuove da altre culture e per fare esperienze nuove.

Le cose più importanti della mia vita sono: amare e fare di tutto per le persone che amo. Le cose che vorrei fare sono tante, mentre gli obiettivi di cui sono sicura sono ben pochi. Però so di voler viaggiare, vedere posti, persone diverse, culture diverse; e di voler leggere tanto, dato che ci sono troppi interrogativi che affollano la mia testa, e ho sete di voler sapere. Ormai ho abbandonato gli anni in cui, ancora con occhi da bambina sognavo di fare chissà cosa, magari la ballerina o la rockstar. Ora penso di preferire una vita più “normale”, nel senso che voglio studiare, andare all'università e costruire una famiglia a cui poi dedicare tutti gli sforzi. So per certo, però, che non smetterò mai di essere curiosa riguardo alle cose del mondo o riguardo il senso delle cose.
Sicuramente la prima risposta istintiva a questa domanda sarebbe: successo, denaro, una buona posizione sociale, magari anche una famiglia... premettendo che tutte queste cose sono desiderabili, non le ricerchiamo per se stesse, ma in funzione della felicità che ne deriva. A questo punto, se le cose stessero proprio così, vi sarebbero due categorie di uomini: quelli di successo, che sarebbero felici; e di tutti gli altri, irrimediabilmente infelici. Ma constatando che non è proprio così che va il mondo, mi sono chiesto tante volte cosa devo fare per vivere una vita felice. E finora l'unica risposta che ho trovato è cercare il più possibile di vivere serenamente, giorno per giorno, facendo il mio dovere, accettando le sfide che mi sono state messe davanti.

Le cose che mi stanno cuore e che danno senso alla mia vita sono cose concrete: partecipare ai gruppi di persone che condividono gli stessi interessi: musicali, sociali, scolastici. Sono cose che mi rendono felice solo se anche gli altri stanno bene e sono felici. Di questi tempi, gli obiettivi e le cose che si vorrebbero fare nel futuro diventano sempre più difficili da perseguire: resta comunque la voglia di studiare medicina, continuare con la musica (anche se non è molto quello che faccio, sono molto felice).

Non ho nemmeno diciott'anni, eppure nel mio piccolo ho sempre pensato in grande. Complice forse mio padre, che da sempre ho preso ad esempio e che è riuscito a realizzarsi e ad uscire dalle condizioni disagiate della sua famiglia, anch’ io mi sono posta obiettivi che mi rendessero felice. So benissimo che la situazione italiana al momento non è delle migliori, eppure ostinata e sicura di me continuo a perseguire il mio desiderio di studiare e di laurearmi al più presto possibile in medicina. Naturalmente sono consapevole del fatto che la carriera lavorativa non è tutto nella vita, e proprio per questo c'è tra i miei desideri quello di sposarmi e di avere una famiglia. Vedendo con quanta gioia mia nonna accoglie i suoi cinque nipoti nel suo piccolo alloggio tutto ordinato, sapendo che dopo dieci minuti regnerà il caos, mi rendo conto che è bello al termine della propria vita rendersi conto di aver generato altre vite e per questo essere certi che la propria esistenza al mondo non è stata vana. Vorrei lasciare la mia orma in questo mondo senza naturalmente il mio nome venga ricordato come quello di Hitler o di Einstein; mi basta che un piccolo gene di me continui ad essere tramandato nel patrimonio genetico di quella che sarà la mia discendenza.

Sembra banale, ma una delle cose fondamentali nella mia vita è l'amore. Inteso come l'amore che dopo e ricevo ogni giorno a tutte le persone che mi stanno cuore. A parte le cose più occhi e come questa, per me e importante scegliere bene il mio futuro, impegnarmi per raggiungere gli obiettivi che mi sono preposta, ovvero lavorare nel campo giuridico, possibilmente come magistrato e impegnarmi nel sociale, nella politica... sono tutte cose che mi danno che mi daranno soddisfazioni. Sembreranno un po' utopistiche, ma ho questa voglia di voler provare a cambiare le cose che non vanno nel nostro paese (ovviamente non da sola) e per vorrei viaggiare, viaggiare molto per vedere altre realtà di poter fare esperienze di ciò che ho vissuto.

Nella vita vorrei crearmi una famiglia, trovare un lavoro che mi consenta di vivere in tranquillità e mantenere l'amicizia con le persone più importanti per me.

Nella mia vita do molta importanza alla scoperta di cose sconosciute; per esempio, una cosa che vorrei fare in futuro è viaggiare. Mi capita spesso di passare interi pomeriggi a pensare a come potrebbero essere fisicamente certi luoghi e a come potrei stare bene in un certo posto, secondo gli usi e i costumi propri di quella parte del mondo. Un'altra cosa mi sta a cuore: la musica. Secondo me è la forma d'arte che esprime meglio le mie emozioni. Il mio obiettivo da raggiungere è trovare una situazione in cui poter star bene "moralmente" a partire dal lavoro e dalle conoscenze.

Potrei rischiare di cadere nella banalità, ma le cose che mi stanno davvero a cuore sono la mia famiglia, i miei amici. Per ora il mio obiettivo è proprio quello di trovare un obiettivo, ossia cercare cosa voglio fare in futuro, quel qualcosa che mi possa rendere felice. Vorrei poter avere già le idee chiare, e ammiro chi alla mia età conosce già cosa vorrebbe fare e in che cosa sceglie di credere. Ma si sa, ognuno ha i suoi tempi.

La cosa più importante della mia vita sono gli altri, gli amici che mi circondano, le persone a cui voglio bene. Certamente i miei compagni di vita, che finora ho conosciuto, non mi distolgono dai miei obiettivi primari che sono unicamente centrati su di me: come andare all'università, fare più viaggi possibile per conoscere meglio le altre popolazioni del pianeta e me stessa; farmi una cultura e con questa combattere per gli ideali in cui credo. Cercare di essere sempre sia nel bene che nel male me stessa, cambiando, dove mi è possibile, solo per essere una persona migliore.

Ciò che in questo momento della mia vita reputo più importante è: tenermi stretto, non perdere, l'effetto delle persone che amo, che stimo, che fanno parte di me; crescere, cambiando e cercando di migliorare il mio carattere in base alle esperienze che faccio; più concretamente, voglio finire il liceo e iscrivermi all'università, studiare per potermi assicurare il lavoro che mi piacerebbe fare e poterlo fare bene; rendere, infine, felici i miei genitori.

Penso che per vivere all'insegna del miglioramento di noi stessi sia indispensabile darci, volta per volta, degli obiettivi. Ora come ora mi sono posto questi obiettivi: impegnarmi a passare l'anno con una buona media, migliorare nel mio sport e trovare un lavoretto estivo. Allungando la proiezione nel futuro, ci sono poi le cose che vorrei fare nella mia vita adulta; vorrei avere la possibilità di trovare un lavoro stabile, di condurre una vita agiata, avere una famiglia in salute. Tuttavia ritengo che le “cose” più importanti della nostra vita siano le persone che ci stanno cuore, i nostri effetti; coloro che, anche se non saremo capaci di raggiungere i nostri obiettivi o realizzare i nostri sogni, avremo sempre accanto.

Siccome obiettivi chiari non ne ho, penso di dare importanza alle cose che voglio fare, preferendo pentirmi per qualcosa più che rimpiangere poi di non averla fatta.

I miei obiettivi sono: diventare una persona colta, capace, acculturata; cercare di essere una persona apprezzata sul lavoro, come in famiglia e con gli amici; terminare con successo l'Accademia o l'Università e mettere su famiglia. Mi piacerebbe viaggiare molto, imparare molte lingue straniere. Mi piace fare sport, perciò spero di riuscire a praticarlo per tutta la vita.




2. “Puoi spiegare il senso che dai alla tua vita personale?”

Il senso della nostra vita cambia giorno dopo giorno, in base alle decisioni che prendiamo o ad un determinato contesto in cui ci troviamo. Per esempio, da quando è morta mia nonna di tumore, penso sempre di più a come noi uomini, anche se accecati la maggior parte delle volte da una sorta di vanagloria e di onnipotenza, ci crediamo invincibili, ma invece basta solo una piccola disfunzione del nostro organismo per indebolirci fino al punto di morire.

Rispondere a questa domanda non è sicuramente facile. Spesso mi domando perché sono nata in un certo posto nel mondo rispetto ad un altro, perché proprio in questi anni, o perché sono nata. A tutte queste domande cerco di dare una risposta: secondo me, infatti, la vita è come un viaggio grazie al quale facciamo numerose esperienze, belle o brutte che siano, dolorose o no, e che ci aiutano a crescere e a maturare. Siamo tutti indispensabili a questo mondo: anche se non ce ne accorgiamo, ogni azione è sempre finalizzata a raggiungere un qualcosa che ci dovrebbe rendere felici, e ci permetterebbe in qualche modo di migliorare la nostra vita e quella degli altri. Bisogna, quindi, percorrere questa strada, passo dopo passo, non lasciandoci abbattere dalle difficoltà, ma superandole, pensando che domani è vicino e può essere migliore di oggi.

Non credo nell'esistenza del destino, né della fortuna, e al momento ho seri dubbi anche sull'esistenza di un Dio. Mi viene quasi naturale pensare che l'uomo sia padrone totale della sua vita, regolata da un susseguirsi di scelte che ne mutano l'avvenire. Influenzano la vita di un uomo le scelte degli altri uomini e l'intromissione della natura e dei suoi fenomeni (spiegabili e conosciuti). Mi rendo conto che la mia risposta liquida troppo velocemente la domanda, ma al momento mi sembra l'unica ipotesi razionale e abbastanza veritiera.

La domanda più difficile: il senso della vita; o forse la vita un senso non c'è la, come scrive anche Vasco Rossi. Posso dire che oscillo tra entrambe le affermazioni: a volte, quando mi succedono situazioni spiacevoli, o non riesco raggiungere un determinato obiettivo che mi ero prefissata, quando mi " crolla " il mondo addosso e vorrei solo scappare via lontano mi chiedo: ma che senso ha la mia vita? E mi rispondo da sola: ovviamente nessuno, ma forse non sono queste situazioni di disagio a essere le situazioni migliori per domandarmi che senso abbia la mia vita; dovrei sdraiarmi sul letto, chiudere gli occhi e pensare a tutta la fortuna che ho, a tutte le persone che mi vogliono bene e che farebbero qualsiasi cosa per me; a tutto quello che possiedo, a tutto quello che posso permettermi di fare, a tutti e a tutto ciò che mi circonda: penso sia questo che dà senso alla mia vita!

Sinceramente non ho mai cercato più di tanto di rispondere a questa domanda; ci ho sempre pensato poco, perché mi veniva più facile abbandonarla; però penso che la mia vita abbia un senso quando riesco, anche con poco, ad aiutare gli altri, quando sono in pace con me stesso, quando sono felice e vivo il presente senza pensare troppo al mio passato; quando cerco di costruirmi il futuro. Il senso che do alla mia vita sta nelle cose più importanti della mia vita.

Non so quale sia il senso della mia vita, e forse non esiste neanche. In questa vita vorrei trovare qualcosa di certo per cui vivere, qualcosa in cui credere, per cui lottare, qualcuno da amare sinceramente. Perché altrimenti il mio "essere qui" non avrebbe nessun valore. Il senso della mia vita, in questo momento, è condividere le emozioni con le persone a cui tengo, ma anche cercare di capire e rispondere a un po’ di domande che soprattutto nell'ultimo periodo mi sto ponendo. Ad esempio io non sono convinta che ci sia qualcosa dopo la morte; vorrei che ci fosse, ovviamente, per non pensare che finisca tutto. Però non lo so, e la cosa peggiore è che, con certezza, non lo saprò mai. Magari dopo la morte si entra in un'altra dimensione, magari rinasciamo e questa, senza saperlo, è la mia quarta vita. Oppure scompariamo da tutto. Anche se non riesco a immaginare come possa essere il non pensare più, dev'essere un oblio eterno.

Sicuramente difficile trovare il senso d'una vita che ci troviamo in mano senza averla chiesta, senza indicazioni su come sfruttarla. Quello che è certo è che questa vita finirà, e il senso che si dà alla vita è collegato a ciò che uno crede avvenga dopo la morte. Quello che penso io, condizionato dalla religione, è che ognuno di noi non è stato messo su questa terra per caso, e che non tutto finirà con la morte.

Non riesco propriamente a dare un senso alla mia vita, perché se penso a quanto la mia esistenza potrebbe incidere su gli avvenimenti del mondo mi sento piccolo, insignificante. Ma nel mio piccolo penso che il significato della vita sia quello di donare felicità agli altri e, come compenso, essere anch'io felice. Credo che se ci comportiamo in modo che gli altri possano essere felici e possano stare bene, chi sarebbe più triste e solo?

Sempre la mia saggia nonna mi ripete quasi quotidianamente: "la vita è bella, non bisogna sciuparla!". Sinceramente non so bene cosa significhi trovare un senso alla propria vita; penso che sia qualcosa di veramente complesso che non si può dare a priori, ma solo quando il cerchio della vita si sta per concludere, allora si può spiegare il significato, la via che uno ha percorso. Per questo, al momento non mi ritengo in grado di dare una risposta a questa domanda. Ma seguendo i consigli della nonna, vivo istante dopo istante, giorno dopo giorno, senza né anticipare né posticipare i tempi e cercando di sorridere e di farmi forza anche nei momenti di sconforto. Perché la vita è una sola e quale goloso che per una malattia può mangiare un solo dolce in tutta la sua vita, dopo averlo scelto, non lo mangerebbe, boccone dopo boccone, gustandolo con tutte le sue papille, fino all'ultima briciola?

La mia vita personale è sicuramente condizionata da tutte le persone che ne fanno parte. Ma ciò non vuol dire che nelle mie scelte e decisioni io mi faccia condizionare. Ogni giorno che passa cerco sempre di non pensare troppo astrattamente al futuro, credo che sia giusto stare coi piedi per terra e vivere per bene il presente con delle ambizioni o sogni nel futuro, certamente. Ogni tanto anche fantasticare un po' fa bene, con consapevolezza però.

La mia vita per ora è direzionata verso gli obiettivi che mi sono prefissato, senza dimenticare i valori cristiani.

Il senso che do alla mia vita: è la libera ricerca in tutti i campi con i mezzi di cui dispongo. Non potrei pensare di resistere a lungo semplicemente sentendomi dire da altri che cosa è giusto o sbagliato, o impormi un senso della vita non mio. Potrei essere d'accordo con affermazioni di altre persone, ma solo dopo aver ragionato personalmente. Solo con un'analisi personale di me stesso posso trovare ciò che veramente desidero per dare un senso alla mia vita. Se fossimo completamente privi di questa libertà, allora saremmo sotto il controllo di poche persone che ci terrebbero controllate non con una violenza fisica ma morale.

Ogni volta che sento una domanda del genere mi viene in mente la canzone: "Voglio trovare un senso a questa vita, anche se questa vita un senso non ce l'ha". Una volta ero pienamente d'accordo, invece ora credo che un senso ci sia... da qualche parte. Sinceramente a parole non saprei spiegarlo, anche perché non credo di averci mai pensato seriamente. In questo momento posso dire che sia la scuola a dare un senso alla mia vita, perché mi permetterà di avere un futuro (forse) e mi spalancherà un sacco di porte, mi farà incontrare persone fantastiche, mi darà soddisfazioni e delusioni, mi darà risposte e mi farà nascere nuove domande.

Oggi mi sento negativa. La mia vita in questo momento non mi sembra altro che una canzone già sentita migliaia di volte; prima si nasce, si va a scuola, all'università, poi si cerca lavoro, si crea una famiglia, si va in pensione e poi, come ultima cosa si muore. All'età di diciassette anni so tutto il percorso. E questa cosa anziché farmi gioire per la sicurezza che mi dà, mi rattrista perché nella società moderna viviamo già conoscendo il nostro domani. Ecco perciò il senso della mia vita: uguale a quello di milioni di altri: vivere, aspettando sempre qualcosa; vivere nel domani e non sapere godersi ogni momento. Io vivo di aspettative, di programmi, guardando sempre oltre, senza potermi fermare a dire che questo a me non sta più bene. Oggi vivo aspettando il sabato, o la domenica, poi aspettando Pasqua, e le vacanze estive. Ed eccomi di nuovo a settembre, aspettando il Natale. Questa non è la vera vita. È monotonia.

Sinceramente non so rispondere a questa domanda, me la pongo spesso ma non riesco a dare una risposta esauriente e definitiva. Conosco il senso che vorrei dare. Nella mia vita voglio fare star bene le persone che mi stanno intorno, farle emozionare e voglio che loro non mi dimentichino.

Il senso, inteso come significato, della vita personale è, secondo me, la possibilità di far vedere chi sono, di lasciare una piccola orma in questo mondo immenso. Do un senso, una direzione alla mia vita all'insegna di una vita piena, una vita felice. Il fine ultimo di ogni scelta, di ogni gesto è la felicità personale.

Mi è difficile dare un senso alla vita. Non che non rifletta, ma un significato vero e proprio non credo che esista e quindi seguire uno dei tanti che mi si presentano sarebbe vivere di "false convinzioni". Vedo l'uomo come un " animale pensante " e, significato o no della vita, è solo una piccola comparsa nello spettacolo del mondo. Gli uomini sono troppo diversi nel modo di rapportarsi alla vita che non può esserci un modo giusto o sbagliato, ma una serie di convenzioni più o meno sentite. Anche se non ho trovato un significato, penso di aver trovato un modo di affrontare la vita: con coraggio, ambizione, ma soprattutto con l'utilizzo dell'intelletto di cui dispongo, per rispettare le idee e la libertà degli altri.

Riuscire a godermi ogni istante della vita, essere soddisfatto del mio operato, agire in onestà e in pace con me stesso; riuscire a portare a termine ciò che faccio e tentare con tutte le forze possibili di " riuscire " e sentirmi realizzato; sentirmi "felice" aiutando gli altri e formando una famiglia tutta mia.

lunedì 10 gennaio 2011

Nella mia vita manca qualcosa



Caro professore,
Fin da piccola ho sentito che nella mia vita mancava qualcosa.
Ancora oggi quel buco mi accompagna e sopravvive più coriaceo di volta in volta attraverso tutte le vicissitudini che ho attraversato. Non so come sanarlo. Si potrebbe dire un malessere causato dall’adolescenza ma, essendo antecedente all’adolescenza, questa constatazione non regge, almeno credo...
Eppure, se ci rifletto sopra, la mia vita ad una prima occhiata può sembrare serena: sto discretamente bene economicamente, la situazione con i miei genitori è tutto sommato tesa il necessario, a scuola potrei andare peggio…
Allora, dove sta la ragione di questo mio vuoto lacerante, che spesso mi devasta tanto da farmi piangere e strillare di punto in bianco come se una spada mi passasse il cuore da parte a parte?
Da dove deriva questa infelicità che mi tormenta da così tanto tempo, e a cui niente sembra porre rimedio?
Martina


Cara Martina,
1. Nella vita manca qualcosa. Non a te in particolare, ma a tutti gli uomini. Non è solo una questione psicologica ("un malessere causato dall’adolescenza"), ma è una faccenda più profonda che ha a che fare con la natura stessa dell’esistenza umana. Per questo riconosci che il vuoto è “antecedente” all’adolescenza, ma ti assicuro che tale sensazione si può manifestare anche in qualunque momento della vita adulta. Filosofi, scrittori, pittori e musicisti hanno cercato di porsi di fronte a questo vuoto (ni-ente, nulla), e hanno generato riflessioni sorprendenti, o da far venire i brividi, immagini suggestive, musiche straordinarie. Blaise Pascal (1623-1662) diceva che agli uomini manca sempre qualcosa, perché la condizione umana occupa uno spazio tra due estremi: il tutto e il nulla. E allora qual è la caratteristica della nostra natura? “Voilà notre état veritable”, “Ecco la nostra vera condizione”, direbbe il filosofo: siamo qualcosa di intermedio tra il tutto e il nulla. Non siamo “né angeli né bestie”, ma uomini. Se fossimo angeli non subiremmo il condizionamento del finito, non temeremmo di perdere la vita; se fossimo bestie non sentiremmo che l’esistenza è sospesa nel tempo né la responsabilità dell’agire. Saremmo regolati dall’istinto e probabilmente avremmo meno problemi. Pascal diceva che gli uomini, per non avvertire l’angoscia e per non affliggersi, si disperdono nelle diverse occupazioni e nei divertimenti. Ma né la corsa verso le cose (gli enti) né il loro possesso appagano il vuoto esistenziale. Questo vuoto (“che spesso mi devasta tanto da farmi piangere e strillare di punto in bianco come se una spada mi passasse il cuore da parte a parte”), appartiene a tutti gli uomini, indistintamente. E questo vuoto lo chiamiamo angoscia.
2. L’angoscia: dobbiamo circoscrivere un po’ l’ampiezza di questo termine, spiegando cosa intendiamo. Molti autori hanno cercato di individuare le cause dell’angoscia; ad es. per Sigmund Freud (1856-1939) sarebbe intimamente legata a una colpa; per lo psicologo parigino Pierre Janet (1859-1947) sarebbe prodotta da una depressione, mentre secondo il sociologo francese contemporaneo Alain Ehrenberg (1950) farebbe parte delle “malattie dell’insufficienza”, ossia deriverebbe da un “senso di insufficienza" per ciò che gli uomini potrebbero fare ma non sono in grado di fare, per le alte aspettative che condizionano la vita e per la scarsità dei risultati che gli uomini riescono a conseguire. In ogni caso, in questa breve riflessione, non alludo a questi importanti autori. Preferisco far riferimento a due filosofi: al filosofo danese Soeren Kierkegaard (1813-1855) e al filosofo tedesco Martin Heidegger (1889-1976).
Come hai visto, ogni tanto ho inserito delle parentesi contenenti queste parole: (“ni-ente”), (“gli enti”). Questo per distinguere l’angoscia dalla paura. Si ha paura di qualcosa - ente - (ad es. di parlare in pubblico, dei serpenti, di un’interrogazione, del dentista), ma ci si angoscia per “ni-ente”. Ossia non vi è un oggetto specifico che fa nascere l’angoscia. La paura del dentista, termina alla fine dell’appuntamento: se si toglie l’oggetto – l’ente – la paura si dissolve. Mentre l’angoscia (il “buco coriaceo” di cui parli), proprio perché non è legata a nessun oggetto in particolare (ni-ente), ossia a “nessun ente”, è una dimensione tipica della condizione umana. Infatti ci si angoscia per un “nulla”, non per un oggetto specifico. L’angoscia di cui parliamo, e su cui Soeren Kierkegaard e Martin Heidegger hanno scritto pagine bellissime, è l’angoscia che sorge di fronte alla condizione dell’uomo. Martin Heidegger scriveva che l’angoscia è una “situazione emotiva eminente”. Voleva dire che è “una particolare tonalità emotiva”, importante ed esclusiva (eminente), propria degli esseri umani. Egli scriveva che l’uomo (che il filosofo chiamava “l’Esser-ci”), “è condotto dall'angoscia in cospetto del proprio essere”. E qual è essere dell’uomo? Che cosa gli si presenta di così peculiare nella dimensione dell’angoscia? In un libro che si intitola Fenomenologia della vita religiosa (Adelphi 2003), Heidegger negli anni ’20-’21 scrive che l’angoscia è “— possibilità portata dinanzi a sé. — Possibilità della privazione”. Prendere coscienza che la vita è possibilità significa rendersi conto che la vita non è già data, ma che è un ventaglio di possibilità. In queste possibilità non solo facciamo delle scelte, ma decidiamo di noi stessi. Decidiamo cioè quello che diventiamo. Essere esposti a questo ventaglio di possibilità (anche negative) per proseguire nella vita crea un senso di vertigine, talvolta di “vuoto”.
Dici bene che a questa condizione “niente sembra porre rimedio”. Perché non c’è cosa (ni-ente lo traduciamo come “nessun ente”, ossia nessuna cosa) che possa saziare l’angoscia esistenziale.
3. Davvero nessun rimedio? Abbiamo detto che “nessuna cosa”, nessun oggetto, può cancellare questa inquietudine. E allora? Ti propongo alcune idee.
a. Intanto ti direi di fare un buon uso dell’angoscia. È vero che – come dici tu - a volte “devasta”, ma se è la modalità in cui si presenta la peculiarità dell’esistenza, allora vale la pena di ascoltare a fondo ciò che caratterizza l’intima natura dell’uomo. Assaporando questa “tonalità emotiva”, possiamo pensare in modo più intenso, dirigere meglio le scelte, vivere in modo più responsabile. Direi che l’uomo diventa uomo quando, sottoposto ai tormenti dell’angoscia, ha imparato a conoscerla e ad organizzare la propria vita guardando in faccia la caducità della propria esistenza. E’ un dolore che aumenta la conoscenza. Sapere che è un dolore che attraversa la vita umana, ma che è grazie ad esso che si entra a contatto con il riverbero più profondo della vita, rende il vissuto più autentico, l’ideazione meno infantile.
b. Raccogli le riflessioni che maturano in te anche in questi momenti: d’altra parte abitano in noi molte considerazioni, molte idee. Rileggendo anche a distanza di tempo le tue riflessioni scoprirai che i temi che sono venuti alla luce sono molto simili a quelli che i grandi autori hanno raccolto nelle loro poesie, nelle opere artistiche e letterarie. Ti accorgerai di quanto gli artisti hanno saputo sostare accanto a certi pensieri per creare le loro opere.
c. L’angoscia non è mitigata dalle cose, ma dalle relazioni. Proprio perché siamo esseri che si affacciano su un mare di possibilità e non possiamo colmare il vuoto dell’esistenza con degli oggetti, possiamo instaurare relazioni. La relazione è terapeutica. Dialogare con gli atri, ascoltarli, prendersi cura delle persone con cui si è “in-relazione” scolastica o professionale è una buona risposta a ogni tormento, a ogni vissuto angosciato.
d. Diventa attiva. Prendersi cura della vita è un ottimo modo per dare senso alla vita.
Un caro saluto,
alberto