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Cor-rispondenze

lunedì 1 novembre 2010

Contro il fanatismo (I parte)


Caro professore,
Se Amoz Oz è riuscito a passare da una condizione di fanatico, circondato da persone fanatiche, a quella di un uomo dalla mentalità aperta che accetta dei compromessi, perché non riescono anche gli altri fanatici? E come è riuscito Oz a cambiare così radicalmente la sua idea?
Tania

Caro professore,
Amos Oz, nel libro "Contro il fanatismo" espone le proprie idee riguardo a questo argomento, ma rispetto ai luoghi dove il fanatismo è continuamente messo in risalto. Spesso ci viene da pensare che questa sia una realtà limitata a luoghi lontani da noi, ma anche se non in modo così evidente il fanatismo è presente nella vita di ognuno di noi, perché "è una componente onnipresente della natura umana". Detto questo, come possiamo nel nostro piccolo cercare di limitare questo fenomeno?
Erica,
Clara,
Federica,
Nicole


Domenica 7 novembre incontreremo ad Alba lo scrittore israeliano Amos Oz. Dedico pertanto due post per richiamare l’attenzione sul libro dell’autore, Contro il fanatismo, che il Salone del libro di Torino ha regalato ai ragazzi.

I
Care ragazze,
Già nel 1967 al tempo della “Guerra dei sei giorni” (5-10 giugno 1967), Amos Oz (Gerusalemme, 1939), scrittore e docente universitario di Letteratura, aveva sostenuto che per risolvere il conflitto arabo-israeliano era necessario giungere alla “soluzione dei due Stati”; quindi era apparso come uno dei primi intellettuali ad aver compreso l’urgenza della creazione di uno Stato palestinese, oltre a quello israeliano, e ad aver riconosciuto che“…nel conflitto fra ebrei israeliani e arabi palestinesi non ci sono “buoni” e “cattivi”. C'è una tragedia: il contrasto fra un diritto e l'altro” .
Nel libro “Contro il fanatismo” (Feltrinelli [2004], 2006), che raccoglie brevi saggi scritti in occasione di tre letture tenute all’Università di Tubinga (The Tubingen lectures. Three lectures, 2002), senza tentare frettolose o schematiche disquisizioni sulla natura del fanatismo egli dichiara però di conoscere alcuni modi per “ammansirlo” e “redimerlo”.
Vediamo alcuni punti importanti della sua riflessione.
Certamente, il mestiere di scrittore lo ha aiutato a non diventare un uomo radicale, intollerante, estremista; a rispettare i diritti degli altri uomini, considerando tutte le esigenze: quelle degli arabi e quelle degli ebrei, perché, costruendo romanzi, ha passato la vita ad immaginare emozioni, sentimenti e idee calandosi nei panni di differenti personaggi (“come mi sentirei se fossi lei? Come dev’essere stare dentro la sua pelle?”), imparando a conoscere contraddizioni recondite, conflitti interiori, sentimenti ambivalenti, opinioni contrastanti, con la stessa forza di quelli che di solito ha fatto emergere nel personaggio principale di un romanzo.
Immedesimarsi nell'altro è dunque il primo consiglio che propone a chi vuole superare le barriere dell’irrazionalità e dell’incomunicabilità tra persone e tra popoli. Riconoscendo le sofferenze e i diritti degli altri (“Come ci si sente essere un palestinese sradicato, come ci si sente essere un arabo palestinese cui degli ‘alieni di un altro pianeta’ hanno portato via la terra natale?”), gli ebrei possono giungere a limitare le proprie pretese. Immaginare l’altro, mettersi dunque nei suoi panni è pertanto, secondo l’autore, contemporaneamente “un’esperienza etica”, “un grande atto di umiltà”, “una buona direttiva politica” .
Ma, dopo questa imprescindibile necessità, questa direttiva politica, l’autore ritiene doveroso riconoscere il valore estremamente positivo del compromesso. Siamo abituati a considerare il compromesso come un cedimento, una soluzione di ripiego, un atto di debolezza, ma Amos Oz ricorda che solo dal compromesso è possibile la vita. “Nel mio mondo, la parola compromesso è sinonimo di vita. E dove c'è vita ci sono compromessi. Il contrario di compromesso non è integrità e nemmeno idealismo e nemmeno determinazione o devozione. Il contrario di compromesso è fanatismo, morte” .[...] “Permettetemi allora di aggiungere che quando dico compromesso non intendo capitolazione, non intendo porgere l'altra guancia a un avversario, un nemico, una sposa. Intendo incontrare l'altro, più o meno a metà strada. Comunque non esistono compromessi felici: un compromesso felice è una contraddizione. Un ossimoro” .[...]
“Se nei miei romanzi c'è un messaggio metapolitico è sempre, in un modo o nell'altro, il messaggio di un compromesso, un compromesso doloroso, e della necessità di scegliere fra vita e morte, fra l'imperfezione della vita e la perfezione di una morte gloriosa” .

Tutti sappiamo che i compromessi non sono mai “felici”, (compromesso felice è un “ossimoro”, dice l’autore) per nessuna parte in causa; ed egli scriverà più avanti che il compromesso a cui si dovrà giungere: “farà dannatamente male” .
“Perché entrambi i popoli amano il paese, perché entrambi i popoli, gli ebrei israeliani e gli arabi palestinesi, hanno radici storiche e sentimentali che li legano al paese nel profondo, in modo diverso ma altrettanto profondo. Uno degli elementi di questa tragedia, uno degli aspetti che contiene un pizzico di ironia, è il fatto che molti ebrei israeliani non riconoscono quanto sia profondo il legame emotivo dei palestinesi con questa terra. E molti palestinesi mancano di riconoscere quanto profonda sia la relazione ebraica con questa terra. La consapevolezza della profondità di queste radici giunge man mano, in un modo doloroso, attraverso un processo straziante per entrambe le nazionalità. Ed è lastricata di sogni infranti e illusioni spezzate e speranze disattese e slogan implosi, attinti dal passato di entrambe le parti” .
Compromesso, mediazione, adattamento, accordo. Potremmo dire che le cose su cui non si giunge ad un compromesso sono “compromesse”, ossia pregiudicate, invalidate, indebolite o inutilizzabili. Senza concessioni non ci sono accordi, ma solo atti di forza unilaterali o guerra. Se la guerra è una modalità perversa e iniqua di risoluzione dei conflitti, i compromessi rappresentano l’unica modalità possibile affinché popoli diversi vivano in pace.

un caro saluto,
alberto

(continua: lunedì 8 novembre 2010)

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