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Cor-rispondenze

lunedì 20 dicembre 2010

Egoismo


Caro professore,
Mi ritengo e vengo ritenuto una persona particolarmente egoista, e proprio per questo motivo ricevo numerose critiche. Ma esistono persone realmente altruiste e disinteressate nell'aiutare gli altri e nel condividere le loro sofferenze?
Samuele


Egoista: persona priva di considerazione per l'egoismo altrui.

Ambrose Bierce
Caro Samuele,
Questo aforisma, probabilmente ideato da Ambrose Bierce - scrittore statunitense del secolo scorso -, sottintende in forma ironica l’idea che gli uomini sono fondamentalmente tutti egoisti: l’altruismo, dunque, non sarebbe altro che un atteggiamento superfluo e autolesionistico verso altri esseri viventi che hanno come scopo principale l’attenzione verso se stessi. Se fosse così, le “numerose critiche” che ricevi sarebbero immotivate; anzi, potresti usare questo divertente aforisma per replicare a coloro che, osservando il tuo comportamento, disapprovano le tue azioni. Nella storia della filosofia si sono alternate concezioni diametralmente opposte sull’egoismo e sull’altruismo degli uomini.
Il filosofo inglese Thomas Hobbes (1588-1679), ad esempio, metteva in luce il naturale egoismo degli uomini richiamando un detto di Plauto (255 a. C. – 184 a. C.) - contenuto nell’Asinaria -, secondo cui ogni uomo è un lupo per gli altri uomini (homo homini lupus). Egli affermava che la società nasce proprio perché serve a mitigare gli impulsi distruttivi e dunque a migliorare gli uomini. Qualche tempo dopo, il filosofo ginevrino Jean Jacques Rousseau (1712-1778) si impegnava in una tesi opposta sulla natura umana: egli considerava invece gli uomini buoni per natura, e dunque naturalmente cooperativi e sociali fin da bambini, ma corrotti successivamente dalla società. Nella storia si sono alternate concezioni che hanno considerato l’uomo capace esclusivamente di egoismo a concezioni che hanno invece idealizzato l’uomo esaltandone i caratteri positivi.
Sì, forse hai ragione, talvolta anche comportamenti che appaiono altruistici sottintendono un egoismo di fondo. Facciamo il bene, magari per essere accettati da un certo gruppo o perché qualcuno approvi il nostro comportamento; per essere al centro dell’attenzione, per ottenere gratificazione, per sentirci buoni. Persino i cristiani, come dici tu, possono mascherare sotto l’altruismo una forma di egoismo. Credo che intendesse pressappoco questo il teologo luterano tedesco Dietrich Bonhoeffer (1906-1945) - morto nel campo di concentramento di Flossenbürg - in “Resistenza e resa” [1970] 1988, quando metteva in guardia da una certa forma di “egoismo” dei cristiani che definiva un “altruistico amore di sé”.
Un famoso biologo britannico contemporaneo, Richard Dawkins (1941), in un libro che ha avuto grande importanza in campo scientifico (Il gene egoista [1976] 1995), ha spostato invece la questione dell’egoismo in un ambito dove non avremmo immaginato: la genetica. Egli scrive: “Noi siamo macchine da sopravvivenza - robot semoventi programmati ciecamente per preservare quelle molecole egoiste note sotto il nome di geni”.
Potremmo dire, secondo le ricerche di Richard Dawkins, che a livello ontogenetico (dello sviluppo dell’individuo) attraversiamo momenti diversi di egoismo e di altruismo, ma che a livello filogoenetico (dell’evoluzione della specie) i geni si comportano in modo egoistico per ottenere la massima possibilità di sopravvivenza (“un gene può raggiungere le proprie mete egoistiche favorendo una forma limitata di altruismo”).
Insomma, nel corso dell’evoluzione la sopravvivenza dei geni sarebbe dovuta all’egoismo dei geni stessi. Per cui, ad esempio, la generosità, il disinteresse e l’altruismo sarebbero comportamenti legati alla cultura, perché – direbbe Dawkins - “siamo nati egoisti”. Egli scrive, infatti: “Se osserveremo il modo di operare della selezione naturale, concluderemo che qualunque cosa si evolva per selezione naturale sia egoista; quindi dobbiamo aspettarci che se osserveremo il comportamento dei babbuini, degli uomini e di tutte le altre creature viventi, lo troveremo egoista. E se scopriremo che non è vero, se osserveremo che il comportamento umano è veramente altruista, allora avremo di fronte qualcosa di strano che richiederà una spiegazione.”
Ovviamente egli non parla a livello della psicologia individuale, ma dal punto di vista della genetica: “È importante rendersi conto che le definizioni riportate sopra di altruismo ed egoismo sono comportamentali e non soggettive. Non ho intenzione di occuparmi qui della psicologia dei motivi, né di stabilire se la gente che si comporta altruisticamente lo fa in realtà per motivi egoistici segreti o inconsci. Forse sì e forse no, e forse non lo sapremo mai, ma in ogni caso non è cosa che riguarda questo libro.”
Michael Tomasello, codirettore del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Leipzig, ha recentemente pubblicato un libro dal titolo “Altruisti nati. perché cooperiamo fin da piccoli” [2009] Bollati Boringhieri 2010, in cui sostiene invece una tesi opposta a quella di Dawkins.
L’autore ha condotto una serie di esperimenti con i bambini molto piccoli, per comprendere se l'altruismo emerga «naturalmente» o se invece venga trasmesso esclusivamente dalla cultura.
Il modello di cui si è servito teneva conto di tre tipologie di altruismo: altruismo rispetto a “beni”, “sevizi” e “informazioni”. Scrive Tomasello: “Essere altruisti relativamente a risorse materiali come il cibo significa essere generosi, promuovere la condivisione; esserlo riguardo a un determinato servizio, come recuperare e porgere a qualcuno un oggetto lontano dalla sua portata, significa prestare aiuto; condividere altruisticamente competenze e informazioni (compreso il pettegolezzo) significa essere informativi.”
I bambini molto piccoli dovevano essere in grado di risolvere quattro tipi di problemi: recuperare oggetti; rimuovere ostacoli; correggere un errore dell'adulto; scegliere i mezzi comportamentali corretti per raggiungere un determinato obiettivo. Egli scrive che “Per aiutare gli altri con tanta flessibilità, è necessario innanzitutto che i piccoli riescano a comprendere gli obiettivi altrui e, in secondo luogo, che abbiano la motivazione altruistica per farlo”. Al termine degli esperimenti Michael Tomasello mostra che nei bambini vi sono comportamenti del tutto spontanei e che i bambini sono propensi a prestare aiuto in modo incondizionato. Ci sarebbe dunque una predisposizione ai comportamenti altruistici che poi la cultura tende a premiare successivamente.
Un caro saluto,
alberto

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