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lunedì 12 febbraio 2018

Patriottismo o nostalgia?

Risultati immagini per nostalgia della francia antica

Caro professore,
spesso, durante la mia vita ho sentito, come altre persone, il desiderio di ritornare, almeno per qualche ora nel luogo, nel paese in cui sono nato. Lo so, questa domanda può sembrare strana, ma che cos’è il patriottismo? Perché quando ci allontaniamo dal luogo in cui viviamo o in cui siamo nati avvertiamo sempre un sentimento, o meglio una voglia, di ritornare? Cosa ci spinge a farlo, c’è forse una forza nel nostro cuore che, come l’amore, ci spinge a fare determinate cose? Perché siamo così legati ad un luogo fisico a tal punto da difenderlo, desiderarlo ed amarlo?
Benoit, 3H


Caro Benoit,
Il patriottismo richiama da una parte la patria (il luogo dei nostri antenati e in cui siamo nati e della comunità che ci ha plasmato) e un patriota (il soggetto che prova un forte legame con un certo territorio). C’è dunque un rapporto: tra un soggetto e un luogo, un legame che anche a distanza di chilometri non si esaurisce. È curioso che tu abbia evocato il patriottismo, un sentimento maggiormente presente in altri tempi. Un amore per il luogo natìo che ricorda – per noi italiani – i sentimenti di lealtà e le azioni degli uomini del Risorgimento che si sono spesi con gli scritti e con la vita per un’idea di unificazione; o, dopo la seconda guerra mondiale, la passione che ha dato vita alla resistenza contro l’esercito tedesco che occupava il territorio. Non so se il sentimento che avverti sia patriottico o nostalgico (patriotique ou nostalgique), ma è vero che quando l’attaccamento è molto forte si è persino disposti a difendere il proprio paese d’origine, come per un senso di lealtà verso ciò che è patrio, come per un senso di fedeltà al padre. Forse vivi in un luogo che non senti ancora tuo: la tua patria originaria è la Francia, che in fondo non è lontana dal Piemonte, regione in cui vivi, ma questo non importa, perché anche chi si trasferisce all’interno di uno stesso Stato può avvertire un’analoga forma di straniamento che lo porta a sentirsi “confuso”. Ai direttori degli alberghi capita frequentemente questa singolare esperienza: dovendo aiutare i clienti che si rivolgono alla reception in cerca di orientamento, essi devono rassicurarli sul paese o sulla città in cui si trovano in un certo momento. L’instabilità fisica turba le persone e le fa sentire smarrite. Ci vuole tempo per creare dei legami: questa regola, che vale per le amicizie, vale anche per i luoghi. Il paese natìo rassicura, perché abbiamo la certezza che là riusciremo a raccapezzarci in ogni momento e che non perderemo i nostri riferimenti. Per questo proviamo nostalgia per un certo luogo. La parola nostalgia è tuttavia una parola relativamente recente. In un bel libro, “Nostalgia. Storia di un sentimento” (Raffaello Cortina Editore, 1992), Antonio Prete narra di un giovane studente di medicina, Johannes Hofer, che in una Dissertazione presentata all'Università di Basilea nel 1688, combinando le voci della lingua greca “nóstos” (ritorno) e “álgos” (dolore), creò il termine di questa nuova patologia: la nostalgia. Questa particolare condizione era stata catalogata tra le malattie fisiche ed era considerata persino mortale. Jean Jacques Rousseau in una lettera del 1763 scrive: «C'è in Svizzera una celebre aria popolare di montagna (ranz-des-vaches) che i pastori suonano con i loro corni facendo risuonare tutt’intorno le montagne. Questo motivo, che in sé è poca cosa, ma che fa venire in mente agli svizzeri mille pensieri relativi al paese natio, fa versare fiumi di lacrime quando lo si ascolta in terra straniera. Ha fatto morir di dolore così tanti che per ordinanza del Re è stato proibito tra le truppe svizzere». E il medico Philip Pinel nell’Encyclopédie Métodique Médecine riferisce che gli ufficiali erano costretti a congedare coloro che erano affetti da questa malattia, per evitare che il contagio si diffondesse tra i militari: «ogni soldato che si è gravemente colpito deve essere congedato prima che uno dei suoi organi sia irrimediabilmente leso». Se in passato la nostalgia segnalava persino una malattia fisica, oggi rappresenta un insieme di sentimenti che sono analizzati a fondo dalla sociologia alla letteratura. Il sociologo tedesco Hartmut Rosa (“Accelerazione e alienazione”, Einaudi 2015), esaminando le forme di alienazione del nostro tempo ha introdotto il concetto di «alienazione dallo spazio», che si connette proprio al rapporto tra “soggetto e territorio” a cui facevamo riferimento all’inizio. Poiché gli uomini percepiscono se stessi come «spazialmente collocati» hanno bisogno di creare un’intimità non solo con le persone, ma anche con i luoghi. Per stare bene occorre pertanto prendere confidenza sia con i nuovi conoscenti sia con il nuovo territorio. Anche un paese nuovo può diventare gradualmente parte di noi e ci può offrire quel calore necessario che ci fa sentire accolti e ci orienta.
Un caro saluto,
Alberto

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