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Cor-rispondenze

lunedì 31 gennaio 2022

Le ragioni del cuore, 3/3

 




 

L’espressione: «Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce» è stata intesa almeno con un duplice significato: alcuni hanno recepito che c’è una facoltà indipendente dalla ragione discorsiva che è in grado di cogliere i principi primi della matematica, della geometria e dei valori. Ma c’è anche chi ha sottolineato che le «ragioni del cuore» possono anche essere giudicate come le motivazioni inconsce – mai completamente esplicitate né afferrate – che agiscono in modo profondo nel soggetto. La riflessione si è poi arricchita con la considerazione che «il cuore ha le sue ragioni che la ragione conosce», facendo riferimento ad un concetto più ampio di ragione: quella sapienziale, che non appartiene agli uomini che agiscono impulsivamente o in assenza di dati, ma a coloro che sanno ascoltare tutto quello che il corpo comunica loro e sanno accogliere informazioni di varia natura prima di decidere. Ora potremmo gettare la moneta e chiederci: allora, “testa o cuore?”. L’alternativa non può essere così netta, perché le due attività dell’uomo sono davvero assai vicine. Gli studi delle neuroscienze hanno mostrato che ragione e cuore non si comportano come nella terra di Skagen in Danimarca, ove il Mare del Nord e il Mar Baltico si incontrano senza mescolarsi. Se a quella latitudine le diverse temperature, densità e salinità impediscono alle acque di fondersi, ragione e cuore non sono affatto scindibili: si intrecciano, si alimentano, talvolta entrano in conflitto, si sostengono e si potenziano l’una con l’altro. Uno dei filosofi che più ha cercato di dare dignità alle «ragioni del cuore», senza rendere il cuore subalterno alla logica, è Max Scheler. Nell’opera “Il formalismo nell'etica e l'etica materiale dei valori”, pubblicata all’inizio del Novecento, il filosofo tedesco fornisce una diversa e radicale interpretazione del detto di Pascal. Egli ritiene che poche persone abbiano realmente capito il filosofo francese e che i più gli abbiano semplicemente fatto dire: «Anche il cuore ha qualcosa da dire dopo che la ragione ha parlato!». L’autore mostra tuttavia che Pascal, con il termine cuore, si riferisce invece ad una specifica attività del sentire che è irriducibile alla logica. Scrive Scheler: «Pascal si riferisce a un’eterna e assoluta legalità del sentire, dell’amare e dell’odiare; una legalità assoluta, come quella della logica pura, ma irriducibile alle leggi del pensiero». Egli afferma che il cuore ha davvero «ses raisons», ossia «le sue proprie ragioni», che non trae affatto dall’intelletto e che tali ragioni sono equivalenti, per importanza e significato, a quelle della logica stessa. Secondo il filosofo, Pascal non vuole dire che occorre anche lasciar parlare «il cuore» o il cieco sentimento. E neppure che dove l’intelletto non è in grado di dare risposte congrue ai problemi della conoscenza e della vita allora occorre fatalmente anche accogliere la dimensione del sentimento. Max Scheler è convinto che Pascal voglia dire che: «c’è un tipo d’esperienza i cui oggetti sono assolutamente inaccessibili all’«intelletto», di fronte ai quali l’intelletto è cieco, come lo sono l’orecchio e l’udito di fronte ai colori». Si tratta di un tipo di esperienza che coglie i “valori” e «l’ordine e le leggi di quest’esperienza sono definiti, precisi ed evidenti come quelli della logica e della matematica; esistono, cioè, relazioni e opposizioni evidenti tra i valori, le credenze di valore e gli atti del preferire ecc. che si fondano su di essi, per cui è possibile e necessaria una vera fondazione delle decisioni morali e delle leggi che le regolano». I sentimenti sono organi capaci di afferrare i valori. Per il filosofo i valori sono oggettivi e la loro intuizione viene prima di qualunque rappresentazione discorsiva, logica o narrativa. Scrive l’autore: «I valori non possono essere né creati né distrutti. Essi sussistono indipendentemente dalla struttura di una determinata realtà personale», potremmo dire esattamente come la somma degli angoli interni di un triangolo continua a fare 180° sia che gli uomini ne siano consapevoli sia che ignorino del tutto le proprietà del triangolo. Riflettendo sui termini «ordine del cuore» e «logica del cuore» utilizzati da Pascal, Scheler riconosce che nel mondo vi sono stati dei geni anche in questo campo, ad esempio Gesù Cristo. Anzi, coloro che hanno apportato risultati innovativi in questo settore sarebbero persino più rari rispetto ai geni della conoscenza scientifica. Come questi ultimi sono eccezionali rispetto agli uomini comuni, coloro che hanno riformato la riflessione sui valori sarebbero ancora più rari dei grandi scienziati. A sottolineare la consistenza di una dimensione valoriale che può essere colta dal sentimento, egli suggerisce che le persone possono anche differire radicalmente sulle opinioni di Dio sul piano concettuale, ma possono essere d’accordo sul nucleo dell’idea di Dio. Scrive Scheler: «il Dio di una contadina non è quello di un teologo. Ma è possibile che entrambi condividano lo stesso contenuto sacro». «Le persone che, nell’amore, afferrano Dio insieme sono più numerose di quelle che, sul piano intellettuale, lo intendono nello stesso modo». Non si tratta di una concezione romantica o soggettiva, ma della capacità di avvertire intuitivamente lo stesso nucleo sacro, al di là delle parole e dei concetti. Perché, secondo il filosofo: «È nel genio morale-religioso, pertanto, che sboccia il regno dei valori». 

 Un caro saluto,

Alberto











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