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Cor-rispondenze

lunedì 1 maggio 2023

Al di qua del bene e del male




L’espressione «al di là del bene e del male» significa che le pulsioni e la «volontà di vita» non sono arginabili entro i confini della logica o nelle prescrizioni razionali e che l’istinto non si lascia ingabbiare né dall’etica né dalla razionalità. Gli uomini – sia nell’agire individuale (etica) sia in quello collettivo (politica) – hanno però necessità di relazionarsi agli altri, all’ambiente, di giudicare i fatti, di immaginare le generazioni future e non possono pertanto essere indifferenti alla questione del bene e del male. La linea di demarcazione, tuttavia, può essere difficile da tracciare. Non parliamo solo di casi particolari come nei campi di concentramento descritti da Primo levi. L’autore di “Se questo è un uomo” inserisce nell’opera un capitolo intitolato proprio “Al di qua del bene e del male” per spiegare come nei campi di concentramento, per le situazioni eccezionali che si erano create, i criteri di bene e male non erano così semplici da individuare. Scrive Levi: «Vorremmo ora invitare il lettore a riflettere, che cosa potessero significare in Lager le nostre parole «bene» e «male», «giusto» e «ingiusto»; giudichi ognuno, in base al quadro che abbiamo delineato e agli esempi sopra esposti, quanto del nostro comune mondo morale potesse sussistere al di qua del filo spinato». La riflessione sulla necessità di valutare i comportamenti umani non è però vanificata dalle situazioni anomale, ma è necessaria nella vita quotidiana. Perché dovremmo occuparci del bene e del male e non ritenere la discussione superflua o irriducibilmente soggettiva e dunque abbandonarci al relativismo? Perché  – dice la filosofa Roberta de Monticelli in un libro intitolato proprio “Al di qua del bene e del male” (Einaudi, 2022) – i confini del bene e del male rappresentano «i limiti oltre i quali non stanno mondi nuovi, oltre-umani, ma sopraffazione e distruzione». Senza razionalità e senza valori regnano infatti ingiustizia, indifferenza, forme varie di prepotenza e di tirannia, vessazioni, persecuzioni, violenze di varia natura. La riflessione morale è fondamentale: per l’uomo è necessario circoscrivere un territorio che abbia al centro la vita e quindi il bene e il male, perché la vita sociale si muove all’interno di quello spazio e non al di fuori di esso. Se si oltrepassa la sfera dei valori – intesi come principi condivisi – che regolano i comportamenti, allora si vanifica anche la responsabilità individuale, ossia la necessità di rispondere delle proprie azioni di fronte agli altri. Davvero la nostra vita si può muovere al di à del bene e del male e le azioni essere paragonate a una somma indistinta di atti più o meno equivalenti? Possiamo barattare la responsabilità con l’indifferenza, la coscienza con incoscienza, la colpevolezza con l’apatia? L’uomo deve sempre rispondere delle proprie azioni, non può essere estraneo ad atti scriteriati, immaturi o incoscienti. Le istituzioni e le leggi nascono per arginare l’assenza di responsabilità. Il teologo Vito Mancuso, in “Etica per giorni difficili” (Garzanti, 2022), afferma che Nietzsche stesso, il filosofo che riflette a partire dal corpo e dalle sue pulsioni, dimentica che è già il corpo a stabilire per la sua stessa sopravvivenza dei criteri naturali tra il bene e il male. Scrive l’autore: è il corpo stesso «a imporre una precisa fisiologia per la quale vi sono alimenti, bevande, temperature, abitudini che producono bene e altri che producono male. È proprio il pensare a partire dal corpo a farci comprendere che tutte le cose sottostanno inevitabilmente alla logica del bene e del male, la quale è anzitutto fisica, chimica, biologica». E così, conclude l’autore: «È proprio il corpo a mostrare che non esiste nessun al di là del bene e del male, perché per noi umani dotati di corpo tutto è al di qua del bene e del male, a partire dalle cose più elementari quali l’aria che respiriamo, l’acqua che beviamo, il cibo che mangiamo, fino alle più elevate produzioni della mente. Tutto ciò che procede e ritorna alla vita è sempre al di qua del bene e del male». Forse solo gli dei greci sono al di là del bene e del male, come diceva Epicuro nel IV sec. a.C. Per il filosofo ellenistico le divinità greche sono indifferenti alle vicende umane: non si occupano degli uomini, perché non intervengono né per mitigare le asprezze né per rimuovere il dolore dalla vita. Se gli dei greci vivono in una dimensione separata dal mondo, gli uomini vivono invece in un’area in cui il bene e il male sono fondamentali: intenzioni, azioni, aspirazioni, atteggiamenti e scopi non sono mai al di là del bene e del male. La riflessione etica è allora indispensabile. Per quanto l’etica sia stata accusata di ostacolare la vita e di ridurne la sua potenza, senza di essa – ossia senza una riflessione razionale sull’agire – è l’impulso a imprigionare la vita o a costringere l’uomo ad una dimensione esclusivamente pulsionale in cui la coscienza è assente. Vale la pena sottoscrivere la dichiarazione di Mancuso nell’opera “I quattro maestri” (Garzanti 2020): «Io preferisco rimanere al di qua del bene e del male, dalla parte del bene e della giustizia quale sua privilegiata manifestazione. Ritengo che il bene e la giustizia siano il compimento dell’umanità e ritengo che l’umanità sia il compimento del mio essere, una dimensione che non va superata ma onorata fino in fondo, anche accettando la parte di sofferenza che la vita umana inevitabilmente comporta».

Un caro saluto,

Alberto













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