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Cor-rispondenze

lunedì 2 maggio 2011

Il valore della filosofia



Caro professore,
Ho sentito dire che la filosofia è porsi domande. Per me è scoprire e/o scoprirsi, e penso che possa essere affascinante. Da questa materia non so ancora bene cosa aspettarmi e per questo mi incuriosisce più delle altre.
Manuela



Cara Manuela,
Il II libro di De rerum natura di Lucrezio si apre con una bella immagine di uno spettatore che, poggiando sulla terraferma, contempla il travaglio di un naufragio lontano. Non essendo coinvolto dagli eventi, può guardare con distacco la scena che si svolge dinanzi a lui. Da una parte, dunque, il mare in tempesta, una nave che si inabissa sotto la forza congiunta del vento e delle onde; dall'altra, un uomo che, su un solido terreno, contempla un disastro in lontananza. Lucrezio dice che ciò che rallegra lo spettatore non è lo spettacolo della rovina altrui, ma la distanza da una simile sorte.
L'esempio della nave è una metafora: l'uomo che poggia su certezze può guardare e dominare la vita che sta davanti a lui. Il fatto è che oggi sembra che non ci sia un posto dove lo spettatore possa contemplare con distacco. Non c'è una terraferma, e la posizione dello spettatore è cambiata. Il naufragio (certezze, valori, speranze, ecc.) è diventato molto più vicino e inevitabile. Oggi sembra che il dramma si sia avvicinato. E nel dramma, oggi, è coinvolto lo spettatore .
Il filosofo e psichiatra Umberto Galimberti ha recentemente pubblicato un libro sul disagio dei giovani (L’ospite inquietante). Citando il Nietzsche degli “Scritti postumi”, egli riflette su quella che viene individuata come malattia culturale del nostro tempo: il nichilismo.
Cosa significa nichilismo? Nietzsche è stato molto chiaro:
Nichilismo: manca il fine; manca la risposta al "perché?". Che cosa significa nichilismo? - che i valori supremi perdono ogni valore” .
L'uomo moderno crede sperimentalmente ora a questo, ora a quel valore, per poi lasciarlo cadere; il circolo dei valori superati e lasciati cadere è sempre più vasto; si avverte sempre più il vuoto e la povertà di valori; il movimento è inarrestabile – sebbene si sia tentato in grande stile di rallentarlo. Alla fine l'uomo osa una critica dei valori in generale; ne riconosce l'origine; conosce abbastanza per non credere più in nessun valore; ecco il pathos, il nuovo brivido... Quella che racconto è la storia dei prossimi due secoli... (VIII, II, 266) .
Galimberti, dall’analisi di questa condizione culturale, giunge a questa conclusione:
"Perché i giovani, anche se non sempre ne sono consci, stanno male. E non per le solite crisi esistenziali che costellano la giovinezza, ma perché un ospite inquietante, il nichilismo, si aggira tra loro, penetra nei loro sentimenti, confonde i loro pensieri, cancella prospettive e orizzonti, fiacca la loro anima, intristisce le passioni rendendole esangui. Le famiglie si allarmano, la scuola non sa più cosa fare, solo il mercato si interessa di loro per condurli sulle vie del divertimento e del consumo, dove ciò che si consuma non sono tanto gli oggetti che di anno in anno diventano obsoleti, ma la loro stessa vita, che più non riesce a proiettarsi in un futuro capace di far intravedere una qualche promessa ".

Ma il disagio ha radici profonde: non psicologiche, ma culturali:

"Va da sé che quando il disagio non è del singolo individuo, ma l'individuo è solo la vittima di una diffusa mancanza di prospettive e di progetti, se non addirittura di sensi e di legami affettivi, come accade nella nostra cultura, è ovvio che risultano inefficaci le cure farmacologiche cui oggi si ricorre fin dalla prima infanzia o quelle psicoterapiche che curano le sofferenze che originano nel singolo individuo.
E questo perché se l'uomo, come dice Goethe, è un essere volto alla costruzione di senso (Sinngebung), nel deserto dell'insensatezza che l'atmosfera nichilista del nostro tempo diffonde il disagio non è più psicologico, ma culturale. E allora è sulla cultura collettiva e non sulla sofferenza individuale che bisogna agire, perché questa sofferenza non è la causa, ma la conseguenza di un'implosione culturale di cui i giovani, parcheggiati nelle scuole, nelle università, nei master, nel precariato, sono le prime vittime
".

La pratica della filosofia, allora diventa un rimedio importante. Secondo Seneca:

"La filosofia non è un'arte popolare o fatta per essere ostentata; consiste non in parole, ma in fatti. E non la si usa per trascorrere piacevolmente le giornate o per scacciare la nausea che viene dall'ozio: forma e plasma l'animo, regola la vita, governa le azioni, siede al timone e dirige il corso in mezzo ai pericoli del mare in tempesta. Senza di essa nessuno può vivere tranquillo, nessuno sicuro; in ogni istante capitano innumerevoli eventi che richiedono una direttiva, e questa deve essere chiesta alla filosofia" .

In una lettera a Lucilio (la n.15: ricordo che le lettere vengono composte tra l'autunno del 63 e la fine del 64), Seneca avverte il suo caro amico (a lui dedica anche le Questioni Naturali) che è importante curare soprattutto la salute dell'anima, e poi quella dei corpo, perché se l’anima sta male anche il corpo sta male.

" Gli antichi avevano l'abitudine, che si è conservata fino ai nostri tempi, di scrivere all'inizio delle lettere: «Se stai bene, ne sono contento, io sto bene». Noi giustamente diciamo: «Se ti dedichi alla filosofia, ne sono contento». Stare bene, infatti, è precisamente questo. Senza la filosofia l'anima è malato; anche il corpo, se pure è in forze, è sano come può esserlo quello di un pazzo o di un forsennato. [2] Perciò, se vorrai star bene, cura soprattutto la salute dell'anima, e poi quella del corpo, la quale non ti costerà molto" .
Ma allora, ancora con Seneca
"Non devi dedicarti alla filosofia quando hai tempo libero, ma devi procurarti del tempo libero per dedicarti alla filosofia". ...(Continua)
Un caro saluto,
alberto

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