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Cor-rispondenze

lunedì 2 dicembre 2013

L'anima gemella


 
Caro professore,
Oggi vorrei parlarle dell’anima gemella... Leggendo il discorso di Aristofane nel “Simposio”ho capito cos’è veramente l’anima gemella, imparando il mito da cui ha avuto origine... Io credo fortemente nell’amore... ma ho paura che l’anima gemella sia solo un’invenzione, che tutto ciò in cui crediamo sia solo a causa del timore di rimanere per sempre da soli... Secondo lei, esiste l’anima gemella? O anche più di una?
Roberta, 4B

Cara Roberta,
Sulla questione dell’anima gemella, forse varrebbe la pena leggere una storia esilarante di Stefano Benni in “Il bar sotto il mare” (Il destino sull’isola di San Lorenzo): «Così è infatti la vita, e gli indiani dicono che in essa la forza più potente sia una divinità dal nome lungo e minaccioso: Amikinont’amanonamikit’ama. È il Dio degli amori non corrisposti, quello che si diverte a combinare in infiniti incontri sbagliati tutte le possibili infelicità e le possibili disperazioni». Dopo aver preso le misure da attese esagerate ed aver considerato le infinite variabili che rimodellano la vita, possiamo tornare a parlare di “anima gemella” con maggiore senso di realtà, consapevoli che non dobbiamo idealizzare (eccessivamente) l’altra persona, caricarla di desideri assurdi e aspettative improbabili. La vita è complessa, le relazioni faticose, i buoni propositi devono essere alimentati quotidianamente da una forte motivazione, perché anche le “anime” che sentono maggiore affinità possono riconoscere che un sentiero comune si è interrotto e intraprendere un cammino diverso. Tuttavia, dopo aver praticato questa sana analisi di noi stessi e delle nostre aspettative – che potremmo chiamare pars destruens –, possiamo anche ipotizzare più cautamente una pars construens. L’espressione «anima gemella» è pura invenzione, un ideale mal posto o segnala una relazione possibile? Un filosofo canadese che si occupa di pratica filosofica, Lou Marinoff (1951) in “Prendila con filosofia” (Piemme 2013) ricorda che i Greci distinguevano quattro tipi di amore: «eros, philia, storgé e agape». Egli ritiene che per sostenere una relazione durevole siano necessarie tutte e quattro queste componenti. L’Eros è la passione, il desiderio di unirsi all’altro; philia è l’amicizia, la vicinanza; storgè è l’affetto amoroso che si sviluppa in famiglia tra fratelli; l’agape è l’amore spirituale. Scrive Lou Marinoff: «Se ti senti legato a una persona da tutte e quattro le affezioni, e per lei è lo stesso, con tutta probabilità hai trovato l'anima gemella. Le anime gemelle sono profondamente compatibili a tutti i livelli, corpo, mente, cuore e spirito. I matrimoni più riusciti, che conosco e ho sperimentato in prima persona, sono tra anime gemelle». Lo scrittore triestino Paolo Rumiz (1947) nel libro “Il bene ostinato” (Feltrinelli 2011) riferisce la storia di alcune persone che partecipano al progetto "Medici con l'Africa" conosciute in luoghi lontani dall’Italia, dall’Angòla all’ Etiopia, dal Kenya all’Uganda. Racconta di Annamaria, una dottoressa a cui viene proposto in breve tempo di partire per la Tanzania per svolgere là il proprio lavoro. In questo luogo così lontano, Annamaria cambierà la propria vita professionale e personale: conoscerà un conterraneo veneto, anch’egli medico, si innamorerà di lui e formerà una famiglia con quattro figli. Scrive Rumiz: «Che strano: due conterranei così simili che si conoscono solo in Africa. É come se l'Italia migliore aspettasse di essere in trasferta per uscire allo scoperto. Anime gemelle che in un paese bloccato da mille paure e frastornato dalla macchina del consumo non avevano avuto modo di incontrarsi, si trovano a diecimila chilometri di distanza». Un legame profondo nasce dunque anche dalla condivisione degli stessi valori. Il nostro tempo forse è sbilanciato su eros o sul piacere immediato, ma occorre non dimenticare di accrescere anche le altre componenti della relazione, per evitare che il motore che nutre la vita relazionale si inceppi. Allora due anime sono gemelle non in quanto si sovrappongono esattamente, ma perché alimentano insieme i vari costituenti dell’amore. L’alternativa più comune è quella di cadere nelle grinfie di quella antica, bizzarra e capricciosa divinità indiana che scombussola più volte la vita: Amikinont’amanonamikit’ama.
Un caro saluto,
Alberto

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