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Cor-rispondenze

lunedì 3 marzo 2014

Senza padre

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Caro professore,
ho 17 anni ed è da quasi 8 anni che non vedo mio padre. Come la mia, sono sempre più numerose le famiglie con un solo genitore, il più delle volte senza padre. Personalmente non sento e non ho mai sentito la mancanza di una figura paterna lungo il mio percorso di crescita e formazione di ciò che sono. Tuttavia mi chiedo se crescendo con un solo genitore sarà possibile avere davvero uno sviluppo psicologico adeguato e se questo non causerà una crescita e in particolare un’adolescenza problematica. In questi casi il ragazzo/a diventando poi a sua volta genitore forse non sarà in grado di educare i suoi figli in maniera adeguata dato che egli stesso non ha mai ricevuto un’educazione adatta? Magari sarà inevitabile che si sentano incompleti ed inadeguati per tutta la vita, magari non si sentiranno, ma saranno tali. Una famiglia con una madre single causa tutto ciò ed ha davvero meno da offrire?
Reicela, 3F
 
Cara Reicela,
Lo psicoanalista italiano Massimo Recalcati ha dedicato alcuni studi alla figura del padre (“Cosa resta del padre”, 2011; “Il complesso di Telemaco”, 2013). Nell’ultimo libro scrive: «La clinica psicoanalitica mostra come l'assenza empirica, di fatto, del padre non sia mai in se stessa un trauma. La sua carenza diviene traumatica solo se implica una carenza simbolica». Facendo riferimento allo psicoanalista francese Jacques Lacan (1901-1981), egli sottolinea che «Non è l'assenza del padre a essere traumatica in se stessa; dipende da come essa viene trasmessa simbolicamente dalla parola della madre». Egli prende come esempio Penelope, la moglie di Ulisse, che a causa dell’assenza del marito è costretta a crescere da sola il figlio Telemaco, attendendo per vent’anni il ritorno dell’amato. Recalcati scrive: «Come Penelope trasmette il Nome del Padre? Ella trasmette a Telemaco che l'assenza di suo padre non è un capriccio, non è il frutto di un rifiuto della sua funzione paterna, non è il risultato di un egoismo cinico. Con la sua attesa di Ulisse, Penelope trasmette a Telemaco che l'assenza del padre è gravida di senso umano. La sua veglia tiene vivo il Nome del Padre. Significando l'assenza di Ulisse come l’“assenza di una presenza” ella trasmette a Telemaco tutto il senso della sua eredità di figlio». Penelope non definisce l’assenza come «abbandono irresponsabile», ma dice che Ulisse forse si è «perso nel mare». Non parla pertanto di disinteresse, di rifiuto della paternità, non evidenzia un distacco incosciente e immaturo da una responsabilità, non evoca l’abbandono per indifferenza né per mancanza di amore, non segnala un interesse narcisistico anteposto alla vita affettiva e relazionale. Certo, non sempre l’assenza è «gravida di senso umano» come nel mito, a volte l’assenza è semplice vuoto, incomprensibile lontananza. Poiché siamo consapevoli di essere frutto del nostro passato, allora deduciamo facilmente che se nel passato ci sono state delle ferite quelle ferite condizioneranno il nostro futuro. In parte è vero, ma non dobbiamo confondere la parte con il tutto. Il tutto è rappresentato dal passato e dall’educazione, ma soprattutto dall’immagine del futuro, dalla cultura, dalle persone significative che incontriamo, dal desiderio di realizzare ciò in cui crediamo, dall’eventuale immagine di coppia e di famiglia che vogliamo costruire. I genitori hanno certo molte responsabilità, ma non possiamo imputare loro tutte le nostre inadeguatezze, perché ad un certo punto siamo noi a compiere le scelte che ci determinano e anche la mancanza non è mai così potente come il desiderio di realizzare una vita buona. Molti vivono con grandi carenze: orfani a causa della guerra, della povertà, della malattia, del naufragio delle relazioni. Beethoven era sordo, ma ha creato la nona sinfonia e non ha scritto “Historia Calamitatum Mearum (Storia delle mie disgrazie)”; la sua privazione non aveva dunque «meno da offrire». Ci sono culture in cui per mancanza di esempi e per analfabetismo emotivo i padri non seguono le mogli o le compagne quando emigrano in cerca di lavoro, non sono sufficientemente maturi per comprendere che i figli riscrivono il senso della biografia individuale e le forniscono un’insospettata energia vitale. In questo momento dici di non sentire la mancanza, ma è possibile che questa assenza prima o poi si faccia sentire. Allora potrai decidere tu di incontrare o meno tuo padre e offrirgli l’occasione di farsi ri-conoscere, anche nella lontananza. Perché devi sapere una cosa sui genitori: anche loro sono incompleti e inadeguati, hanno le loro ferite, le loro paure e possono arenarsi nelle difficoltà. La settimana scorsa Eduardo De Falco (43 anni) un panettiere di Castelnuovo (NA) si è tolto la vita disperato per un debito. Aveva tre figli. Pensi che non amasse sopra ogni cosa i suoi figli? Ma un terrore insinuatosi nella mente gli ha sbriciolato la fiducia nella vita; non voleva certo danneggiare la propria famiglia, ma un incubo più grande gli ha oscurato il futuro. Ci sono certo padri immaturi, ma tutti sono padri inesperti e imperfetti, perché nessuno vive «prima» degli altri, ma solo «con» gli altri. Otto anni di lontananza sono ancora meno dei venti di Penelope: c’è sempre tempo per riavviare la relazione. L’unica cosa che si può sempre rinviare o modificare è il giudizio definitivo.
Un caro saluto,
Alberto

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