Cerca nel blog

Cor-rispondenze

lunedì 9 dicembre 2019

Una bella persona


Risultati immagini per perlasca

Caro professore,
Nella mia breve vita ho sempre ricevuto tanti giudizi ed ho sempre sentito giudicare. Una tipica frase detta è la seguente: «è davvero una bella persona», tuttavia non capisco come si possa giungere ad una tale conclusione. Quando una persona è una bella persona? È davvero necessario determinarlo? Domando anche come mai noi stessi ci facciamo sempre influenzare da questo giudizio, anche perché sinceramente non credo che esso possa cambiarci la vita. Quando una persona è bella?
Claudia, II Beta


Cara Claudia,
Effettivamente siamo abituati a dire di qualcuno: «è un bel ragazzo» o «è una bella ragazza», facendo riferimento alle caratteristiche fisiche più appariscenti, ai lineamenti armoniosi. Quando affermiamo pertanto che un tale è, in generale, una «bella persona», evidentemente intendiamo qualcosa di più rispetto alla bellezza esteriore così immediatamente riconoscibile. E soprattutto qualcosa di diverso. Anche perché un ragazzo o una ragazza (un uomo o una donna) possono essere estremamente affascinanti nei loro tratti superficiali, ma non è detto che possiedano ulteriori qualità. E anche se il grande Cicerone nel De Oratore (55 a. C.) scriveva che: «imago animi vultus, indices oculi», «specchio dell’animo è il volto e gli occhi ne sono gli interpreti», purtroppo la storia ci insegna che non sempre tra l’animo della persona e il suo volto la corrispondenza è così evidente. Sembra talvolta che la correlazione sia assente o che vi sia piuttosto una forte discrepanza tra i due elementi. Seneca, nelle Lettere a Lucilio (62-65 d. C.), rivolgendosi al suo caro amico gli raccontava questa storiella: «Cratete, […], vedendo un ragazzo che passeggiava in luogo appartato, gli domandò che cosa facesse lì da solo. Parlo con me stesso, rispose. E Cratete replicò: Mi raccomando, fa’ molta attenzione: stai parlando con un cattivo soggetto”». In questo caso la bellezza non è più riferita a ciò che appare alla vista, ma ad una struttura recondita dell’animo umano. Così, i cattivi soggetti sono equiparati a brutte persone per qualità che di solito definiamo interiori e sostanziali. Tra i libri – di cui ho memoria – che più hanno cercato di segnare la differenza tra persone belle e brutte, mi vengono in mente molte opere di storia, soprattutto biografie. E in particolare quelle di Adolf Eichmann e Giorgio Perlasca. La filosofa Hannah Arendt ha scritto sulla vita del primo un libro che si intitola La banalità del male (1963), lo storico Enrico Deaglio ha scritto sulla storia del secondo La banalità del bene (1991). Ho rivisto più volte, anche con i ragazzi a scuola, il processo ad Eichmann a Gerusalemme nel 1961 in una versione di sintesi delle registrazioni originali. Ho visto il generale delle SS invecchiato e con un incedere in declino; l’ho visto incanutito e debole muoversi a scatti; il volto sfiorito e debilitato suscitava anche tenerezza. Ma conoscendo l’impegno profuso nella caccia agli ebrei e avendo letto interviste rilasciate a giornalisti neonazisti, rese note dopo la sua morte, sono indotto a pensare che sia stata una brutta persona, perché per tutta la vita ha abbracciato idee malvagie ed è rimasto insensibile al dolore degli altri, empaticamente anestetizzato verso l’essere umano. Rimango incantato invece da Giorgio Perlasca, commerciante di carne, che durante la seconda guerra mondiale, a Budapest, invece di pensare a se stesso ha salvato migliaia di persone fingendosi un diplomatico spagnolo. Ogni giorno ha corso il rischio di essere scoperto e ucciso e ogni giorno ha rinnovato il suo impegno per salvare delle vite. E quando gli chiesero perché aveva agito in modo così altruistico, invece di salvare esclusivamente se stesso, egli ha semplicemente risposto: «lei cosa avrebbe fatto al mio posto?», sottintendendo che scegliere il bene – la vita di persone innocenti – era già una ragione ampiamente sufficiente. Naturalmente questi sono esempi emblematici, ma la bellezza della persona è data dalla corrispondenza tra principi sani e azione. Non basta la coerenza tra idee e comportamenti, perché le convinzioni possono anche essere immorali e la conformità ad esse non sarebbe certo opportuna. Ma ci sono uomini e donne che nonostante la fragilità della vita, le pressioni e le influenze a cui sono sottoposti, riescono a tenere salda la rotta nell’oceano in tempesta, quando non è affatto chiaro se vincerà il mare o la nave. Sono persone che fanno corrispondere a valori positivi e altruistici atti conseguenti. Anche quando la vita li colpisce aspramente riescono a far primeggiare ragioni e valori socialmente buoni. Allora una persona è bella se la sua azione è tesa al bene, perché il bene non si identifica necessariamente con ciò che è conveniente; una persona è bella quando i comportamenti che scaturiscono dal suo agire sono coerenti con il rispetto di sé e degli altri. È necessario utilizzare tale connotazione? Io penso di sì. E se dovessi dare a te – e a me – un consiglio per vivere bene, prenderei a prestito le parole di Seneca e ti direi: “Mi raccomando, fa’ molta attenzione: circondati di belle persone. Ma ancora di più: sii tu una bella persona”.
Un caro saluto,
Alberto

Nessun commento: