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Cor-rispondenze

lunedì 20 gennaio 2020

L'essenziale è invisibile


Il Piccolo principe incontra Francesco


Caro professore,
Da un po’ di tempo mi è sorto un dubbio. Parlando del libro Il piccolo principe di Saint-Exupéry mi ha colpito in particolar modo questa frase: «L’essenziale è invisibile agli occhi». Non riesco però a comprenderla in modo chiaro. «Essenziale» penso si riferisca a qualcosa di unico, ma non riesco a capire come l’essenziale si possa collegare all’invisibilità degli occhi. Spero che lei mi sappia dare una risposta completa. Un saluto,
Francesco, 2a


Caro Francesco,
Proviamo a considerare almeno tre dimensioni di ciò che è essenziale: relativamente alla conoscenza della realtà (ontologica), dell’uomo (psicologica) e di Dio (teologica). Probabilmente concorderai sul fatto che – anche ad uno sguardo attento – non tutto è visibile agli occhi. Ti sarà capitato in una sera d’estate, magari in montagna, di trascorrere un po’ di tempo a contemplare le stelle. Come tutti, sarai rimasto affascinato dalla bellezza del cielo notturno, e avrai avvertito il desiderio di condividere quell’esperienza con qualche amico o amica. Nel VII sec. a. C. Talete e una servetta di Tracia, una sera, se ne stavano lì, a guardare lo stesso cielo. La servetta ha visto quello che vede ogni uomo: incantevoli puntini luminosi nella volta celeste. Talete ha visto ciò che ad occhio nudo non si manifesta: dietro quelle luci pulsanti ha colto la regolarità matematica del cosmo. Per lui l’essenziale era ciò che non appariva direttamente agli occhi. Platone, che nel Teeteto ci ha raccontato questa storia, sostiene che i sensi in fondo forniscono informazioni approssimative, mentre l’intelletto è in grado di cogliere gli oggetti eterni e, per così dire, invisibili della matematica. Infatti, gli uomini scrutano con i sensi il mondo che si presenta loro, ma poi fanno anche cose strane: costruiscono aerei pesantissimi che volano nel cielo e atterrano senza frantumarsi in mille pezzi, e fabbricano navicelle spaziali che vanno sulla Luna e poi tornano incredibilmente indietro. Questo perché lavorano su una dimensione essenziale di tipo diverso. Potremmo dire che guardare e vedere sono due azioni diverse: si guarda con gli occhi e si vede con il pensiero. È la teoria che permette all’uomo di vedere più lontano. Platone, per dire, ha scritto moltissimo su questa tematica perché veniva matto per questa realtà. Per ora ricorda questo punto: “la teoria permette di vedere”. Ma il nostro caro Saint-Exupéry, con quella bella frase non era probabilmente interessato solo a questa dimensione. Si riferiva soprattutto ad una particolare prospettiva che consente di affinare lo sguardo sulla comprensione degli uomini. Una sorta di angolazione dello sguardo o meglio del pensiero che ha una storia lunghissima e che già nei Salmi è chiamata «sapienza del cuore» («Dio, insegnaci i giorni a contare, a cercar la sapienza del cuore», Salmo 90). Blaise Pascal ha declinato questa idea con l’espressione: «ésprit de finesse», spirito di finezza, ossia intelligenza del cuore. Questo concetto è poi stato ripensato dalla psicologia contemporanea e tradotto con la locuzione: «intelligenza emotiva» (Daniel Goleman). In un vecchio dizionario di proverbi italiani ho trovato questa massima: «Molti san tutto e di se stessi nulla». Molti conoscono le cose e ignorano se stessi. Ecco, credo che ciò che è essenziale abbia a che fare con un sapere di sé che non è esattamente visibile all’esterno. La vista non esaurisce la complessità di un oggetto o di una persona. Occorre che il pensiero e i sentimenti svelino ancora altri aspetti. Quando siamo tra persone sconosciute i nostri occhi non colgono le relazioni affettive tra i presenti. Eppure quell’affettività esiste, anche se non si manifesta immediatamente. Quando si entra in una nuova classe o in gruppo sportivo, le persone paiono un po’ tutte uguali. All’inizio ignoriamo ciò che le unisce, ma il legame è consistente, anche se misterioso. Ad un estraneo ciò che nutre e amalgama la relazione tra i tuoi nonni è oscuro e inaccessibile. Egli vede un uomo e una donna anziani, ma non conosce il profondo legame costruito negli anni. Solo ascoltando la loro storia ciò che era invisibile comincia gradualmente ad apparire. Spesso ciò che è essenziale non si mostra ai sensi e richiede una conoscenza più profonda a cui si ha accesso solo con il tempo. Per questo la volpe dice al Piccolo Principe: «È il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante». Il tempo, la cura, il desiderio, l’attenzione generano sentimenti che sono essenziali e nello stesso tempo invisibili all’esterno. Ti dirò di più: se ami i tuoi nonni, i tuoi genitori, un tuo compagno, la tua fidanzata riesci a capirli di più. Anche quando litighi con loro, ad un certo punto sei in grado di distinguere ciò che è giusto da ciò che è sbagliato, ciò che è imprescindibile da ciò che è superfluo. E questo è il secondo punto: anche “l’amore permette di vedere l’essenziale”. Manca il terzo. Quest’ultima dimensione mi viene in mente quando Aurelio Agostino nel Commento al Vangelo di Giovanni dice che «la Sapienza di Dio è invisibile agli occhi umani». Già, alla fine rimane anche il mistero dell’esistenza. E per qualcuno Dio rappresenta una dimensione invisibile, ma essenziale. Per chi crede, anche “la fede permette di vedere l’essenziale”.
Un caro saluto,
Alberto

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