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lunedì 26 ottobre 2020

I confini dell'anima, 1/2

 


Qualche anno fa, e per la precisione il 12 ottobre del 2008, il giornalista Armando Torno pubblicò sul “Corriere della Sera” un’intervista al grande studioso del mondo antico, Giovanni Reale, poco prima dell’uscita di una monumentale “Storia della filosofia”, edita presso Bompiani e scritta con l’amico e collaboratore di una vita, il filosofo della scienza Dario Antiseri. I due filosofi avevano ampliato in modo eccezionale la loro precedente “Storia della filosofia”, il testo che ancora oggi è adottato in molte scuole e su cui si sono formate generazioni di studenti. Ma la novità consisteva nel fatto che tale opera, arricchita di autori, immagini, letture e riflessioni critiche, veniva da quel momento presentata ad un vasto pubblico e non solo ad un gruppo di specialisti o di adolescenti curiosi e appassionati. Dall’inizio del 2009 questa voluminosa “Storia della filosofia” iniziava ad essere venduta in edicola. Pensate, un’opera monumentale di filosofia in 14 volumi disponibile a tutti. Per dare l’idea della ricchezza del materiale, dirò che ogni volume consta di circa 700 pagine. Alla domanda del giornalista: «che cosa guadagna un giovane leggendola»?, la replica di Reale fu perentoria: «Capirà quella massima di Eraclito: i confini dell’anima non li potrai mai trovare, per quanto tu percorra le sue vie, così profondo è il suo logos». Quella di Eraclito è forse una delle intuizioni più belle della storia della filosofia. Nei corso dei secoli è stata variamente interpretata: sia in termini culturali – come ha inteso Giovanni Reale –, sia in termini psicologici – come intenderà ad esempio lo psicoanalista e filosofo statunitense James Hillman. Per abbozzare il primo di questi due sentieri (quello culturale), dobbiamo chiederci che cosa intendeva Eraclito con le parole “anima” e “logos”, e in che senso debba essere recepito l’aggettivo “profondo”. L’anima (Psychè), per i Greci, è «l’elemento pensante» dell’uomo, quella che noi chiamiamo mente, coscienza o ragione. L’anima è legata al “logos”, ossia alla parola e al discorso. Il pensiero ha bisogno della parola, ma non si lascia esaurire dalle parole. Pare dunque che l’anima sia molto diversa dagli oggetti della fisica, perché non c’è parola o discorso che possano esaurire le infinite interpretazioni che essa può mettere in atto. Così, l’intento dei due filosofi contenuto in quelle migliaia di pagine era quello di mostrare i grandi percorsi che la ragione degli uomini (l’anima) ha inaugurato nel tentativo di comprendere il mondo e l’uomo. Nella pagine del pensiero filosofico c’è dunque la vertigine del pensiero dell’umanità intera che tenta di esplorare la realtà. E allora, come dobbiamo intendere il termine “profondo”? Non con l’accezione di “oscuro” “arcano” o “intimo”, quanto piuttosto come “senza limite”. “Profonda” è pertanto l’attività incessante del pensiero che amplia continuamente la propria acquisizione del mondo. Il grande grecista tedesco Bruno Snell, nel libro «La cultura greca e le origini del pensiero europeo», ricorda che: «Alla lingua di Omero è ancora estraneo quest’uso della parola “profondo”, che è qualcosa di più di una metafora consueta, e per mezzo della quale la lingua cerca di uscire dai suoi confini, per entrare in un campo a lei inaccessibile; ed estraneo le è quindi il concetto propriamente “spirituale” di un sapere profondo, di un profondo pensiero, e così via». Allora, l’aggettivo “profondo” per i Greci significa innanzitutto che si estende all’infinto. I filosofi non si scandalizzano dei molteplici rivoli del pensiero umano, delle sue peripezie e dei suoi fallimenti. La filosofia esplora il possibile, e nel tentativo di produrre conoscenza avanza in terreni molto differenti. Grazie agli sforzi di molte persone, mostra sempre qualcosa di nuovo. Qual è, in fondo, il suo compito? Creare concetti che aiutino a spiegare ciò che esiste e ciò che accade. Un lavoro infinito, perché il tentativo di razionalizzare la realtà non si esaurisce mai: gli uomini cambiano, il mondo cambia: i rapporti con il mondo vengono costantemente rinnovati. Il lavoro del pensiero è pertanto sterminato: dall’elaborazione di teorie, alla produzione di visioni del mondo, all’invenzione di nuovi problemi. È il viaggio della ragione umana che non ha mai sosta né fine. Ogni epoca storica abbozza la propria comprensione del presente, del passato e vagheggia il futuro a partire da ciò che la tecnica e le aspettative degli uomini consentono di immaginare. Sottopone a revisione critica le interpretazioni e i valori precedenti e trova il proprio modo di considerare la storia e la vita. Molteplici strade possono essere percorse, create e riprese. Si devono pensare nuove partenze, nuove traiettorie, che non sono mai passaggi obbligati, ma semplici sentieri. Se la tracotanza (hybris) per i Greci è un oltrepassare i confini, ignorare deliberatamente i limiti per cercare di diventare un dio, nel percorrere i sentieri dell’anima – che per sua natura non ha confini –, non si commette mai hybris, il movimento infinito è allora per sua natura umano. È l’infinito nel finito. Non c’è competizione con gli dei, con una natura altra dall’uomo, ma c’è l’esplorazione legittima della natura umana che racchiude qualcosa di infinito. Un infinito esplorabile dall’uomo. 

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