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Cor-rispondenze

lunedì 3 maggio 2021

La trama nascosta 2/2




L’idea che la trama della realtà sia accessibile alla mente dell’uomo è stata condivisa dagli alchimisti di ogni tempo: con le loro bizzarre e sofisticate pratiche quotidiane essi hanno infatti pensato di cogliere la rete invisibile che unisce i fenomeni. Hanno considerato tuttavia che solo alcune persone particolarmente istruite nelle discipline più disparate potessero avere accesso a tale dimensione profonda e “occulta”. La scienza occidentale è nata invece rifiutando il rapporto privato e personale tra alcuni iniziati e la natura. Essa ritiene che l’universo e le sue leggi si offrano in modo invariante a tutti coloro che ne conoscono il linguaggio. Il suo obiettivo è pertanto quello di individuare i codici oggettivi in cui la natura si esprime. Nel periodo in cui è nata la scienza moderna, lo sforzo di unire fisica e metafisica – nel tentativo di spiegare proprio tutto – è stato davvero notevole. Alcuni filosofi hanno sentito la necessità non solo di dare conto dei fenomeni naturali, ma di esplicitare la trama sotterranea che annoda ogni singolo aspetto: pensiero, natura e Dio. Baruch Spinoza ha tentato di mostrare una sorta di codice unitario, scrivendo un libro meraviglioso intitolato “Etica” (1677) in cui ha provato a tenere insieme l’intreccio tra Dio e il mondo attraverso un modello geometrico, dove il disegno razionale della realtà, che funge da ordito, gradualmente si manifesta e si lascia comprendere. Grazie a questa gigantesca impresa geometrizzante egli ha affermato pertanto che «l’ordine e la connessione delle idee è lo stesso che l’ordine e la connessione delle cose» («ordo et connexio idearum idem est ac ordo et connexio rerum»). C’è un ordine perenne di ciò che esiste e i legami tra i vari elementi sono necessari. La parola “necessario”, in logica, non significa qualcosa di cui si ha bisogno, qualcosa di fondamentale o indispensabile; significa semplicemente un elemento inevitabile, ossia conseguente da un punto di vista razionale. Qualche secolo dopo anche il filosofo tedesco Friedrich Hegel nei «Lineamenti di filosofia del diritto» (1820) ha un’idea pressoché analoga a quella di Spinoza quando afferma che «Ciò che è razionale è reale; e ciò che è reale è razionale». Dal suo punto di vista l’infinito si concretizza nella realtà e nella coscienza. L’infinito diventa finito e diventa consapevole di sé nell'uomo, manifestando la logica del cosmo. Oltre ad una realtà che si può rispecchiare nel pensiero o ad un pensiero che è trama della realtà, nel corso del tempo sono emerse altre trame. C’è una struttura chimica della materia, compendiata nella tavola di Mendeleev, secondo cui dalla combinazione di un certo numero di elementi si possono pertanto generare tutti gli oggetti esistenti. E c’è la trama del genoma degli esseri viventi e dell’uomo stesso. Dall’esterno ammiriamo corpi di diversa fattezza, ma sappiamo che ogni elemento è retto da una logica sottostante, quella del Dna, che gli fa da supporto. Ci sono poi le strutture della psiche individuale e collettiva esplorate dalla psicologia e dalla psicoanalisi che si sforzano di portare alla luce la dimensione “profonda” dell’attività mentale. Ma le trame impercettibili si moltiplicano: quelle nascoste in una classe, in un gruppo di amici, in una famiglia, sul luogo di lavoro, in una relazione d’amore. Siamo costantemente sorretti da trame che non vediamo. Nasciamo in un preciso contesto storico, con consuetudini etiche che respiriamo dalla nascita in famiglia e nella comunità di appartenenza e che ci consentono di orientarci e di relazionarci con il prossimo. Ma nasciamo anche in uno Stato che concede diritti e garantisce libertà a partire da una costituzione. Senza saperlo ci muoviamo in un intreccio di diritti predisposto attentamente da coloro che ci hanno preceduto: la famiglia, la comunità, lo Stato. Prendiamo atto di quell’articolato ordito di norme e convenzioni solo in un secondo tempo, quando siamo in grado di accostare e comparare sistemi di riferimento normativi ed etici differenti. Il filosofo italiano Salvatore Natoli ne “Il rischio di fidarsi” ricorda che anche la fiducia primaria nel mondo e negli uomini nasce in un contesto di trame che anticipano la nostra nascita. Scrive Natoli: «da dove viene la fiducia? Perché ci consegniamo in mani d'altri? Perché qualcuno – chiunque egli fosse – al nostro entrare nel mondo ci ha preso per mano, avviandoci in esso. Ci ha originariamente rassicurato, ci ha preso in custodia – senza contraccambio – e da lui abbiamo appreso che ci si può fidare. […] Vi è stato «un» qualcuno che ha avuto cura di noi senza che lo chiedessimo […]. Nei fatti, qualcuno è da assumere in senso lato: sono i legami parentali, le regole comportamentali, le tradizioni familiari, il senso di appartenenza, i sistemi di credenza. Tutto ciò ci dà «certezza del mondo» e insieme la certezza che in esso si può sempre trovare qualcosa o qualcuno su cui fare assegnamento». Anche la nostra fiducia scaturisce dal radicamento in una certezza originaria che ci consente di entrare nel mondo e di aprirci ad esso. Tanti fili sottili ma consistenti, dunque, rendono possibile la vita del cosmo, della natura e delle varie dimensioni dell’attività umana. Ci muoviamo su di essi come pattinatori che tracciano il loro percorso sorretti da una pista di ghiaccio. Il ghiaccio è l’arcano “Logos” di Eraclito, l’origine delle trame.

Un caro saluto,

Alberto

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