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Cor-rispondenze

lunedì 12 luglio 2021

Carpe diem

 



Tutti ricordiamo il film “L’attimo fuggente” e il momento in cui l’attore Robin Williams (il prof. Keating) chiede ad uno studente di leggere i primi versi di una poesia. I ragazzi sono tutti in piedi intorno al docente e il giovane Pitts legge: «Cogli la rosa quando è il momento, / che il tempo, lo sai, vola / e lo stesso fiore che sboccia oggi, / domani appassirà». Si tratta di una poesia secentesca di Robert Herrick che parla della fugacità della vita e della necessità di vivere con consapevolezza ciò che accade. Il professor Keating rammenta che in latino lo stesso concetto è espresso da Orazio nella locuzione «Carpe diem», «Cogli l’attimo». La frase completa è «carpe diem, quam minimum credula postero», «Cogli la giornata d’oggi e confida il meno possibile in quella di domani». È tratta dal primo libro de “Le odi”, del poeta romano Orazio, nato a Venosa, in Basilicata, nel I sec. a.C. L’autore si rivolge a Leuconoe, una fanciulla di cui non abbiamo altre informazioni, e le dice: «Non domandare, o Leuconoe (ché saperlo non è lecito), qual termine gli dèi abbiano assegnato a me, quale a te; e non consultare le cabale babilonesi. Quanto è meglio prendere in pace tutto quello che ha da venire! Sia che Giove ci abbia concessi molti inverni, sia che l’ultimo sia questo, che ora fiacca sugli opposti scogli il mare Tirreno, tu sii saggia. Filtra il vino da bere e restringi in un àmbito breve le lunghe speranze. Mentre noi parliamo, sarà già sparita l’ora, invidiosa del nostro godere. Cògli la giornata d’oggi e confida il meno possibile in quella di domani». Pierre Hadot, uno dei grandi studiosi della filosofia antica, nel libro “Ricordati di vivere” riferisce che l’espressione «carpe diem» non deve essere intesa come un invito a godere in modo smodato i piaceri della vita, ma come esortazione a vivere bene il presente senza estraniarsi da esso, rimuginando i tempi andati o fantasticando quelli a venire. I latinisti fanno notare che il verbo «carpere» è un verbo che si usa in modo specifico per raccogliere la frutta o i fiori: «carpite de plenis pendentis vitibus uvas», «cogliete le uve che pendono da viti cariche»; o «aut violas aut candida lilia carpit», «coglie viole e candidi gigli». Come a dire: accogli quello che ogni giorno ti offre, concentrati su di esso e fanne buon uso. Afferra ciò che di positivo la vita ti concede, perché la felicità è a portata di mano: consiste nel vivere consapevolmente il tempo. Gli uomini, tuttavia, non sanno vivere pienamente ciò che si presenta loro, perché sono spesso distratti. Gli epicurei affermano che «gli stolti non ricordano i beni passati, non sanno godere dei presenti; aspettano solo i futuri; e poiché questi non possono essere sicuri, son logorati sempre da angoscia e timore». Troppo spesso la vita esclusivamente protesa verso il futuro è priva di gratitudine e piena di angosce. Come disporsi allora nei confronti del tempo? Epicuro diceva che si può essere felici se si limitano i propri desideri e l’invito di Orazio sembra anch’esso volto ad eliminare le ambizioni superflue e a concentrarsi su ciò che siamo chiamati a sperimentare. È importante saper dunque godere del piacere presente senza polarizzare l’attenzione sugli eventi vissuti, né disperdere le proprie energie idealizzando il futuro, nella misura in cui tale riflessione provoca eccessive preoccupazioni o vaghe speranze. La qualità del godimento, in fondo, non dipende dalla quantità dei piaceri che vengono soddisfatti né dalla loro durata. Il piacere non ha bisogno di essere prolungato all’infinito per essere perfetto, perché l’anima beata è concentrata su ciò che vive e non guarda oltre. Invece di accogliere l’invito a vivere bene il tempo, nel mondo contemporaneo gli uomini rischiano di ridurre la vita al consumo immediato di ogni cosa. Il motto non è più «vivi bene il presente», ma «riduci tutto al presente», come se non ci fosse un domani. Per paura di non vivere abbastanza e di perdere delle occasioni, gli uomini hanno scatenato i desideri – che sono diventati peraltro omogenei –, ma in questo eccesso di «coglimento dell’attimo» molti ricordano che si sta preparando la distruzione del pianeta. La giovane attivista Greta Thunberg che si batte per uno sviluppo sostenibile, nel libro “La nostra casa è in fiamme” scrive: «C’è stato un periodo in cui coglievamo l’attimo con il retino e la canna da pesca, adesso saccheggiamo i fondali degli oceani alla costante ricerca di autorealizzazione, sviluppo personale ed esperienze. Non ci sono confini. Tutto è possibile». E ancora: «Carpe diem» diceva il povero Robin [William], e noi andavamo in giro per il mondo a fare proprio questo. Ma non coglievamo soltanto l’attimo. Coglievamo intere settimane, mesi e anni. Il tutto a caccia di drink al tramonto, una nuova cucina di design danese o un paio di scarpe che non si potevano comprare da nessuna parte tra le montagne del Nord». L’interpretazione letterale del frammento di Orazio in cui il poeta invita a contrarre «in un àmbito breve le lunghe speranze» rischia, di fatto, di annientare il futuro. Ci riporta all’invito originario di Orazio la poetessa Wisława Szymborska che nella poesia «Sulla morte senza esagerare» afferma:  «Non c’è vita / Che almeno per un attimo / Non sia stata immortale / La morte / è sempre in ritardo di quell’attimo […] A nessuno può sottrarre / il tempo raggiunto».

 Un caro saluto,

Alberto

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