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Cor-rispondenze

lunedì 30 novembre 2009

La meccanica quantistica: la più grande rivoluzione di tutti i tempi


"Chi non è attraversato da un senso di vertigine, non può dire di aver capito appieno la meccanica quantistica" (Seth Lloyd "Il programma dell'universo"). E' questo il nome della teoria su cui si fonda la fisica moderna. L'esigenza di tale teoria si è fatta strada nel momento in cui la comunità scientifica, dopo essere ormai pervenuta ai tre consolidati sistemi di leggi ( leggi del moto, leggi dell'elettromagnetismo, leggi della gravità), cercò di spiegare la costituzione microscopica della materia. La teoria dell' elettrone sviluppò l'ipotesi che l'atomo si costituisse di un nucleo pesante, attorno al quale ruotassero vorticosamente gli elettroni.
Quando, tuttavia, si cercò di spiegare il moto degli elettroni attraverso le leggi della meccanica classica teorizzata da Newton, il tentativo si rivelò un netto fallimento: i fenomeni atomici, sottraendosi alle leggi classiche del moto, risultano particolarmente strani. Dunque il senso di vertigine della quantizzazione deriva dal fatto che si tratta di una teoria che va contro le concezioni del senso comune, che sconvolge le più naturali aspettative: in una parola, una teoria "ASSURDA".
Ciononostante, per quanto assurda possa risultare anche alle menti più salde, la meccanica quantistica ben si appresta a spiegare fenomeni quali l'interazioni fra gli atomi (tant'è che per questo elemento è possibile considerare la chimica un aspetto della fisica), l'interazione della luce con la materia ( elettrodinamica quantistica o QED), e tanti altri. Inoltre, la meccanica quantistica è la teoria più precisa conosciuta dall'uomo, in quanto non presenta alcuna significativa discrepanza tra la teoria e gli esperimenti.
Altro aspetto particolare della teoria che segna una vera e propria rottura con la concezione classica è il seguente: se per la fisica classica il suono e la luce hanno comportamneto ondulatorio, per la fisica quantistica essi sono descritti in termini di particelle: ecco che il suono è un insieme di "fononi", la luce un fascio di "fotoni". Tuttavia, se , ad esempio, un fascio di fotoni (ma la stessa cosa vale per un fascio di elettroni, per esempio) viene convogliato verso una lastra a doppia fenditura ( esperimento di Young) continua a mostrare una figura di interferenza, in virtù della natura onda-corpuscolare della luce.
Ma la cosa più sorprendente è che tale dualità (onda-corpuscolo) si applica a tutti i corpi: a qualunque oggetto è associabile un comprtamento ondulatorio. A tal riguardo, l'aspetto che mi sconvolge profondamentesta nel fatto di come l'esperimento della doppia fenditura mostri, in realtà, come una particella non deve necessariemente trovarsi "qui" o "lì" ( nonchè scegliere per quale fenditura passare): grazie alla sua natura ondulatoria, la particella può stare "qui o lì" contemporaneamente (ossia passa contemporaneamente per entrambe le fenditure). "L'ubiquità" della materia è una proprietà ampiamente sfruttata nella computazione quantistica.
Infine, in un altro esperimento, quello della riflessione parziale della luce, su un fascio di 100 fotoni convogliato su una superficie di vetro, solo il 4% di essi viene riflesso: risulta evidente che, in un contesto del genere, la fisica si limita a calcolare la probabilità di un certo evento, in quanto è impossibile, in questo caso specifico, prevedere che cosa faccia il singolo fotone ( cioè se viene riflesso o rifratto).
A questo punto, come è possibile che la fisica, scienza da sempre ritenuta esatta nelle sue previsioni, passi da una concezione deterministica ad una concezione indeterministica, nella quale ogni forma di certezza è soppiantata da realtà probabilistiche?
E per quale motivo, invece, l'ubiquità della materia si manifesta a livello microscopico e non a quello macroscopico?
Paolo


“Quindi la situazione di fronte alla quale ci troviamo è la seguente: un elettrone che attraversa questo apparato, fin dove riusciamo a sondare il problema, non segue il percorso d, non segue il percorso t, non segue entrambi i percorsi e non è vero che non ne segue nessuno dei due. Il guaio è che queste quattro alternative esauriscono tutte le possibilità logiche che riusciamo sia pur vagamente a concepire!”
David Z. Albert, Meccanica quantistica e senso comune [1992], Milano, Adelphi 2002.

Caro Paolo,
Abbiamo intitolato questo post: “la meccanica quantistica, la più grande rivoluzione di tutti i tempi”. Il momento della scoperta scientifica, ma soprattutto della sua divulgazione, d’altra parte, è sempre stato un evento straordinario, sensazionale, accompagnato da meraviglia e stupore. Qualche esempio: il 13 marzo 1610 Galileo pubblicò il Sidereus nuncius con una “tiratura” di 550 copie. In meno di una settimana il libro fu introvabile. L’ambasciatore inglese a Venezia, Sir Henry Wotton, il giorno stesso, ne mandò una copia al re Giacomo I e la accompagnò con una lettera in cui scrisse: “la notizia più strana mai ricevuta da nessuna parte della Terra”. Si racconta che Keplero “arrossì per lo stupore e, incapace di trattenere la sua gioia, cominciò a ridere senza ascoltare fino in fondo l’amico che già sulla strada lo informava delle incredibili novità astronomiche”. (Introduzione di Andrea Battistini al Sidereus nuncius, Marsilio, 1993). La fama di Galileo si diffuse rapidamente. Infatti, due anni dopo, l’annuncio delle scoperte celesti arrivò a Mosca e in India e nel 1613 ne venne fatta una sintesi in cinese (Galileo=Chia-Li-Lueh); nel 1631 il cannocchiale venne segnalato in Corea, nel 1638 in Giappone. Mi piace ricordare che Benedetto Castelli, uno degli interlocutori di Galileo nelle lettere copernicane, quando ormai il suo maestro era ormai quasi cieco, utilizzò delle bellissime parole per descrivere gli “occhi” dell’uomo (Galileo) che avevano visto ciò che nessuno prima di lui era riuscito a scorgere. Egli scrisse che l’occhio del suo maestro fu: “occhio tanto privilegiato, e di tanto alte prerogative dotato, che si può dire, e con verità, ch’egli abbia visto più egli solo che tutti gli occhi insieme degli uomini passati, ed abbia aperti quelli de’ futuri, essendo toccato in gran parte a lui solo fare tutti gli scoprimenti celesti ammirandi a’ secoli futuri” (cit. dall’introduzione).
Nel 1686 Newton presentò i suoi Principia alla Royal Society di Londra. Il grande scienziato Ilya Prigogine (Mosca 1917), premio Nobel per la chimica nel 1977, insieme a Isabelle Stengers, nel libro La nuova alleanza. Metamorfosi della scienza (Einaudi [1981] 1999) scrive che: “Si esagera appena nel dire che il 28 aprile 1686 fu una delle piú grandi date nella storia dell'umanità”. Fu infatti il momento in cui vennero presentate le leggi fondamentali del moto e vennero spiegati concetti che usiamo ancora noi oggi, la massa, l’accelerazione, l’inerzia. Il terzo libro dei Principia di Newton parlava della gravitazione universale. Ilya Progogine dice che “I contemporanei di Newton afferrarono immediatamente l'eminente importanza di questo lavoro. La gravitazione divenne un argomento di conversazione a Londra e a Parigi.”
Per non parlare dello sconcerto che provocò nel secolo scorso al grande pubblico (e delle “perplessità” di alcuni suoi colleghi) la teoria della relatività di Einstein. Ma lo stupore non finisce qui. Altre “notizie più strane mai ricevute da nessuna parte della Terra”, si susseguirono rapidamente. La scienza, che si è sviluppata enormemente e in maniera molto inaspettata negli ultimi secoli, ci ha abituati a rivelazioni straordinarie che superano costantemente la fantasia, e continua quotidianamente a disorientarci nel mostrare la complessità dell’universo e ad aumentare la nostra meraviglia sia per il cosmo sia per la ricerca dell’uomo che sembra inesauribile. Prigogine, d’altra parte, ci ricorda che: “Il nostro orizzonte scientifico si è allargato fino a dimensioni veramente fantastiche. Su scala microscopica la fisica delle particelle elementari studia processi in cui sono in gioco dimensioni fisiche dell'ordine di 10ˉ15 cm e tempi dell'ordine di 10ˉ22 secondi. All'altro estremo, la cosmologia ci mette di fronte a tempi dell'ordine di 10 elevato a 10 anni, la cosiddetta «età dell'Universo». La scienza e la tecnologia sono piú vicine che mai. Le nuove biotecnologie, i progressi nella tecnica dell'informazione, promettono un cambiamento radicale nella vita delle nostre società.”
Sappiamo oggi ad es. che nel campo dell’infinitamente piccolo le leggi della meccanica quantistica hanno preso il posto di quelle della meccanica classica, mentre su scala dell'Universo, la fisica relativista ha sostituito la fisica newtoniana, anche se la fisica di Newton rimane il punto di riferimento per eccellenza, ed è sempre valida sulla nostra scala.
La natura non finisce dunque di stupirci e la scienza è “l’esaltante avventura” che ci permette di avvicinarci alla comprensione di questo mondo e di penetrarne i suoi “segreti”.

un caro saluto,
alberto

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