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lunedì 22 novembre 2021

sapere è potere 2/2



L’uomo è dunque invitato a dominare la natura e l’idea di «accelerare e anticipare la scoperta al più presto, subito e simultaneamente» ha accompagnato non solo Bacone, ma si è imposta anche nelle epoche successive. Al tempo del filosofo londinese la capacità tecnica di manipolare il mondo in modo profondo e irreversibile era ancora al suo debutto, mentre oggi tale facoltà è in una fase avanzata; sullo sfondo non si intravvede un mondo inteso come «paradiso della tecnica», ma una grande preoccupazione per le conseguenze di processi difficili da controllare. L’immagine di dominio dell’uomo sulla natura, simboleggiata dal dono del fuoco di Prometeo all’uomo, metafora di una tecnica in grado di consentirgli di signoreggiare sull’ambiente, si alimenta con Bacone ed emerge significativamente nel “Faust” di Goethe, in un dialogo in cui si gettano le basi per la creazione di un essere umano in laboratorio. Il dialogo tra Wagner e Mefistofele è bellissimo: «Wagner: Ma parlate sottovoce e trattenete il respiro; …una cosa grande sta per venire a termine. Mefistofele: Che accade mai? Wagner: Si sta fabbricando un uomo. Mefistofele: Un uomo? e che ci avete dunque nascosto nella cappa del camino: una coppia di amanti? Wagner: Dio ne scampi! la vecchia moda di generare noi la dichiariamo roba ridicola. … Le bestie continuano a trovarci gusto, … ma l'uomo, … così generosamente dotato, … deve avere in avvenire una più pura e più nobile origine. Wagner: Ciò che si voleva proclamare in natura un mistero, noi osiamo sperimentarlo razionalmente … Ogni vasto disegno in principio è giudicato follia… … ma in avvenire noi rideremo del caso, e un cervello destinato a pensare, in avvenire fabbricherà un pensatore … Di più che possiamo noi volere, che può volere la gente? … Ormai il segreto è scoperto». L’idea di dominare la natura con la tecnica ha portato all’immaginazione – anche se all’inizio dell’Ottocento era solo letteraria ma già fortemente inquietante – dell’ “homunculus”, un omuncolo, un piccolo uomo prodotto in un laboratorio. Uno dei filosofi che si è più impegnato nell’analisi delle conseguenze di questa accelerazione illimitata del progresso è stato un filosofo tedesco del Novecento: Hans Jonas. Nell’opera principale, “Il principio responsabilità. Un'etica per la civiltà tecnologica”, egli riflette sui pericoli che stiamo vivendo e mostra le nuove emergenze del nostro tempo: l’ambiente, le generazioni future, le specie non umane. Parla di un futuro poco rassicurante e indaga la «minaccia di sventura» dell’ideale baconiano. Egli ritiene che il successo smisurato della tecnica sia in grado di mettere a rischio sia la natura sia la sopravvivenza di quasi tutte le specie, perché le promesse del dominio: «si sono capovolte in minaccia, la sua prospettiva di salvezza in apocalisse”. Se in passato gli uomini non erano in grado di modificare profondamente la natura, oggi, dice il filosofo: «l’uomo è diventato per la natura più pericoloso di quanto un tempo la natura lo fosse per lui». Si è dunque passati dall’impotenza ad una supremazia quasi totale: l’influenza umana è cresciuta gradualmente e in modo esponenziale tanto da sembrare inesauribile (potere di I grado). Pare però che oggi il potere sfugga sempre più al controllo dell’uomo (potere di II grado): la tecnica cresce infatti indipendentemente dalla volontà dei singoli. Scrive a questo proposito il filosofo Umberto Galimberti in “Psiche e techne”: «l'anima dell'uomo non riesce più ad immaginare e tanto meno a prevedere quello che le sue macchine possono fare, non riesce più a sentire ciò a cui lo porta il suo agire, non riesce ad aver coscienza della quantità di conoscenza oggettivata incorporata dalle sue macchine». Per cui secondo Jonas è necessaria un’autolimitazione del dominio e quindi «un potere sul potere» che deve essere operato dalla società (potere di III grado). Scrive Jonas: «Ora però il programma baconiano, lasciato a se stesso, ha rivelato al culmine del trionfo la sua insufficienza, anzi la sua intima contraddizione, perdendo cioè l’autocontrollo, il che comporta l’incapacità di proteggere non soltanto l’uomo da se stesso, ma anche la natura dall’uomo». E questo è il senso del lavoro tentato della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che si è appena conclusa a Glasgow, in Scozia (Cop26),  in merito alla riduzione delle emissioni di gas serra. I temi che preoccupano si sono moltiplicati: eventi meteorologici estremi, la perdita di biodiversità, il collasso dell’ecosistema, i grandi disastri naturali, i disastri ambientali creati dall’uomo; ma anche le manipolazioni che avvengono sulla specie umana e sulle altre specie. Se negli anni Ottanta la principale apprensione era legata agli scenari apocalittici di un’esplosione atomica, la paura contemporanea è principalmente legata all’ambiente. Dall’entusiasmo baconiano alla realismo contemporaneo: è necessario riprendere il controllo su un processo apparentemente inarrestabile. Il «potere sul potere» è possibile solo se si aumenta il sapere sulle conseguenze possibili delle nostre azioni: intenzionali e non intenzionali, e dal sapere si passa all’intervento. Anche qui «sapere è potere»: la conoscenza delle conseguenze dei nostri gesti quotidiani può aiutarci a prendere provvedimenti collettivi efficaci prima che sia troppo tardi.


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